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Gli sbarchi ad Ancona sono una vittoria per il Viminale. Msf: «Non finisce qui»

Gli sbarchi ad Ancona sono una vittoria per il Viminale. Msf: «Non finisce qui»Lo sbarco della Geo Barents ad Ancona – Mohamad Cheblak/MSF

Mediterraneo La nuova prassi per limitare i soccorsi sta funzionando. Le Ong costrette a navigare per 1.500 chilometri e restare fuori gioco per giorni

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 13 gennaio 2023

Stavolta l’ha spuntata il Viminale. Sia la Ocean Viking (Sos Mediterranée) che la Geo Barents (Medici senza frontiere) sono dovute arrivare ad Ancona per sbarcare i naufraghi soccorsi: 37 e 73. Entrambe avevano protestato quando sabato scorso il ministero dell’Interno aveva indicato una meta a 1.500 km di distanza. Msf ha insistito per ottenere un porto più vicino, ma dagli uffici di Matteo Piantedosi la risposta è rimasta la stessa: No. «Non finisce qui. Ricorreremo per vie legali contro le assegnazioni di porti lontani. Non sono in linea con le convenzioni. Il governo deve rispettare gli impegni internazionali», afferma Juan Matías Gil, capomissione di Msf.

La Geo Barents ci ha messo quattro giorni e mezzo per raggiungere le Marche. Uno in più del previsto a causa delle pessime condizioni meteomarine. Onde alte fino a quattro metri, infatti, hanno costretto la nave a ridurre la velocità da nove nodi a due e mezzo (meno di cinque chilometri l’ora).

«Le persone erano sul ponte più basso e accogliente ma si è riempito d’acqua. Le abbiamo trasferite su quello in alto, che non si bagna ma oscilla molto di più. Tante hanno vomitato e sono state male durante la rotta. Anche diversi membri dell’equipaggio hanno sofferto il mal di mare in quelle condizioni», racconta da bordo Fulvia Conte, coordinatrice dei soccorsi. Una sofferenza inutile e costosa: circa 70mila euro il prezzo del carburante necessario alla traversata, 10mila i litri di combustibile bruciati senza ragione. Perché di porti sicuri più vicini ce n’erano tanti e non solo in Sicilia o Calabria.

Piantedosi continua a ripetere che gli approdi al nord servono a distribuire su tutto il territorio nazionale il peso degli sbarchi, ma è soltanto uno specchietto per le allodole. Al 12 gennaio sono arrivate via mare 3.746 persone (10 volte quanto nello stesso periodo dello scorso anno). I naufraghi soccorsi dalle Ong sono 195: appena il 5% del totale. Molti di loro, dopo aver toccato terra, sono stati comunque trasferiti in altre regioni con i pullman.

Un ulteriore dettaglio dimostra che quelle del Viminale sono solo scuse. Domenica scorsa le autorità italiane hanno rifiutato il trasbordo dei naufraghi dalla Geo Barents alla Ocean Viking chiesto da Msf. Anche in quel modo sarebbero arrivati tutti ad Ancona, ma la nave fuori gioco per giorni sarebbe stata solo una. E il problema ovviamente non sono i trasbordi, che restano una pratica comune nelle attività di ricerca e soccorso in mare. Tanto che il 2 gennaio scorso il centro italiano di coordinamento del soccorso marittimo (Imrcc) ha chiesto proprio alla Geo Barents di trasbordare 44 persone dal mercantile che le aveva salvate nelle acque internazionali davanti alla Libia.

In ogni caso lo sbarco ad Ancona di entrambe le navi conferma che la nuova prassi del Viminale, porti subito e lontanissimi, sta funzionando: l’area dei soccorsi è praticamente svuotata dalle Ong, il numero di persone salvate è crollato. E questo indipendentemente dal nuovo decreto, finora praticamente inutilizzato. I punti sulla richiesta d’asilo a bordo e la raccolta di informazioni sui soccorsi, ad esempio, sono rimasti sulla carta dopo tante inutili polemiche.

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