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Gli iscritti di Civitavecchia: «Non siamo solo tessere». La risposta di Vendola

Gli iscritti di Civitavecchia: «Non siamo solo tessere». La risposta di VendolaNichi Vendola al congresso di Sel di Riccione – Aleandro Biagianti

La lettera Le difficoltà nelle assise provinciali del congresso fondativo di Sinistra italiana

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 5 febbraio 2017

Compagno Nichi, è un momento storico per il nostro paese, per i nostri ideali di sinistra, per le nostre compagne e compagni e per i nostri lavoratori. Sì, quei portuali che rappresento, quella classe operaia che sta ritrovando i veri principi di sinistra a cui apparteniamo e per i quali insieme io e te, ci siamo battuti spalla a spalla.

Abbiamo attraversato momenti duri e anche raggiunto obiettivi impensati. Sconfitte e delusioni non hanno mai intaccato la forza che viene dal nostro cuore. E ad ogni sconfitta ci siamo rialzati più forti e determinati di prima. Ma questa volta no Nichi, la delusione non può venire dal nostro interno.

Oggi, più che mai, dobbiamo prendere le distanze dalla vecchia politica fatta di dinamiche, di establishment e diktat renziani, quella politica che combattiamo ogni giorno dentro e fuori dal nostro mondo. Tradire la nostra storia oggi significa spegnere i sogni di quei giovani e non, che hanno risvegliato la volontà di credere e partecipare ad una sinistra democratica e riformista, capace di intervenire veramente sulla difficile realtà sociale, terreno di confronto utile a dare risposte concrete. Non possiamo permetterci di costruire partiti escludenti e autoreferenziali e mai vorremmo seguire dinamiche di poltrone già assegnate.

Caro Nichi, i miei compagni ed io non parteciperemo ai lavori del congresso.

Noi siamo gli stessi di sempre, quelli che ti hanno sostenuto con forza e determinazione in tutti questi anni, sempre pronti a difendere le battaglie che tu ci hai indicato. Compagni e persone in carne ed ossa: è vergognoso che qualcuno possa pensare che oggi siamo diventati solo tessere. L’invito e l’appello accorato che ti rivolgo, caro Nichi, è quello di prendere tempo, fermando i lavori del congresso per riformularne l’organizzazione e favorire così la partecipazione democratica e fondamentale dei territori, sale della nostra politica.

Sono convinto che solo un tuo intervento, che richiami i principi di democrazia che ti e ci appartengono, può dare la certezza e la speranza che una sinistra sana, riformista, aggregante e lungimirante esista ancora.

Ti chiediamo di non deluderci, sarebbe una ferita insanabile con la nostra comunità.

Con stima e amicizia

Enrico Luciani e Compagni del circolo di Civitavecchia

La risposta di Nichi Vendola

Caro Luciano, ti ringrazio di questa tua lettera che apre un dialogo e riafferma la nostra comunanza di affetti, ideali e battaglie.

Ciò di cui abbiamo più bisogno in questo tempo terribile e mutevole è la capacità di saper riconoscere nel volto dell’altro quelle ragioni e quelle passioni che al fondo sono la vera propulsione di una sinistra moderna, utile, liberata dall’ossessione di ripetere sempre gli stessi errori, di usare sempre gli stessi metodi, parlare sempre lo stesso stanco linguaggio. Insieme, io, voi e tanti altri aprimmo una stagione nuova.

E oggi, di nuovo, il nostro compito è cercare un terreno inesplorato e provare a calpestarlo.

Non ci salveranno gli schemi che abbiamo già conosciuto e praticato, non ci aiuteranno le formule, i modelli, le geometrie che si rincorrono nei retroscena.

Ecco perché penso che il congresso fondativo di Sinistra Italiana debba fondarsi sulla capacità di riflettere e immaginare insieme. Non può essere la liturgia di poltrone già assegnate, come giustamente chiedi, ma neanche la guerra dei delegati e l’aritmetica di piccoli poteri.

Un congresso fondativo è il luogo dove conquistare parola comune: per farlo bisogna vedersi, conoscersi, ascoltarsi parlare e darsi la mano. Nessuno pensa che voi siate solo tessere, non lo permetterei. Ma evitate di comportarvi come se lo foste: la scelta di non partecipare ai lavori congressuali finisce infatti per produrre questo perverso effetto.

La commissione congressuale, di cui non sono membro, ha reputato giusto intervenire il meno possibile in un territorio difficile -per i conflitti che hanno attraversato il nostro campo nell’ultimo anno, tali da impedire persino il costituirsi di un comitato promotore regionale- come quello del Lazio e di Roma. E per questo, in assenza di unanimità su come dislocare i congressi, ha deciso di applicare la norma di base di un regolamento votato all’unanimità da tutti noi, ovvero quella che stabilisce che si tenga una sola assise in ogni provincia.

Capisco: questo rende leggermente più faticosa la vostra partecipazione, come quella di tanti altri compagni in tutta Italia che si sono spostati e si sposteranno dai centri minori verso i capoluoghi, senza per questo evocare irrimediabili rotture.

Fermiamoci un attimo prima di tirare una riga: nessun diritto a esprimere il proprio voto è stato negato a nessuno di voi. E Civitavecchia non è stata trattata né in modo peggiore né in modo migliore di tanti altri comuni della penisola e delle isole.

Fermiamoci, perché sarebbe una frattura incomprensibile ai più, inspiegabile, l’ennesima conferma che in Italia la sinistra non si salva dalla propria litigiosità.

Il congresso fondativo di Sinistra Italiana non è blindato né autoreferenziale: a Rimini ci sarà una platea di centinaia di delegati da tutto il paese completamente sovrana sulla linea politica, sullo statuto, sulle candidature alla leadership.

Perché sceglierne di non farne parte? Un caro saluto,

Nichi Vendola

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