Gli aborigeni restano senza “Voice”, l’Australia dice No al referendum
Il voto per un organismo consultivo della First Nation. Tutti e sei gli stati del paese contro, una disfatta per i nativi e il premier laburista Albanese
Il voto per un organismo consultivo della First Nation. Tutti e sei gli stati del paese contro, una disfatta per i nativi e il premier laburista Albanese
Niente Voice in parlamento per gli aborigeni d’Australia. Gli elettori hanno detto No a un referendum per dare una rappresentanza istituzionale consultiva in parlamento alla First Nation, modificando la costituzione: The Voice, appunto.
Era un referendum preparato da decenni, che ha dovuto superare grandissimi ostacoli – non ultimo, lo stesso fatto di tenere un referendum: era più di un quarto di secolo che l’Australia non ne votata uno, e su 45 tentativi nella storia del paese solo un pugno è arrivato a buon fine – e che era stato richiesto dal più vasto raggruppamento di sigle aborigene già nel 2017, con la «Dichiarazione di Uluru» (che gli inglesi chiamano Ayers Rock, lo spettacolare “panettone” di roccia che emerge dal deserto centrale australiano e rappresenta una delle grandi icone del paese). Il premier laburista Anthony Albanese era favorevole e ha fatto attivamente campagna insieme a quasi tutte le associazioni aborigene. Solo tre mesi fa, sembrava che il Sì sarebbe passato con grande margine.
Non è andata così, ed è l’ennesima doccia fredda per la popolazione originaria della più arretrata fra le nazioni nate dal colonialismo britannico: sui diritti dei nativi l’Australia è buona ultima rispetto a Usa, Canada e Nuova Zelanda.
Il Sì ha stravinto a Canberra, la capitale, e nelle grandi metropoli come Sydney e Melbourne, e qui finiscono le buone notizie per chi sperava in un cambio di rotta. Con tre quarti dei voti scrutinati, il No ha vinto in ciascuno dei sei stati che compongono il paese, dal cosmopolita New South Welsh all’istituzionale Victoria, dallo scintillante Queensland della barriera corallina al vasto e remoto Western Australia a ovest del grande deserto centrale. Tutti No. Con una percentuale nazionale di 60% contro 40%, insomma nessuna discussione: è stata una disfatta.
Non è neanche remotamente l’unica, nella tormentata storia degli aborigeni d’Australia, che hanno popolato il continente per 60mila anni prima che la Corona inglese decidesse di farne una colonia penale e poi una colonia e basta, a fine ’700: oggi sono circa il 3,8%. Se ne duole il premier Albanese, si compiace invece il leader conservatore Peter Dutton, festeggia la campagna del No che ha impiegato ogni tipo di falsità sulle conseguenze di un organismo consultivo come quello sottoposto al voto. E continua il mito dell’Australia terra nullius prima dell’arrivo dei coloni britannici. Il più duro a morire.
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