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Giustizia è fatta, la capitana Rackete è di nuovo libera

Giustizia è fatta, la capitana Rackete è di nuovo liberaCarola Rackete a Porto Empedocle – Ansa

Sea Watch La giudice non convalida l’arresto e non dispone misure cautelari per la comandante: Lampedusa scelta obbligata, Libia e Tunisia non sono porti sicuri. Salvini furioso: «Pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese perché pericolosa per la sicurezza nazionale»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 luglio 2019

Non ha commesso alcun atto di violenza nei confronti della guardia di finanza, perché la motovedetta non è una nave da guerra, e neppure resistenza a pubblico ufficiale, perché ha solo compiuto il proprio dovere: Carola Rackete, insomma, non doveva essere arrestata. Anzi. Carola ha portato a termine la missione di avere salvato vite umane in mare e dunque Carola torna libera.

ATTRACCANDO AL MOLO di Lampedusa, nonostante il divieto del Viminale, la comandante della Sea Wacth ha fatto ciò che doveva fare: condurre sulla terraferma 40 migranti soccorsi al largo della Libia e ormai allo stremo delle proprie forze, dopo quindici giorni trascorsi in mare. Per la giudice i migranti non potevano essere condotti né in Libia né in Tunisia perché nei due paesi nordafricani non ci sono porti sicuri e dunque la scelta di virare verso Lampedusa è stata obbligata. Di conseguenza non poteva essere impedito alla Sea Watch di entrare a Lampedusa e l’ordine di fermare la nave non doveva essere impartito. Perché, al contrario di quanto sostenuto dall’accusa, c’era la necessità di far sbarcare al più presto le persone.

Con la sua decisione la gip, Alessandra Vella, di fatto smonta da capo a fondo l’impianto accusatorio del capo della Procura Luigi Patronaggio e del suo aggiunto Salvatore Vella. Non solo non ha convalidato l’arresto di Rackete, ma ha respinto pure la richiesta di divieto di dimora nella provincia di Agrigento e nei porti di sbarco, formulata dai pm come misura cautelare. Passa così per intero la linea sostenuta dai legali della capitana, anche in uno dei punti più controversi e sui quali il pm Patronaggio aveva insistito nei minuti successivi alla conclusione dell’udienza di convalida: Carola, così come aveva sostenuto davanti alla gip nell’interrogatorio, non voleva speronare la motovedetta della finanza e l’impatto tra i due scafi fu dovuto dalle fasi concitate dell’attracco. Nessuna volontà, dunque, di intimorire i finanzieri.

La notizia della decisione della gip è stata accolta con un’ovazione dalla folla che stava manifestando a Palermo, davanti all’ingresso del porto, a sostegno della capitana per l’iniziativa organizzata dalla rete antirazzista. Ad annunciare la liberazione è stato il sindaco, Leoluca Orlando: «Adesso aspettiamo Carola a Palermo con l’intero equipaggio della nave per ritirare la cittadinanza onoraria della nostra città. Orlando ha chiamato anche il portavoce di Sea Watch, Ruben Neugebauer, che gli ha detto in tedesco: «Grazie mille, arrivederci a Palermo Leoluca».

INCASSA IL COLPO il procuratore Patronaggio: «Si evince quanto sia difficile muoversi in una materia che sconta forti tensioni politiche in cui qualsiasi decisione uno prenda ha sempre paura di sbagliare». Ad attaccare la gip ci pensa il ministro Salvini: «Per la magistratura italiana ignorare le leggi e speronare una motovedetta della guardia di finanza non sono motivi sufficienti per andare in galera». E ancora: «Quanto è urgente la riforma della giustizia, cambiare i criteri di assunzione, selezione e promozione di chi amministra la giustizia in Italia: questa non è la giustizia che serve a un Paese che vuole crescere». Ma «nessun problema – avverte il ministro – per la comandante criminale Carola Rackete è pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese perché pericolosa per la sicurezza nazionale».

IL PROVVEDIMENTO, che dovrà essere convalidato dall’autorità giudiziaria, non potrà essere comunque eseguito prima del 9 luglio, quando Carola sarà interrogata dalla Procura di Agrigento che indaga su di lei per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma anche quest’altro filone d’indagine potrebbe sgonfiarsi. Perché, come ha riferito proprio Patronaggio ascoltato ieri dalle commissioni riunite Affari costituzionali e giustizia della Camera, «non è stato fino ad ora provato il preventivo accordo tra trafficanti di esseri umani e ong». «Che – ha argomentato il pm – non deve essere limitato a un semplice contatto, tipo una telefonata, ma deve esserci una comunicazione del tipo: ‘stiamo facendo partire migranti, avvicinatevi e prelevateli’».

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