Internazionale

Giro del mondo in bicicletta con la libertà dei Saharawi come traguardo

Solidarity Rising a FirenzeSanna Ghotbi e Benjamin Ladraa in sella alle loro biciclette a Firenze

La campagna a pedali di due attivisti svedesi Sanna Ghotbi e Benjamin Ladraa hanno già attraversato 30 paesi e percorso 30 mila chilometri. L'obiettivo è arrivare per il 2025 nelle aree liberate del Sahara Occidentale o nei campi profughi in Algeria

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 21 marzo 2024

«La bicicletta è un elemento essenziale della nostra campagna, provoca stupore in tutte e tutti coloro che incontriamo perché è insolito viaggiare in tal modo per il mondo parlando di diritti umani. Le persone sono sempre interessate a conoscere il motivo per cui siamo su due ruote. In questo modo decliniamo la conversazione sul Sahara Occidentale».

A parlare sono Sanna Ghotbi e Benjamin Ladraa, due ciclisti svedesi che dal 15 maggio 2022 tentano di diffondere consapevolezza sulla questione umanitaria del popolo del deserto a colpi di pedale. Ad oggi hanno attraversato trenta stati percorrendo oltre trentamila chilometri. Da qualche settimana sono in Italia, ennesima tappa di un lungo peregrinare che, come chiarisce Ladraa, li vedrà successivamente proseguire verso Svizzera e Francia: «Sarà poi la volta di Spagna, Portogallo e Algeria con meta finale a gennaio 2025 nelle aree liberate del Western Sahara o nei campi profughi attorno Tindouf. Sul luogo di arrivo inciderà chiaramente l’andamento del conflitto tra la Repubblica Araba Saharawi Democratica e il Marocco».

La decisione iniziale di salire in sella nel 2020, è stata posticipata a causa della pandemia da Covid19, come spiega Ghotbi: «Abbiamo atteso il momento giusto che è giunto a primavera 2022. Lo stiamo facendo perché in pochi conoscono la questione saharawi e noi speriamo di aumentare la sensibilità al riguardo. Per farlo abbiamo consapevolmente lasciato famiglia, amici e lavoro, sapendo di spendere due anni e mezzo della nostra vita in questo progetto. Con tutte le difficoltà del caso, anche economiche. Siamo supportati da chi incontriamo, attivisti e non, che ben comprendono quanto stiamo facendo. Siamo un’associazione senza scopo di lucro e dipendiamo da crowdfunding, sovvenzioni spontanee e da gesti di accoglienza di persone che vogliono sostenerci». I due svedesi conoscono a fondo il tema, essendosi recati prima della loro avventura sia nei territori occupati del Sahara Occidentale che nei campi profughi algerini, incontrando attiviste come Aminatou Haidar, la co-fondatrice di Equipe Media Nazha Khalidi e Najla Mohammed Lamin, quest’ultima inclusa dalla Bbc tra le cento donne più influenti al mondo nel 2023.

Durante il loro percorso hanno dialogato con politici ed esponenti della società civile di ogni genere, anche in veste istituzionale. Ancora Ghotbi: «Questo è avvenuto tanto in Asia che in Europa. Eclatante è quanto accaduto in Giappone, dove abbiamo avuto sia la possibilità di partecipare alla riunione del G7 a Hiroshima che di interagire con gruppi, organizzazioni e singoli. Come ad esempio una ex dipendente dell’Unicef che, dopo il pensionamento, è diventata un’attivista pro-saharawi. Ci ha invitato a casa sua, in un piccolo villaggio di montagna, dove ad aspettarci c’era l’intera comunità che ha trascorso la notte ad ascoltarci. Nel cuore conserviamo mille storie, come quella della coppia indiana che ci ha salvato dai lupi tra le montagne del Montenegro, oltre a persone incredibili come la famiglia presso cui siamo stati ospiti in Bosnia. Il marito ci ha raccontato di come a Sarajevo nel 1992, mentre cercava di raggiungere suo fratello dall’altra parte della città, sia sopravvissuto strisciando in un campo minato mentre i cecchini gli sparavano».

Sanna Ghotbi e Benjamin Ladraa sono giunti a Napoli lo scorso 31 gennaio per un intenso tour di presentazioni che li vedrà impegnati in Italia fino al prossimo 11 aprile, nella tappa conclusiva di Torino. (g.d.)

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