Anche tra gli sherpa dell’Himalaya la preoccupazione per lo stato dei ghiacciai è tanta. Per i loro quanto per i nostri. D’altronde, la crisi climatica avanza senza sosta in tutto il mondo, comprese le vette più ardite. Il cosiddetto «effetto farfalla», nella sua concatenazione globale degli eventi, è sempre più marcato, ma quel momento di intelligenza collettiva che oltre vent’anni fa proprio sulle contraddizioni della globalizzazione puntò un faro, il World Social Forum, è uscito dagli strilli dei media. Quest’anno il Wsf si è svolto dal 15 al 19 febbraio in Nepal, laddove le montagne sono più vicine al cielo. E le montagne sono, per quanto riguarda i mutamenti climatici, hotspot negli hotspot.

VANDA BONARDO, RESPONSABILE NAZIONALE Alpi di Legambiente, ha preso parte alla delegazione italiana, insieme al Cai e ad altre associazioni. Dall’Italia è sbarcata a Kathmandu. «È stata un’esperienza importante, come sempre, di scambio e di conoscenza. Dal confronto con altre realtà, con glaciologi, studenti universitari, comunità locali e ambientalisti, anche con l’ex ministro all’Ambiente del Nepal Ganesh Shanm, sono emerse somiglianze e problematiche comuni tra le Ande, l’Himalaya, l’Artico e le Alpi. Certo, su scale diverse. E, così, è stata esplicitata l’esigenza di una governance globale della criosfera (i ghiacciai, ndr). Spiace solo che, nonostante fossero 90 i Paesi rappresentati e 1.200 le associazioni presenti, la partecipazione europea fosse scarsa, sintomo anche di un disinteresse istituzionale. Come se non avessimo bisogno di fare rete, quando invece i cambiamenti ci impongono un impegno coordinato sull’intero pianeta». Una volontà sintetizzata nella dichiarazione di Kathmandu Insieme per la giustizia climatica e sottoscritta da Legambiente che, vista l’esperienza maturata in Italia – a partire dall’ambientalismo scientifico e dalla campagna Carovana dei ghiacciai, che da quattro anni monitora il loro stato di salute – si è presa l’impegno di farsi portavoce di un’alleanza internazionale per le montagne, in vista dell’anno internazionale della criosfera che si celebrerà nel 2025.

KATHMANDU È UNA CITTÀ A 1400 METRI d’altezza, dotata di un fascino caotico, circondata dagli ottomila e parecchio inquinata. Una fetta della popolazione nepalese è ben consapevole dei rischi dei cambiamenti climatici, li sta vivendo sulla propria pelle. «Gli sherpa – racconta Bonardo – erano sconcertati dai racconti sull’arretramento dei ghiacciai nelle Alpi. Ci sono analogie, tra le due situazioni, nella riduzione dei volumi dei ghiacciai, che negli scenari peggiori potrebbe arrivare a fine secolo all’80 per cento, rispetto ai livelli registrati nella piccola glaciazione avvenuta tra fine Ottocento e inizio Novecento. Ora, siamo immersi nell’antropocene, dove il modello di sviluppo umano incide sulle sorti degli ecosistemi e dell’atmosfera. E la montagna è diventata più pericolosa, a causa del surriscaldamento che la rende un territorio più instabile».

L’HIMALAYA SI TROVA AD AFFRONTARE un allarmante declino dei suoi ghiacciai. «La differenza principale tra Alpi e Himalaya è che la criosfera himalayana è una risorsa vitale per oltre 2 miliardi di persone. Il ghiaccio che fonde è spesso l’unica risorsa per un’economia di sussistenza. Se non c’è acqua, i pascoli non ci sono e gli yak non sopravvivono. In Nepal, le comunità montane si riverseranno nel caos della città, dove le condizioni diventeranno sempre più complicate».

UN TERRITORIO PREZIOSO CHE, INVECE, è sfruttato. Anche sul piano lavorativo, per questo gli sherpa avrebbero bisogno di un sindacato che difendesse i loro diritti: «Sono sfruttati – spiega Bonardo – da un turismo strampalato che, in stile coloniale, crea code sull’Everest, costruisce campi base con saune, tv, ristoranti che servono aragoste. Sfregi alla natura che possono dare un effimero beneficio economico basato, però, sullo sfruttamento delle persone e dell’ambiente».

DURANTE IL WSF, LEGAMBIENTE ha condiviso alcune delle sue attività di punta, dalla campagna Carovana dei ghiacciai al Manifesto per una governance europea dei ghiacciai, fino al report Nevediversa in cui, con dati alla mano riguardanti Alpi e Appennini, si invita alla necessità di ripensare il turismo montano, a partire da quello invernale, in chiave sostenibile. Ed ha presentato il documentario realizzato dal videomaker David Fricano sull’agonia dei ghiacciai alpini. Ha, poi, garantito il supporto reciproco nella realizzazione di buone pratiche di adattamento (il secondo pilastro, insieme alla mitigazione, nella sfida ai cambiamenti climatici), a partire da campagne di informazione e di sensibilizzazione.

«OGGI PIU’ CHE MAI – HA DICHIARATO Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ogni Paese nella lotta alla crisi climatica deve fare la sua parte a partire dall’Italia. La crisi climatica ha degli effetti enormi sul Pianeta e sull’alta quota, e quello che sta accadendo in montagna avrà effetti importanti anche a valle, vedi ad esempio la siccità. L’emergenza climatica riguarda tutti e su cui bisogna al più presto intervenire con azioni concrete e politiche di adattamento al cambiamento climatico. Il nostro Paese deve dunque accelerare il passo anche in termini di transizione ecologica. Per questo lanciamo un appello al governo Meloni per chiedere politiche climatiche più ambiziose e coraggiose per superare la crisi climatica, tenendo fede sia agli impegni presi alla Cop28 di Dubai sia al messaggio di cooperazione emerso al World Social Forum».

QUEST’ESTATE RIPARTIRÀ LA CAROVANA dei ghiacciai sulle Alpi: «Vorrei – conclude Vanda Bonardo – che proseguisse la dimensione europea della Carovana, sempre in collaborazione con il Comitato glaciologico e con Cipra Italia (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, ndr), promuovendo anche momenti di confronto con altre zone extraeuropee. Con l’obiettivo di portare nel 2025, l’anno internazionale dei ghiacciai, la Carovana magari in Himalaya».