Ecomuseo sulle «ceneri» della Marmolada
Clima Il grande ghiacciaio delle Dolomiti «è ormai in coma irreversibile». La possibile riconversione. Ne parla Marco Giardino, vice presidente del Comitato glaciologico italiane
Clima Il grande ghiacciaio delle Dolomiti «è ormai in coma irreversibile». La possibile riconversione. Ne parla Marco Giardino, vice presidente del Comitato glaciologico italiane
La riduzione dello spessore, sul ghiacciaio della Marmolada, è ormai un fenomeno percepibile ad occhio nudo. Il dato a breve termine, verificato quest’estate dai glacioloci che lavorano in quell’area, è una perdita media pari a 7 centimetri al giorno, su una decina di giorni». Il professor Marco Giardino, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, è vice-presidente del Comitato Glaciologico Italiano e ha fatto parte della delegazione della Carovana dei ghiacciai 2024, che nei primi giorni di settembre è salita su quello che è stato il più grande ghiacciaio delle Dolomiti.
SECONDO LA CAMPAGNA NAZIONALE PROMOSSA da Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, il ghiacciaio è «ormai in coma irreversibile», insieme ai due più grandi delle Alpi, che sono quelli dell’Adamello e dei Forni. Altre due misurazioni danno conto della situazione: con la crisi climatica, dal 1888 il ghiacciaio della Marmolada è arretrato di 1200 metri; negli ultimi cinque anni ha perso 70 ettari di superficie pari a 98 campi da calcio. Le stime più accurate evidenziano una situazione ormai drammatica: il ghiacciaio è destinato a scomparire entro il 2040. «Quello che ci preoccupa di più – sottolinea Giardino intervistato dall’ExtraTerrestre – è la coesistenza di diversi fattori critici: da una parte, siamo di fronte a un corpo glaciale che è sempre più scarsamente alimentato, in quanto il dato delle precipitazioni locali ci dice che la neve si è ridotta in quantità e che la temperatura media si è elevata. Questo significa che la neve non può essere conservata e comporta una riduzione di dimensione. Qui è indispensabile sottolineare un aspetto: nell’ultimo secolo, il ghiacciaio si è ridotto del 50%; dalla fine degli anni ’90, ha perso un ulteriore 50%: questo significa che è aumentata in modo significativo la velocità con cui si riduce. La situazione osservata quest’estate, poi, per quanto a breve termine, rende l’idea di questo corpo in profonda sofferenza».
I CAMBIAMENTI CLIMATICI PERÒ DANNO CONTO solo di una quota parte della drammatica situazione del ghiacciaio protagonista di una delle peggiori tragedie del Ventunesimo secolo, il 3 luglio 2022, quando in una torrida domenica d’estate il crollo di una massa di ghiaccio provocò la morte di 11 persone. «Oltre al clima, la Marmolada soffre una tremenda pressione antropica, che risulta evidente se confrontata con altri ghiacciai» spiega Giardino. «Nella sua storia è stato prima teatro della Grande Guerra, poi è arrivato il “grande turismo” e tutto questo comporta una quantità importante di materiali dispersi, tra cui incredibilmente ci sono anche i teli che dovrebbero proteggere il ghiacciaio, che vengono messi e toldi con macchinari industriali, teli che si lacerano: durante il nostro sopralluogo abbiamo assistito alla rimozione dei teli, che si sono lacerati, e gli incaricati hanno lasciato striscie di decine di metri sparse sul versante. Siamo di fronte a un corpo malato che obblighiamo a fare cose che non sono da ghiacciaio» sottolinea il vice-presidente del Comitato Glaciologico Italiano, istituzione scientifica nata negli anni Venti del secolo scorso.
SALENDO VERSO LA MARMOLADA, IL TEAM DI CAROVANA dei ghiacciai 2024 ha raccolto circa 400 rifiuti abbandonati: latte e lattine, scatolette, fazzoletti, plastica e microplastiche, resti di piatti, posate di plastica e metallo, tappi di bottiglia, pezzi di vetro, sigarette, ed ancora frammenti e materiali tecnici, pezzi di ferro e calcinacci. Alcuni sono risalenti alla Prima guerra mondiale, altri agli anni 70-80 del Secolo scorso. Di fronte a un quadro così allarmante, però, ricercatori e Università, insieme al mondo dell’ambientalismo scientifico, ha scelto di presentare il «Manifesto per un’altra Marmolada». La Regina delle Dolomiti può divenire una montagna-laboratorio per ripensare il modello di fruizione delle alte quote. «È l’unica possibilità che abbiamo, quella di dimostrare che a partire da questa situazione di crisi sia possibile costruire una risposta valida non solo per quel ghiacciaio e per quel territorio, dando un segnale a partire dai milioni di turisti che raggiungono le Dolomiti» conclude Giardino. La Marmolada – spiega il Manifesto – è l’emblema delle montagne del Novecento: montagna-confine aspramente contesa sin dal primo conflitto mondiale; montagna-playground, anticipatrice del modello di sviluppo ski oriented che qui vide nel 1947 la costruzione di uno dei primi impianti di risalita in Italia, da cui ha preso avvio una lunga contesa confinaria tra Veneto e Trentino per lo sfruttamento del suo “oro bianco”.
«PER GESTIRE LA FASE TERMINALE DEL GHIACCIAIO è necessario un nuovo “patto per la Marmolada”, una cabina di regia che superi i vecchi motivi di contenzioso orientati al massimo sfruttamento economico e consenta il coinvolgimento di tutte le amministrazioni e di tutti i soggetti a diverso titolo interessati alla Marmolada intorno ad un grande progetto di riconversione» sottolineano i promotori, tra cui figura la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile. Perché questo sia possibile, è necessario abbandonare interventi strutturali orientati a una frequentazione di massa (aumento portata oraria degli impianti, sfruttamento sciistico con innevamento programmato, copertura di teli geotessili ad alto impatto ambientale ed energetico), per incentivare modalità di fruizione leggera, ospitalità diffusa, distribuita anche nei periodi di bassa stagione, percorsi di scialpinismo legati alla neve naturale, escursionismo con ciaspole, circuiti ciclopedonali, tracciati escursionistici legati al patrimonio storico e geologico-naturalistico.
L’ASPETTO CENTRALE del Manifesto è però nella sua dimensione scientifico-culturale: «La Marmolada è chiamata ad essere, per la sua storia e la sua vicenda glaciologica, una montagna-maestra: luogo di formazione e sensibilizzazione al global warming per studenti, insegnanti, cittadini e associazioni». La proposta è la costituzione di un Ecomuseo della Marmolada, capace di coniugare storia geologica e glaciologica, epopea alpinistica e sciistica, la vicenda idroelettrica e la ricerca scientifica con iniziative di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Un obiettivo ambizioso, ma quanto mai necessario.
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