Dopo oltre due settimane in terapia intensiva Alexej Navalny è uscito dal coma farmacologico indotto dopo il suo avvelenamento con la neurotossina Novichok. Lo hanno comunicato ieri i medici del policlinico universitario berlinese della Charité: nel breve bollettino si precisa che l’oppositore del presidente russo Putin «ora respira autonomamente e comincia a rispondere agli stimoli verbali».

Tuttavia, dal punto di vista clinico, il caso Navalny è tutt’altro che risolto e alla Charité la parola d’ordine coincide con la massima prudenza: «Non possiamo ancora escludere conseguenze rilevanti nel lungo periodo» è il corollario che non spegne i riflettori sugli effetti dell’agente nervino identificato dal laboratorio speciale dell’esercito tedesco.

Al contempo a Berlino non si spegne la polemica sul gasdotto Nord Stream 2, dopo che sia il ministro degli Esteri, Heiko Mass, che la cancelliera Angela Merkel hanno minacciato il possibile stop dell’infrastruttura strategica (per la Germania quanto per la Russia) destinata ad attraversare il Mar Baltico bypassando la rotta ucraina.

Mentre si moltiplicano le pressioni sull’ex cancelliere Gerhard Schröder, ex segretario Spd, già lobbista del colosso energetico Gazprom, attualmente sul libro paga della russa Rosneft e capo del consiglio di amministrazione del consorzio Nord Stream Ag. «Rinunci immediatamente a tutti gli incarichi in Russia» scandisce il deputato Cdu Johann Wadepuhl. Anche se i maggiori critici del progetto russo-tedesco rimangono i Verdi, con la capogruppo Katrin Göring-Eckardt che chiede al governo Merkel «conseguenze reali al tentato omicidio delle strutture mafiose del Cremlino. Non possiamo più portare avanti insieme alcunché con la Russia».

Tra i contrari, invece, spiccano clamorosamente i liberali. Wolfgang Kubicki, vicepresidente del Fdp (e del Bundestag) si dice «scettico sulla messa in discussione di un tale progetto nella fase attuale delle indagini».

Di più: a sentire Kubicki è possibile che l’avvelenamento di Navalny sia stato commesso senza il coinvolgimento del Cremlino. «Ci sono forze nell’amministrazione russa che hanno vita propria» sottolinea il numero due del Parlamento.