Germania Est, l’ultradestra si prepara ad alzare il muro
Elezioni Il primo settembre si vota in Brandeburgo e Sassonia, Afd con il vento in poppa. Ma nel partito c’è una guerra intestina, «L’Ala» dura sta divorando l’anima moderata
Elezioni Il primo settembre si vota in Brandeburgo e Sassonia, Afd con il vento in poppa. Ma nel partito c’è una guerra intestina, «L’Ala» dura sta divorando l’anima moderata
Rimbomba, due settimane prima delle elezioni regionali, il boom di consensi a favore di Alternative für Deutschland nei due stati-chiave della Germania Est.
Con il 21% dei potenziali elettori schierati a favore, il partito anti-Ue e contro gli stranieri è già la prima forza politica nel Brandeburgo davanti alla Cdu. Mentre nella vicina Sassonia è riuscito a sfondare quota 25% e adesso si trova a sole tre lunghezze dai democristiani.
È l’incubo sempre meno demoscopico e sempre più reale registrato dagli ultimi sondaggi degli istituti Forsa e Insa in bella vista sui tavoli delle segreterie di tutti i partiti dalla settimana scorsa. Dati spaventosi per l’opposizione «costituzionale» antifascista che il primo settembre rischia di essere travolta da una valanga di voti mai così neri.
IN GIOCO, NON SOLO il rinnovo dei parlamenti di Brandeburgo e Sassonia (il 27 ottobre anche della Turingia) ma la tenuta politica della stessa Bundesrepublik che corre il rischio di ritrovarsi, ancora una volta, con due diverse Germanie: a Ovest, i partiti tradizionali dissanguati dall’emorragia di voti (la Spd martedì scorso è crollata al 12%) più i Verdi; a Est, il muro di Afd che viene dipinto ogni giorno con tonalità sempre più scure.
Con buona pace dei segretari Jörg Meuthen e Alexander Gauland, e della capogruppo Alice Weidel, l’alternativa populista risulta legata mani e piedi a «Der Flügel»: «L’Ala» di ultra-destra guidata dal leader di Afd-Turingia, Björn Höcke. Una situazione non propriamente sotto controllo.
Al punto che poche settimane fa Weidel è dovuta scendere a patti con «L’Ala» per fermare la guerra intestina che sta divorando l’anima moderata, cui anche lei appartiene. Uno scontro frontale senza esclusione di colpi.
Lo ha ben compreso il centinaio tra funzionari, segretari locali e deputati che rappresentano la resistenza al «culto della personalità» di Höcke pronti a denunciare il clima da golpe di «Der Flügel» che ormai «agisce come soggetto politico autonomo». Dietro di loro, circa 35 mila militanti di ciò che resta del movimento anti-euro delle origini.
Per Afd, insomma, è l’estate dei lunghi coltelli. Così già nel Nordreno-Vestfalia dove si sono dimessi nove dei dodici componenti della direzione del Gruppo regionale (il più numeroso di Afd) e in Baviera dove «L’Ala» agli ordini di Höcke viene apertamente accusata di fare il doppio gioco con i gruppi neonazisti.
EPPURE NEL PARTITO tutti sanno che senza i voti sussunti dalla galassia un tempo orbitante attorno alla Npd, Alternative für Deutschland dovrebbe rinunciare a quasi metà dei suoi rappresentanti istituzionali.
Per questo nell’ultimo lustro Afd si è trasformata da incarnazione del movimento di Bernd Lucke, professore di economia all’Università di Amburgo, al partito di Frauke Petry, la pasionaria vincitrice del congresso del 2015. Fino a Gauland e Weidel che l’hanno liquidata in nome della lotta a migranti, «matrimonio per tutti», aborto e pari opportunità di genere perfino per le cattedre universitarie.
Eppure ancora non basta. «L’Ala» del “superfalco” immagina l’ennesima svolta a destra per catturare i voti nei tre Land della ex Ddr. E, prima ancora, per accelerare l’estinzione dei «residui» che ancora impediscono ad Afd di diventare la copia sputata del partito di Viktor Orbán.
PER TESTARE A FONDO la temperatura di Afd vale la pena riassumere il recente scambio di vedute tra il leader “moderato” Helmut Seifen e l’estremista Thomas Röckemann. Il primo, segretario di Stato, accusa apertamente la fazione di Höcke di agire contro gli interessi della segreteria: «La loro lealtà è prima di tutto per L’Ala». Il secondo, vicepresidente, replica a muso duro con queste parole: «Io, per mio conto, ho le palle per seguire ciò che ho iniziato».
Non va meglio dalle parti di Monaco, dopo che il quotidiano Welt am Sonntag ha pubblicato la sentenza del tribunale dei probiviri di Afd che ha stabilito come «Der Flügel» sia in diretta concorrenza con il partito. E nemmeno nel profondo Nord: i dirigenti dello Schleswig-Holstein, hanno appena eletto leader Doris von Sayn-Wittgenstein osteggiata dalla segreteria nazionale a causa della sua vicinanza ai negazionisti dell’Olocausto.
«Un segnale sbagliato» tagliano corto i “moderati” Afd lontani dalla periferia alternativa ormai anche alla linea ufficiale. Mentre in contemporanea Höcke nel comune di Leinefelde, nella “sua” Turingia, di fronte a un migliaio di simpatizzanti, nega la verità storica sostenendo che gli immigrati non mai stati economicamente vantaggiosi per la Germania. «La politica delle frontiere aperte praticata fin dal 1955, di cui i vecchi partiti sono gli unici responsabili, ci ha dissanguato dal punto di vista finanziario. Di fatto, è come se avessimo perso un’altra guerra mondiale».
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