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Gerico, il brusco risveglio della città che dorme

Gerico, il brusco risveglio della città che dormeGerico, 6 febbraio, un blocco stradale in risposta all’uccisione di cinque palestinesi nel campo profughi di Aqbet Jaber – Ap/Nasser Nasser

Già luogo di turismo, relax e investimenti della classe media palestinese, ora brucia come il resto della Cisgiordania occupata

Pubblicato più di un anno faEdizione del 5 marzo 2023

Muna è una insegnante di scienze. Suo marito Firas è un avvocato con uno studio ben avviato a Gerusalemme. Entrambi originari della Galilea, quattro anni fa, imitando altre coppie della classe media palestinese, hanno investito 150mila dollari nella costruzione di una villa con piscina a Gerico, la prima città della Cisgiordania ad essere proclamata autonoma dopo la firma degli Accordi di Oslo nel 1993.

«È una cittadina piacevole, dove l’inverno dura ben poco e si possono trascorrere giorni in completo relax. Mio marito e io ci veniamo tutte le volte che possiamo», ci dice Muna omettendo un aspetto non secondario della convenienza di possedere una villa a Gerico. Può affittare la sua proprietà a famiglie intere nel fine settimana ricavandone fino a 500 dollari a notte.

GIROVAGANDO PER LA CITTÀ, ci si può rendere conto degli investimenti fatti anche da grosse società in questo settore così redditizio, tra cui il Fondo di investimento palestinese e la Padico Holding Company. Acquistano vasti terreni, li dividono in piccoli appezzamenti e vi costruiscono aree residenziali moderne con ville enormi come la Jericho Gate o la Moon City. Negli ultimi 10 anni a Gerico sono sorte oltre 1200 ville e residenze di lusso.

Da qualche settimana però, quello che sembrava un investimento sicuro e fruttuoso si è improvvisamente rivelato estremamente incerto. La Gerico regina della valle del Giordano, la «città che dorme» meta di gite scolastiche e di turisti in visita ai meravigliosi mosaici del Palazzo di Hisham, un tempo residenza invernale dei califfi omayyadi, e all’antichissimo sito archeologico di Tell es Sultan, è diventata terreno di scontro tra palestinesi armati e forze di occupazione. Da settimane l’esercito israeliano circonda Gerico, i controlli ai posti di blocco sono rigidi, i turisti non arrivano più e i fine settimana in relax della classe media palestinese sono un ricordo. «Siamo indecisi, seguiamo gli sviluppi. Se le cose vanno avanti così saremo costretti a vendere la nostra villa», prevede Muna.

CERTO QUANTO È ACCADUTO nelle ultime settimane, con cinque palestinesi – pare del movimento islamico Hamas – uccisi dall’esercito israeliano nel campo profughi di Aqbet Jaber alle porte di Gerico e un israeliano ferito mortalmente da raffiche di mira sparate contro la sua auto, non è paragonabile alla situazione critica di Jenin e Nablus, teatro da un anno a questa parte di continue incursioni di reparti militari israeliani con un bilancio elevato di morti e feriti palestinesi, tra cui non pochi civili.

Il fatto che una cellula armata palestinese fosse presente ad Aqbet Jaber è stata una sorpresa per i servizi segreti israeliani e per le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale (Anp) di Abu Mazen. Gerico non è soltanto una piacevole cittadina turistica e archeologica, con buoni ristoranti. È considerata assieme a Ramallah una città dell’Anp, dove hanno sede un’accademia di polizia – in cui hanno tenuto «corsi di formazione» anche carabinieri italiani -, caserme dell’intelligence e l’ateneo Al Istiqlal dove studiano i giovani che vorrebbero diventare funzionari dell’amministrazione di Abu Mazen.
A Gerico ci sono anche carceri speciali in cui finiscono gli oppositori politici, del movimento islamico Hamas e della sinistra.

FONTI DELLA SICUREZZA DELL’ANP sostengono che Hamas starebbe cercando di mettere in piedi cellule armate come quella di Aqbet Jaber per sfidare le forze fedeli ad Abu Mazen ovunque in Cisgiordania, anche nella sonnolenta Gerico. Uno sviluppo che, secondo alcuni, avrebbe spinto il presidente dell’Anp ad accettare, dopo aver esitato per settimane, il piano del generale americano Mike Fenkel, responsabile per le questioni di sicurezza dell’ambasciata Usa a Tel Aviv, che prevede la costituzione di una forza speciale dell’Anp di 5mila uomini, da addestrare in Giordania, che sarà incaricata di riprendere il controllo di Jenin e Nablus e altri centri dove operano, con il sostegno degli abitanti, i gruppi armati palestinesi che combattono contro l’esercito israeliano. Una decisione, che se sarà confermata ufficialmente, reciderà gli ultimi legami esistenti tra l’Anp e la popolazione palestinese.

L’ANALISTA JAMAL ZAKOUT non crede che facessero parte di Hamas i cinque palestinesi che sono stati uccisi il mese scorso dai militari israeliani ad Aqbet Jaber. «I proclami fatti dai leader di Hamas dopo l’incursione israeliana non mi convincono. Ho parlato con i miei contatti in quel campo profughi e mi hanno detto che (gli uccisi) erano solo dei giovani non legati ad alcuna organizzazione», spiega Zakout. «Più concretamente – aggiunge – penso che i palestinesi siano infinitamente stanchi dell’occupazione militare ovunque, a Jenin, Nablus e in qualsiasi altro punto della Cisgiordania. E sono stanchi anche della linea debole dell’Anp». In mancanza di una vera leadership politica, prosegue Zakout, «non pochi pensano di prendere le armi e di unirsi a gruppi organizzati o di agire da soli. E se tutto questo è accaduto anche a Gerico, “la città che dorme” come la descrive qualcuno, allora vuol dire che la misura è colma e che l’occupazione non è più sopportabile, in alcuna forma».

A GERICO LE REAZIONI alla nuova situazione sono diverse. Da un lato ci sono gli abitanti che, come gli altri palestinesi, invocano la fine ad ogni costo dell’occupazione israeliana. Dall’altro ci sono le autorità comunali che nello stop al turismo e al business delle ville vedono un colpo devastante per Gerico e la sua economia. Il sindaco Abdul Karim Sidr in una intervista ha avvertito che i posti di blocco allestiti da Israele «già a febbraio hanno causato danni enormi e hanno rappresentato una punizione collettiva per l’intera città. Sarà un disastro se la città non sarà riaperta completamente».

Di sicuro è accantonato il progetto di cui si era parlato lo scorso anno per la riapertura di Oasis, il casinò di Gerico – chiuso all’inizio della seconda Intifada nel 2000 – in cui negli anni ’90 si recavano a giocare migliaia di israeliani ogni settimana garantendo flussi di denaro che alimentavano la corruzione e non finivano nelle casse dell’Anp. Gerico ora non «dorme» più.

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