L’immagine vulgata di Georges Perec (1936-1982) lo assimila a uno scrittore di così acceso sperimentalismo da sembrare perennemente in fuga dal libro precedente, un jongleur di così fungibile versatilità da guadagnargli in anticipo la fama o la taccia di postmoderno: tanto freddo e fenomenologico, il libro d’esordio Les choses (’65) poteva sembrare l’antitesi del mega-lipogramma intitolato La disparition (’69), per tacere del romanzo cui tuttora deve la sua fama (La Vie mode d’emploi), un cubo di Rubik o una enciclopedia dei possibili narrativi che ne ha fatto il portabandiera dell’OuLiPo, il Laboratorio di Letteratura Potenziale (suo riconosciuto patronus Raymond Queneau)...