Fenomeno musicale fra i più eclatanti degli ultimi tempi, il rapper napoletano Geolier in una manciata d’anni di carriera ha già collezionato numeri da record, specialmente per i suoi 23 anni. Compreso il primo posto, lo scorso anno, nella classifica dei dischi più ascoltati su Spotify con il suo Il coraggio dei bambini.

IN GARA a Sanremo 2024, e possibile outsider per il podio tutto al femminile che si pronostica da tempo, abbiamo incontrato Geolier a poche ore dalla notizia che la sua I p’me tu p’te è il brano più streammato. E il relativo videoclip, con protagonisti gli attori Maria Esposito e Artem Tkatchuk di Mare Fuori, il più visualizzato tra quelli in gara al Festival. Forte delle sue radici, di riferimenti musicali come Nas e i conterranei Co’Sang, e ormai superato qualsiasi limite geografico, Geolier è diventato anche un punto di riferimento per tutto l’urban italiano.

GRAZIE al suo rap ricco di tecnica e capace di fotografare con realismo crudo e poetico la realtà della sua Napoli e della sua generazione. Quasi una missione per Geolier, come ci ha raccontato «È un mio dovere, un obbligo morale che sento. Mi risulta anche facile parlare ai ragazzi, la pensiamo allo stesso modo. Parlo la loro stessa lingua e cerco di mantenere sempre il contatto con la realtà, anche se è sempre mutevole. Io resto coi piedi a terra, non vado in giro coi macchinoni e mi circondo sempre di ragazzi dei rioni. Il contatto con la vita reale è un attimo perderlo ma io lo mantengo e non posso farne a meno. Per me la collettività è essenziale perché quando si perde la sconfitta è meno amara, se si vince invece la vittoria è più bella».

Geolier
Mi risulta facile parlare ai ragazzi, la pensiamo allo stesso modo. Raccontare la loro realtà per me è un obbligo morale e Napoli un’ispirazione continua

Nato a Secondigliano, da qui la scelta del nome Geolier che significa «secondino» in francese – ed è il nome con il quale gli abitanti di Secondigliano vengono chiamati da quelli degli altri rioni – Emanuele si è spesso definito anche una sorta di «giornalista» della musica. «Perché prendo tutto dalla strada, tutto da Napoli, tutto da tutto. Quando racconto qualcosa che vivo sulla mia pelle, o di più personale, mi viene meno “poetico”, invece quello che mi ispira da “giornalista” mi risulta più facile raccontarlo in modo poetico. In prima persona si vive la rabbia e la felicità e si perde forse in obiettività, se invece mi lascio ispirare dalle cose che mi stanno intorno ho un’immediatezza e una poetica diversa. Napoli per me è ispirazione continua: un bambino che gioca, una vecchietta seduta fuori, qualsiasi squarcio. E racconto quello che vedo in maniera realistica, senza filtri».

Il brano che porta in gara, prodotto da Michelangelo, è una canzone uptempo, con cassa dritta, che parla di una coppia che, pur amandosi, capisce che è arrivato il momento di dirsi addio. «Il rispetto è alla base di tutto – prosegue Geolier – e l’amore purtroppo può diventare odio ma tutti dobbiamo imparare ad avere innanzitutto rispetto per il concetto di amore». In conclusione, il rapper ha ancora qualcosa da dire riguardo alla (sterile) polemica di qualche giorno fa «lanciata» dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. «Purista» della lingua partenopea che ha accusato Geolier di imprecisioni ed errori grammaticali. «Ero preparato alle polemiche ma forse non a questa. Penso che il napoletano, come del resto anche l’italiano, si sia evoluto nel tempo. Dalle poesie di Salvatore Di Giacomo alle commedie di Eduardo fino ad oggi. Il napoletano non ha una grammatica ma “abitudini”. Il napoletano non ha regole come l’italiano e poi il mio è il napoletano dei rioni, quello che la gente respira, quello che i ragazzi dedicano alle ragazzine e viceversa. Non potrei parlarlo in un altro modo, io l’ho imparato dalla strada».