Gentiloni vede gli alleati. Pd al «fronte repubblicano», il primo sì è di Boldrini
Democrack L’ex presidente anticipa Leu (che discute) e si mette a capo della sinistra «antisfascista». Renzi sarcastico sugli ex: «Con i numeri che hanno, di fronte allo spread a 300, mi sembra irrispettoso verso gli italiani parlare di Leu».
Democrack L’ex presidente anticipa Leu (che discute) e si mette a capo della sinistra «antisfascista». Renzi sarcastico sugli ex: «Con i numeri che hanno, di fronte allo spread a 300, mi sembra irrispettoso verso gli italiani parlare di Leu».
L’ennesima, giornata sulle montagne russe per il Pd inizia alla riunione dei senatori quando il reggente Martina ritira il sì e propone l’astensione sulla fiducia al governo Cottarelli. Lo spiega così: «Per rispettare la necessaria neutralità politica del governo e evitare ogni strumentalizzazione». La verità è che va bene la difesa dell’euro e dell’Europa che sarà – secondo Matteo Renzi – il cuore della imminente campagna elettorale, ma il Pd non può intestarsi in totale solitudine il sì a un governo rigorista destinato – sempreché parta davvero – al fuoco di fila di Lega e M5S. Tanto più che nella giornata il voto sembra avvicinarsi vorticosamente: dall’autunno a fine luglio.
AL NAZARENO LO SCHEMA di come si andrà alle urne è abbastanza chiaro. E quasi condiviso. Con un «fronte democratico» o meglio «repubblicano» composto da tutte quelle forze politiche e personalità che vogliono difendere le istituzioni, Ue e Colle in testa, dagli attacchi giallo-verdi. «Il tema non è costruire una sommatoria di sigle, ma discutere con la società italiana sui temi centrali della prossima campagna elettorale, come l’Europa. E ricostruire la fiducia nella democrazia rappresentativa. Più che le sigle, ci interessano gli italiani», spiega il coordinatore Pd Lorenzo Guerini a SkyTg24. «Per farlo serve un fronte largo e inclusivo».
CAPO DELLA FORZA POLITICA, ma solo se il voto sarà davvero così ravvicinato, sarà l’attuale premier Paolo Gentiloni. Anche nel caso in cui dovesse rimanere fino all’ultimo a Palazzo Chigi, e cioè nel caso in cui Cottarelli rinunci al mandato di formare un governo che, da sfiduciato, porti il paese alle elezioni. Il premier in carica si è rassegnato al fatto che il ruolo del «federatore» toccherà a lui. E in agenda per i prossimi giorni ha già iniziato a mettere qualche incontro con le potenziali personalità di rilievo di questo fronte. Non a caso ieri dai social Laura Boldrini ha battuto un colpo: «Di fronte all’attacco al Presidente della Repubblica Mattarella e di fronte al rischio di una pericolosa deriva populista e sovranista è necessario che tutte le forze progressiste decidano di allearsi alle prossime elezioni». L’hashtag è inequivocabile: «#NonPiuAllaSpicciolata».
L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA gioca di anticipo sui suoi compagni di Liberi e uguali. Che infatti accolgono con freddezza il tweet dalla riunione del gruppo parlamentare convocata da tre giorni per seguire l’evolvere della situazione politica. La precipitazione al voto congela, di fatto, la road map congressuale stabilita Grasso & compagni lo scorso sabato all’Hotel Marriot di Roma. E rimette la lista di fronte al dilemma di come ripresentarsi. Dal Pd arrivano segnali di apertura, forse persino di quel «listone con dentro tutti» auspicato da una parte di Mdp. Che però è impotabile per Sinistra italiana.
GRASSO ANNUNCIA per le prossime ore un’iniziativa per «aprire una discussione». E Massimo D’Alema, dalla presentazione della rivista Critica Marxista, tende una mano ai suoi ex compagni: «Il punto di partenza è ricostruire un’alleanza progressista», dice, «Il gruppo dirigente Pd, che ha la maggiore responsabilità della divisione di questo campo, ha il dovere di lanciare un messaggio perché si torni all’unità. E se arrivasse, sarebbe ragionevole non lasciarlo cadere».Ora però i due passi avanti di Boldrini rischiano di innescare una competizione su chi rappresenterà quest’area al Nazareno. Con Gentiloni o con chi si troverà a capo del «fronte».
IERI A OTTOEMEZZO (LA7) Renzi ha infatti lasciato aperte anche altre possibilità: «Gentiloni, Minniti, Delrio o chiunque sarà nelle condizioni di costruire un’alternativa a 5 stelle e Lega». Per riunire un «rassemblement», ha spiegato, «di chi sta con l’Europa e non vuole sfasciare i conti pubblici». Aperto a Forza italia? «Non accadrà mai», è la risposta, «ma ai delusi di Forza Italia». E naturalmente aperto a Leu. Ma se vogliono tornare all’ovile i fuoriusciti Pd dovranno riabituarsi allo stile dell’ex segretario. Che al loro indirizzo dice: «Con i numeri che hanno, di fronte allo spread a 300, mi sembra irrispettoso verso gli italiani parlare di Leu».
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