Gay, destro e libertario
Diritti Per Enrico Oliari, presidente di GayLib, anche la destra può esprimere una cultura libertaria: "Non esiste solo il machismo becero alla Salvini". E' stato lui, con il suo compagno e con altre due coppie omosessuali, a presentare il ricorso sul riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso accolto ieri dalla Corte di Strasburgo
Diritti Per Enrico Oliari, presidente di GayLib, anche la destra può esprimere una cultura libertaria: "Non esiste solo il machismo becero alla Salvini". E' stato lui, con il suo compagno e con altre due coppie omosessuali, a presentare il ricorso sul riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso accolto ieri dalla Corte di Strasburgo
Presentiamoci senza peli sulla lingua. Uno così una volta lo avremmo definito un fascista e basta, anzi un fascio. Però si chiama Enrico Oliari, abita a Trento, ha 45 anni, fa l’infermiere, scrive articoli come pubblicista ed è anche il presidente di un’associazione di gay liberali di centrodestra (GayLib). Sono passati più di venti anni da quando militava nel Msi, ancora adesso si dichiara “un finiano convinto” anche se il suo cuore batte per una certa radicalità andata perduta. Due volte orfano quindi: “Mi sto allontanando dalla politica, una vera destra in Italia non esiste, alle ultime elezioni non ho votato”. Venire al dunque con le contraddizioni di un omosessuale di destra è più facile del previsto: “Dopo parliamo dei comunisti, va bene?” (ha scritto un libro su omosessualità e comunismo). Uno a uno, palla al centro. Si vede che ha imparato a difendersi, soprattutto dagli amici: “Il mio impegno ha richiesto un certo coraggio, magari a sinistra avessero tutti tirato fuori le palline come ho fatto io”. Lo ammette, è stato faticoso, lo è ancora: “Anche nel movimento gay dopo anni di battaglie comuni c’è ancora chi ci osteggia apertamente, è forte la convinzione che l’omosessualità sia di sinistra. Io sono convinto che tutti abbiamo il dovere di alzare la testa per rivendicare un diritto”.
Enrico Oliari, con il suo compagno – e con altre due coppie che nel 2011 si sono appellate alla Corte europea di Strasburgo – ieri ha vinto una battaglia che sta portando avanti da quasi venti anni. Da quando nel 1997 decise di fondare Gaylib, “con il preciso scopo di portare la questione dell’omosessualità nel centrodestra in modo tale che il parlamento prima o poi possa arrivare ad adottare una legge di buon senso votata in maniera trasversale dai partiti”. La Corte europea dei diritti umani, accogliendo il suo ricorso, adesso ha stabilito che l’Italia deve (dovrebbe) introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso.
La vicenda comincia otto anni fa, quando Oliari decide di raccogliere la sfida lanciata dall’associazione Certi Diritti: “Sono andato al Comune di Trento per chiedere le pubblicazioni matrimoniali ma mi hanno risposto con un diniego dicendo che il matrimonio è solo tra uomo e donna, ho fatto ricorso sostenendo che questa definizione non sta scritta da nessuna parte nella Costituzione. Ho perso anche in appello ma nella sentenza si esprimevano dubbi per cui nel 2010 mi sono appellato alla Corte costituzionale, in quel caso dissero che non avevamo torto ma che era il parlamento a dover legiferare, per questo nel 2011 abbiamo deciso di rivolgersi al Corte europea. Ed ora eccoci qui, con una sentenza che non poteva capitare nel momento migliore”. Però non è fiducioso, anzi, teme che il parlamento produrrà un pastrocchio al ribasso. Bada al sodo: “Magari non ammetteranno la reversibilità delle pensioni, ma il principio che a noi sta a cuore è l’uguaglianza, le coppie omosessuali pagano le tasse e vogliono gli stessi diritti”.
Come può un omosessuale sentirsi affine alla cultura espressa dalla destra italiana? Per tutta la vita si è sentito rivolgere la stessa domanda, da sinistra: “Non capisco perché la destra su certi temi non possa esprimere una cultura libertaria. Non esiste solo il machismo più becero alla Matteo Salvini, se essere di destra significa dare del frocio a tutti allora la destra è finita”. Teoricamente ci sta, ma si capisce che il suo percorso politico deve essere stato accidentato. Ha subìto molte discriminazioni ma ha tenuto duro. Quando era nel Msi un dirigente chiese la sua espulsione ma l’astro nascente Gianfranco Fini intervenne in suo favore, “una posizione coraggiosa”. A preservarlo dalla cultura più reazionaria di certa destra, spiega Oliari, forse è stata la realtà sociale del Trentino Alto Adige, “ammetto che quel contesto è molto meno discriminante di altri luoghi in Italia, io grossi problemi non ne ho avuti”. La sua regione, spiega, è anche stata la “culla” del suo essere di destra. Abitava a Bolzano, il Msi era il partito “di raccolta dell’etnia italiana”, e l’idea dell’identità nazionale in quei luoghi era importante. Nell’amore, almeno quello, la politica non conta. Al suo compagno non interessano né la destra né la sinistra.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento