Cultura

Gangster contro alieni alle radici del noir russo

Gangster contro alieni alle radici del noir russoArkadij e Boris Strugackij, fratelli e scrittori, che hanno firmato per trent’anni decine di opere

In libreria «L’albergo dell’alpinista morto», per Carbonio. Il bizzarro poliziesco (uscito in Urss nel 1970) di Arkadij e Boris Strugackij, figure della science fiction sovietica

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 19 agosto 2022

«Avevo la testa rintronata. Ero stanco, arrabbiato e, soprattutto, non provavo alcun entusiasmo nell’iniziare una caccia. Capivo fin troppo bene che quest’affare era al di sopra delle mie capacità. Non intravvedevo il minimo spiraglio».

DIFFICILE DAR TORTO all’ispettore Peter Glebski che durante una breve vacanza in montagna non solo resta isolato a causa della neve ma si imbatte in un mistero dalla soluzione pressoché impossibile. Passi infatti per i curiosi personaggi che lo circondano, tra i quali uno scienziato che si arrampica sulle pareti, un noto illusionista e perfino un San Bernardo destinato ad imparare a leggere, ma quando un «enigma della camera chiusa», un omicidio in apparenza senza colpevoli sconfina in uno scontro tra gangster e alieni è chiaro che anche per il povero poliziotto russo è davvero troppo.

Nulla è come appare, né l’intreccio, né i personaggi, né tantomeno lo scenario di questo romanzo. Del resto, gli autori de L’albergo dell’alpinista morto, che Carbonio propone per la prima volta nel nostro Paese a cinquant’anni dalla prima uscita (pp. 240, euro 16,50, traduzione di Daniela Liberti), Arkadij e Boris Strugackij, non erano certo frequentatori abituali del noir.

TRA I PROTAGONISTI della fantascienza sovietica, i fratelli Strugackij hanno legato il proprio nome a storie visionarie dove, come era costume per la narrativa di genere d’oltrecortina, «il sogno» si misurava con gli elementi della scienza o del quadro politico – in genere immaginando l’espansione dell’Urss in tutte le galassie. Formatisi, il primo, scomparso nel 1991, nell’esercito e nello studio delle lingue orientali, su tutte il giapponese e il secondo, morto nel 2012, nella facoltà di Matematica e meccanica dell’Università di Leningrado, con una tesi in astronomia, «gli Strugackij» hanno firmato fin dagli anni ’60 romanzi come È difficile essere un dio, Picnic sul ciglio della strada (dal quale Andrej Tarkovskij ha tratto il film Stalker), Un miliardo di anni prima della fine del mondo, La chiocciola sul pendio, L’isola abitata, La città condannata (gli ultimi tre riproposti da Carbonio).

IN UN PAESE nel quale la science fiction rappresentava a un tempo un genere letterario popolare e una sorta di metafora della resistenza al potere, la sorte delle loro opere seguì il corso delle vicende politiche. Così, se il loro debutto coincide con la stagione del disgelo kruscioviano, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del decennio successivo, fanno seguito i primi problemi con la censura nell’epoca dominata dalla figura di Breznev, fino all’aperto boicottaggio dei loro romanzi, proprio mentre quei testi venivano tradotti e apprezzati sempre più spesso in Occidente.

Solo nella seconda metà degli anni ’80, il periodo della glasnost di Gorbaciov, molte delle loro opere rimaste a lungo nel cassetto a causa del controllo della censura o di una forma prudente di auto-censura da parte degli stessi autori, verranno pubblicate e in edizioni integrali senza le manomissioni subite in precedenza ad opera dei funzionari del Cremlino.

Anche ne L’albergo dell’alpinista morto, pubblicato originariamente nel 1970 e pensato sia come un divertissement che come un tentativo di riprendere la traccia introdotta da Friedrich Dürrenmatt con La promessa (1957), romanzo che recava non a caso come sottotitolo «Requiem per il romanzo giallo», la censura sovietica volle mettere lo zampino. Come scrive Boris Strugackij nella postfazione al romanzo, «fu chiaro che avevamo esagerato con l’antipolitica e l’asocialità. Fu chiaro che i caporedattori (delle riviste letterarie, nda) non riscontravano nel racconto abbastanza riferimenti alla lotta: di classe, per la pace, la lotta delle idee, in generale qualsiasi genere di lotta. La battaglia dell’ispettore Glebski con se stesso non la presero nemmeno in considerazione. E ci chiedevano di introdurre nella trama almeno i neonazisti al posto di volgari gangster».

Quando, alla fine, la storia venne pubblicata, si era in piena campagna contro l’alcolismo, così, «Glebski beve del caffè in boccali esageratamente grandi, gli stessi con i quali nell’originale beveva invece il vin brulé».

IN UNA MISCELA DI POLIZIESCO, i fratelli-scrittori amavano i classici come Christie, Poe e Conan Doyle, science fiction, grottesco e umorismo, L’albergo dell’alpinista morto conserva a più di mezzo secolo dalla sua prima edizione tutta la freschezza e l’originalità di uno stile che lo pone, certamente malgrado la volontà degli stessi autori, all’origine dell’odierna fioritura del poliziesco postsovietico.

Perché, come amava ripetere Arkadij Strugackij, «l’umanità è turbata da una moltitudine di inquietudini, globali, morali, che coinvolgono tutti. Come tradurle nel linguaggio della letteratura?». E la risposta che lo scrittore insieme al fratello Boris si è dato lungo una carriera durata trent’anni, aveva il nome di «fantascienza», «più un modo di pensare» che uno stile letterario, qualcosa che, come questo romanzo, si avvicina «allo studio dell’uomo in quanto tale».

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