Matteo Salvini, foto LaPresse
Matteo Salvini
Politica

Fuoco incrociato su Salvini. Il leader rischia davvero solo dopo le europee

Lega in affanno Il direttivo veneto: sì all’espulsione dell’eurodeputato Da Re. Ha dato del «cretino» al leader
Pubblicato 7 mesi faEdizione del 8 marzo 2024

Sant’Umberto aiutaci tu. La rivolta nordica nel cuore della Lega Nord cova davvero ma di possibilità ne ha ben poche. Forse la situazione cambierebbe se a farsi sentire fosse il padre fondatore ma per il momento Umberto Bossi non si espone troppo. Ieri a Montecitorio è stata annunciata la nascita della lista Libertà. Mette insieme la formazione di Cateno De Luca Sud chiama Nord e il Partito popolare per il nord dell’ex pezzo grosso del Carroccio e ministro della Giustizia Enrico Castelli. Sia Castelli che De Luca si tengono in contatto con Bossi. La presidente di Sud chiama Nord Castelli assicura di avere il telefono intasato dalle chiamate di leghisti infuriati con il segretario.

Alla fine il senatur si fa sentire, chiaro ma anche cauto: «Sono preoccupato e non solo per la Lega. Ma il centrodestra terrà botta e Giancarlo Giorgetti è il migliore. Salvini ha le sue idee, ma bisogna vedere se sono quelle giuste e con il Comitato del Nord stiamo cercando di rimettere a posto la Lega. La questione Nord va ripresa».

Castelli ovviamente è più drastico: «Con meno del 6% Salvini va a casa». Il suo alleato De Luca, sindaco di Taormina, mira al 5% e potrà presentare le liste senza dover affrontare l’impresa quasi impossibile di raccogliere 150mila firme. La sua formazione dispone di un senatore e grazie a un emendamento approvato col beneplacito di FdI potrà godere della deroga alla regola-cappio che impone la raccolta delle firme. Un dispettuccio di Giorgia Meloni: i voti dell’asse tra De Luca e Castelli saranno comunque scippati al Carroccio.

A rinfocolare l’ira dei bossiani c’è naturalmente il caso Da Re. Ieri sera il Direttivo regionale ha approvato la richiesta di espulsione dell’ex segretario della Liga veneta e europarlamentare uscente senza possibilità di conferma, reo di aver dato del «cretino» a Salvini in pubblica intervista.

È probabile che quelli di Da Re non siano stati un termine e un giudizio complessivo dal sen fuggiti. Furibondo per esser stato escluso dal ristretto numero degli eurodeputati che torneranno a Strasburgo – da 29 di cui dispone oggi la Lega non andrà probabilmente oltre i 6 – il leghista della prima ora ha forse deciso di giocarsi il tutto per tutto con un’uscita che sapeva perfettamente avrebbe implicato la sanzione più severa. Ora la Liga veneta aprirà il procedimento e Da Re ha fatto sapere che non farà appello al Consiglio di disciplina e garanzia del partito.

Ma neppure la ribellione latente nel Veneto, dovuta in buona parte al tentativo di mettere fuori gioco Zaia con quella bocciatura del terzo mandato che Salvini non riesce a contrastare, basterà per defenestrare un leader che resta la sola risorsa di cui una Lega ormai esangue disponga. Le europee potrebbero cambiare radicalmente il quadro, soprattutto se Fi riuscirà nell’impresa un anno fa inimmaginabile di sorpassare il Carroccio.

Ma lo stesso Salvini punta sulle europee: non nel quadro italiano ma in quello dell’Unione. Conta di ritrovarsi tra i vertici di un eurogruppo, quello di Identità e Democrazia, molto forte e potrà farlo valere anche in Italia e in casa sua. Non a caso ieri la Lega ha accolto la notizia della ricandidatura ufficiali di Ursula von der Leyen, amica e alleata di Meloni, aprendo il fuoco ad alzo zero: «Le politiche folli di questa sciagurata Commissione stanno distruggendo l’Europa».

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