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Frodi al Cpr milanese di via Corelli. E il caso Macomer arriva alla Camera

Frodi al Cpr milanese di via Corelli. E il caso Macomer arriva alla CameraIl Cpr di via Corelli a Milano

Immigrazione Il vuoto di diritto anche nelle strutture italiane. L’inchiesta della procura parla di condizioni «disumane» e «infernali»

Pubblicato circa 8 ore faEdizione del 15 ottobre 2024

Non bisogna andare oltre le nuove sbarre d’Albania, per scoprire che i centri per migranti sono buchi neri dello stato di diritto. Le indagini e le testimonianze si susseguono da anni, fin dai tempi in cui queste strutture si chiamavano Cpt (Centri di permanenza temporanea). Uno dei primi ad aprire, ormai quasi venticinque anni fa e in mezzo a contestazioni anche clamorose e di massa fu quello milanese di via Corelli. Nel quale adesso, secondo le indagini dei pm Paolo Storari e Giovanna Cavalleri e del Nucleo di polizia economica finanziaria della Gdf, i migranti sarebbero stati rinchiusi in condizioni «disumane» e «infernali».

Due migranti sono stati ammessi come parti civili e altri hanno annunciato che si costituiranno nell’udienza davanti al gup a carico di Alessandro Forlenza e Consiglia Caruso, amministratori di fatto e di diritto della Martinina Srl e accusati di frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta. Come parti civili sono state ammesse anche le associazioni Naga e BeFree, che da tempo si occupano dei Cpr e denunciano le condizioni in cui sono trattenuti i migranti. Forlenza, difesa dall’avvocato ed ex pm Antonio Ingroia, ha chiesto di patteggiare un anno e 8 mesi mentre la Martinina ha chiesto un patteggiamento a 15 mila euro di sanzione pecuniaria con interdizione dal contrattare con la pubblica amministrazione per 20 mesi.

Il 13 dicembre scorso i pm avevano ottenuto il sequestro del ramo di azienda della Martinina che gestiva il Cpr. Le indagini avevano fatto emergere una situazione per la quale si è reso necessario nominare un amministratore giudiziario. Le carte dell’accusa parlano di «cibo pieno di vermi», assenza di mediatori culturali e linguistici, l’uso costante di psicofarmaci, letti e bagni fatiscenti. Forlenza risponde di altre imputazioni: da «amministratore di fatto di Engel Italia srl e Martinina» avrebbe presentato «documentazione contraffatta» partecipando ad altre gare d’appalto sulla gestione di centri di accoglienza per stranieri richiedenti asilo, tra Milano, Salerno, Brindisi e Taranto. L’udienza preliminare è stata aggiornata al 18 dicembre, anche perché si attende il passaggio di consegne tra l’amministratore giudiziario (una relazione sarà depositata nelle prossime settimane) e la nuova società che ha vinto il bando per la gestione del centro.

Naga ha avuto un ruolo anche nella denuncia delle condizioni del Cpr di Macomer, in Sardegna. Proprio oggi, alla sala stampa della Camera dei deputati, la deputata di Alleanza Verdi Sinistra Francesca Ghirra presenterà il report: «A porte chiuse. La violenza del Cpr di Macomer tra punizioni e razzializzazione», curato dall’associazione milanese e dalla rete «Mai più Lager – No ai Cpr» sulla base delle denunce arrivate al centralino Sos dell’Associazione. Ghirra ha svolto una prima ispezione nel Centro già lo scorso 23 marzo: «È del tutto inadeguata – racconta – Ci sono inadempienze da parte della cooperativa che gestisce i servizi. I migranti sono sbattuti lì dentro senza fare nulla: è peggio di un carcere». La struttura era in effetti nata come carcere di massima sicurezza. Adesso ha una cinquantina di posti occupati da persone che non hanno commesso alcun reato e si ritrovano recluse con le storie più svariate (si va dal lavoratore migrante perfettamente inserito in attesa di rinnovo di permesso di soggiorno alle situazioni borderline di marginalità estrema) un cortile lastricato di cemento. «I migranti detenuti – spiega ancora Ghirra – non sono informati dai loro diritti. La situazione è deficitaria dal punto di vista sanitario, ci sono persone che vi sono entrare con patologie già diagnosticate e non sono state curate. Chi non è matto rischia di diventarlo. Noi chiediamo che questi posti debbano essere chiusi».

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