Sono passati più di quaranta anni da quando L’esorcista terrorizzò gli spettatori di tutto il mondo basandosi sul romanzo di William Peter Blatty, curioso già nella sua genesi. Tutto era nato da un articolo del Washington Post del 1949 in cui si parlava dell’esorcismo di un ragazzino posseduto. Un’idea frullata a lungo nella zucca di Blatty, che intendeva raccontare la cronaca di quell’evento. Ma i genitori del ragazzo non lo autorizzarono. E il sacerdote che aveva compiuto l’esorcismo e glielo aveva raccontato gli disse che a quel punto non poteva pubblicare assolutamente nulla, ma gli mise nell’orecchio la pulce «solo una cosa ti posso dire: è tutto vero». E Blatty nel 1971 passa dall’ipotesi di cronaca al romanzo libero di raccontare tutte le nefandezze demoniache del caso cambiando i riferimenti. Due anni dopo William Friedkin realizza il suo film.

E lo stesso Friedkin in apertura del documentario The Devil and Father Amorth (presentato fuori concorso) ripercorre i luoghi del suo film e racconta di come all’epoca non avesse mai visto un esorcismo, per lui era pura fiction. Poi scopre che il suo film ha spaventato fortemente, ma ha anche avuto forti apprezzamenti da parte di chi quelle cose le pratica davvero.

E allora dalla scala di fianco alla stanza dell’indemoniata Linda Blair a Washington, passa direttamente a Roma alla scala Santa di fianco a san Giovanni Laterano. Lì ha operato per decenni padre Amorth, il massimo esorcista vaticano, pensionato al momento delle riprese, ma talvolta ancora attivo nei suoi match contro il diavolo. E Friedkin gli chiede di poter assistere a una sessione di esorcismo. Risposta affermativa a condizione che non vengano piazzate luci e che sia solo il regista con una telecamera a presenziare. Si tratta di una donna di Alatri, ormai al nono tentativo di espulsione diabolica.

La stanza è piuttosto grande, oltre a padre Amorth e alcuni suoi assistenti, sono presenti diversi parenti della donna. Il sacerdote cerca di farsi beffe del demonio, pare lo spirito maligno non ami essere sbeffeggiato, poi inizia la pratica vera e propria con la donna che va in trance, ondeggia il capo, cerca ripetutamente di scagliarsi verso l’esorcista, trattenuta da più persone, e risponde con voce alterata e urla. Nonostante i santi, Gesù, la Madonna, il male non vuole saperne di mollare quella persona. Friedkin si è documentato, ma vuole conferme, quindi consulta neurologi, psichiatri, vescovi e fornisce risposte piuttosto interessanti, per esempio che ci sono posseduti in molte delle religioni più diffuse e che la scienza non è ancora in grado di fornire tutte le risposte.

Nel frattempo padre Amorth, ultranovantenne muore, come Blatty, mentre la donna dell’esorcismo è ancora posseduta e dopo avere accettato di rilasciare un’intervista a Friedkin lo minaccia di morte. E il regista sa come confezionare il racconto, quindi musiche adeguate e inquietanti, macchina che si muove come se fosse posseduta. Le certezze sfumano, anche perché incidono molto le condizioni ambientali e culturali oltre a quelle religiose. Insomma non bisogna avere paura del demonio, anche perché se ha deciso di prendere alloggio con il suo spirito in un corpo è piuttosto complicato riuscire a sfrattarlo. Comunque un consiglio è d’obbligo: per farlo arrabbiare prendetelo in giro, basta anche la mano sul naso con le dita in movimento.