Francia, via la sinistra ma non basta: la crisi ora si chiama Macron
Francia «Incontrerò chiunque lavori per il paese»: dopo il niet a Melenchon (celebrato da Confindustria) l’agenda del presidente sembra vuota. «Nessun governo che prolunghi le sue politiche»: persino i socialisti presentano il conto
Francia «Incontrerò chiunque lavori per il paese»: dopo il niet a Melenchon (celebrato da Confindustria) l’agenda del presidente sembra vuota. «Nessun governo che prolunghi le sue politiche»: persino i socialisti presentano il conto
Oggi Emmanuel Macron riceve il presidente tedesco Franz-Walter Steinmeier per la cerimonia di apertura dei Giochi Paraolimpici a Parigi. Ieri, accanto al taoseach Simon Harris, primo ministro irlandese, il presidente ha affermato che all’Eliseo «la porta è aperta» a «coloro che vogliono lavorare per gli interessi superiori del paese» e «i lavori continuano» per trovare una coalizione che possa governare la Francia, con un parlamento diviso in tre blocchi.
INTANTO MACRON INCASSA l’espressione di sollievo del Medef (la Confindustria francese): il presidente del padronato, Patrick Martin, si è detto «rassicurato» per il niet del presidente all’ipotesi di un governo guidato dalla candidata della sinistra Lucie Castets, sospettata di voler “disfare” tutta la politica pro-business messa in opera negli ultimi sette anni. Il secondo round delle “consultazioni”, ieri, è stato modesto: hanno salito i gradini della cour d’honneur dell’Eliseo i rappresentanti del gruppo Liot (oltremare e territori), che rivelano che ci sarà una decisione sul primo ministro a breve, nel fine settimana, di ritorno dal viaggio in Serbia, venerdì. Poi c’è stato un pranzo con François Bayrou, del MoDem (il gran manitou della coalizione macronista), che ha criticato la centralità del dialogo con i partiti privilegiato da Macron. Oggi dovrebbero presentarsi i Républicains, che hanno già presentato un «patto legislativo» in una ricetta molto maison, senza aperture alle altre forze politiche, nell’illusione di preservare le (poche) chances di Laurent Wauquiez come candidato alle presidenziali del 2027 – l’ossessione di tutti i leader che mina la politica francese.
MISTERO SUGLI INVITI delle consultazioni, nessuna certezza per gli ex presidenti François Hollande e Nicolas Sarkozy, come sulle «personalità che si sono distinte al servizio dello stato» evocate alla vigilia da Macron. Circolano voci su possibili candidati, soprattutto personalità “tecniche” (come Didier Migaud, già presidente della commissione finanza dell’Assemblée Nationale dal 2007 al 2010 e poi primo presidente della Corte dei Conti).
Ma la novità di ieri è stata l’esplosione alla luce del sole della divisione nel Partito socialista. Alla riunione del bureau politico, forzata dall’opposizione interna al segretario Olivier Faure, c’è stata contestazione per il gran rifiuto di partecipare al secondo round delle consultazioni, sulla scia della France Insoumise. Il segretario nazionale e portavoce del Ps, Pierre Jouvet, ha spiegato l’assenza dei socialisti ai cortei convocati dalla France Insoumise per il 7 settembre: «Ci sono altre cose da fare che una manifestazione, l’urgenza è la discussione politica», pur dichiarandosi «inquieto per le scelte di Macron» della vigilia, che ha chiuso la porta a un governo a guida Lucie Castets. Anche se i parlamentari socialisti francesi e l’Ufficio politico del Ps si sono pronunciati a stragrande maggioranza a favore della sfiducia «di qualsiasi governo che prolunghi la politica del presidente Macron». Al contrario Marine Tondellier, leader dei Verdi, ha confermato ieri sera la partecipazione degli ecolo alle manifestazioni, per protestare contro «un simulacro di concertazione» messo in scena da Macron all’Eliseo. Nel Ps, Hélène Geoffroy, sindaca di Vaux-en-Velin (periferia di Lione), e capofila di una corrente di opposizione a Faure, ha avvertito: «Ci sarà rimproverato dagli elettori di non aver provato fino in fondo» a trattare con altre forze politiche per formare una coalizione.
GEOFFROY CHIEDE di «riprendere le discussioni» all’Eliseo, per «cercare ancora una soluzione per un primo ministro socialista o social-democratico che ci permetterebbe di applicare misure immediate di pacificazione del quotidiano degli abitanti delle nostre città». Nicolas Mayer-Rossignol, sindaco di Rouen e capo di un’altra corrente Ps opposta alla direzione Faure, chiede che la «concertazione» continui con l’Eliseo. Si dice «pragmatico», né «nell’oltraggio di Mélenchon», né «al seguito di Macron», ma senza «rifiutare tutto e chiudersi nell’angolo«, perché se non si assumono le responsabilità politiche aperte dal voto del 7 luglio, «la prossima volta sarà il Rassemblement National».
Nel Ps, sono maggioranza le voci che rifiutano l’adesione alla protesta di piazza, dopo aver respinto l’idea di chiedere le dimissioni di Macron, avanzata dagli insoumis.
L’EX PRESIDENTE François Hollande ha fatto sapere a Macron che una riforma che introduce il proporzionale potrebbe essere un punto di intesa, favorirebbe lo sganciamento dei socialisti dall’alleanza con la France Insoumise, un obiettivo del presidente. Il ministro degli Interni dimissionario, Gérald Darmanin (che viene dalla destra), ha lanciato un appello al Ps: «Siate responsabili», per una «ampia coalizione», un «accordo su un minimo» per «permettere alla Francia di funzionare».
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