Mentre in Italia, sul fronte dei diritti umani del fine vita, la politica non riesce a stare al passo delle istanze dei cittadini e fa orecchie da mercante davanti ai moniti della Corte costituzionale, arrivando perfino ad ignorare una sentenza emessa nel 2019 che riconosce i diritti di chi chiede una «dolce morte» e crea un vuoto legislativo ancora in attesa di essere colmato, in Francia da venerdì si è aperta una «Convention» straordinaria di cittadini che dovrà decidere come legalizzare l’assistenza attiva alla morte.

Per tre giorni alla settimana, fino al 19 marzo 2023, 185 cittadine e cittadini estratti a sorte si riuniranno presso il Consiglio Economico, Sociale e Ambientale (Cese), a Parigi, per riprodurre in piccolo il dibattito che anima da tempo l’intero Paese e dare infine una risposta concreta alla domanda ribadita dalla prima ministra Elisabeth Borne che ha aperto i lavori: «Il quadro normativo francese sul fine vita è adattato alle diverse situazioni riscontrate nella società attuale o dovrebbero essere introdotte modifiche?».

Suicidio assistito o eutanasia? Su questo si interrogano ormai governo e istituzioni francesi dopo che nel settembre scorso il Comitato consultivo nazionale di etica (Ccne) aveva raccomandato al parlamento di rafforzare le misure di sanità pubblica nel campo delle cure palliative e di aggiornare l’attuale legge Claeys-Leonetti (che vieta il suicidio medicalmente assistito ma consente la sedazione profonda e continuata fino alla morte per i malati terminali molto sofferenti) sul solco di «un’applicazione etica dell’assistenza attiva nel morire».

In questa prima sessione che si concluderà oggi, il congresso – che il presidente Macron ha definito «una straordinaria innovazione democratica», anche se si è riservato di non seguire alla lettera le indicazioni che ne verranno – ha lo scopo primario di consentire ai cittadini estratti a sorte (che hanno accettato) di «assumere la titolarità del proprio mandato», lavorando in gruppo per 27 giorni. Un tempo «per discutere e pensare», ha detto Thierry Beaudet, il presidente del Cese, «molto più lungo di quello che ha la maggior parte dei parlamentari quando redige una legge». La prima ministra Borne ha incoraggiato i partecipanti ad esprimersi in massima libertà e a non evitare il confronto, anche acceso, con gli altri partecipanti. I cittadini sono stati scelti in sei fasce di età, dai 18 anni in su, provenienti da varie tipologie di aree urbane e rurali, di diverse estrazioni culturali e socio-professionali. Mescolati e assemblati in gruppi che mantengano la proporzione e la ripartizione della società francese.

Si chiama democrazia aleatoria, un modo di rafforzare la democrazia parlamentare già in uso nel Regno Unito, in Irlanda, in Svizzera, in Belgio e in città come Madrid ma perfino Danzica e Lublino, in Polonia. Un metodo che in Italia è stato proposto – ma neppure preso tanto in considerazione dai media – da Eumans, il movimento paneuropeo fondato da Marco Cappato. Con un piccolo ma significativo esperimento pioniere a Capannori (Lucca), nel lontano 2011.