Un «fallimento», per l’intersindacale. Un incontro «inutile» per la neo-segretaria della Cgt, Sophie Binet. Una «crisi sociale si è trasformata in una crisi democratica», ha commentato Laurent Berger della Cfdt. Dopo 55 minuti di dialogo tra sordi i sindacati sono usciti dall’incontro con la prima ministra, Elisebeth Borne, constatando un nulla di fatto: il governo non ritira la riforma delle pensioni, mentre i sindacati non accettano di aprire altri tavoli di trattative fino a quando non verrà annullata la legge dei 64 anni contestata dalla piazza e dall’opinione pubblica. Oggi, c’è l’undicesima giornata di protesta contro la riforma, con cortei in tutta la Francia e scioperi. In attesa del parere del Consiglio Costituzionale, il 14 aprile, sul contenuto della legge e sulla fattibilità del Rip (referendum di iniziativa condivisa) chiesto dalla sinistra.

L’Eliseo fa sapere che Emmanuel Macron «incontrerà i sindacati nelle prossime settimane». La situazione è in stallo. Il governo è paralizzato, Borne non trova alleati.

«Abbiamo ridetto alla prima ministra che non c’è altra soluzione democratica al di là del ritiro del testo», ha precisato per l’intersindacale Cyril Chabanier della Cftc. Il leader Berger si appella ai saggi per un parere politico: «Tocca al Consiglio Costituzionale, che rispettiamo e che mettiamo sotto pressione, capire che oggi la nostra democrazia ha bisogno di pacificazione e che la pacificazione significa non applicare il testo».

Sophie Binet, 41 anni, eletta a sorpresa lo scorso fine settimana alla testa della Cgt alla conclusione di un congresso difficile che ha spazzato via sia la candidata (Marie Buisson) dell’ex segretario Martinez che la rivale (Céline Verzeletti) spinta dalle federazioni dissidenti, prosegue nella linea dell’unità sindacale ma alza i toni: «La nostra presenza qui prova il nostro senso di responsabilità e di dialogo, mentre abbiamo trovato di fronte a noi un governo radicalizzato, ottuso e disconnesso».

Binet, dirigente scolastica della Cgt-quadri, ex dell’Unef (organizzazione studentesca vicina al Ps), militante ai tempi della lotta contro il Cpe (2006, contratto di primo impiego, ritirato dal governo sotto la pressione della piazza) ha ammesso di essere stata eletta in un «congresso difficile, complicato», a volte «violento», dove Martinez non ha ottenuto l’approvazione della sua gestione. Binet, femminista che intende portare avanti il legame “«tra lotte sociali e ambientali», è affiancata da Laurent Brun (ferrovie), che rappresenta la vecchia guardia e si oppone alla collaborazione con le ong ambientaliste. Per lo specialista del mondo sindacale, Jean-Marie Pernot, la nuova direzione della Cgt corre il rischio di avere Binet come «immagine esterna», moderna, mentre all’interno le federazioni continueranno ad agire in autonomia. Binet ha accusato il governo di avere «una strategia ultra violenta e irresponsabile», di essere «responsabile del disordine».

Sulle violenze della polizia, nelle manifestazioni e a Sante-Soline attorno al “bacino” contestato di raccolta d’acqua per uso agricolo (un manifestante è ancora in coma), ha contrattaccato ieri al Parlamento il ministro degli Interni, dopo le critiche emesse persino dall’Onu e dal Consiglio d’Europa. Gérald Darmanin ha minacciato di tagliare i fondi alla Lega dei Diritti dell’uomo, che protesta per la repressione. Per Darmanin le responsabilità sono tutte dell’ «ultra sinistra», che ha «infiltrato il movimento sociale, ne ha preso la direzione». Darmanin parla di «terrorismo intellettuale dell’estrema sinistra», che «rovescia i valori, i casseurs diventano gli aggrediti e i poliziotti gli aggressori». Il ministro ha affermato che sono aperte 41 inchieste sul comportamento della polizia. Al Difensore dei diritti, Claire Hédon, sono stati presentati 90 reclami. Polemiche ieri all’Assemblée nationale sulla domanda di dissoluzione della Brav-M, la squadra di poliziotti in moto, accusati di violenze (una petizione ha raccolto 262mila firme).

Di fronte a un governo a pezzi e impotente, la forza è nell’unità sindacale. La sinistra invece attraversa un momento di turbolenza, esasperato dal voto in Ariège, un’elezione suppletiva per un seggio all’Assemblea: la candidata del Ps dissidente, Martine Froger, ha sconfitto al ballottaggio l’esponente della Nupes. Per Mélenchon, ha vinto una «sinistra che non è la sinistra», appoggiata dal partito di Macron, che non merita «nessuna benevolenza». Il vecchio Ps cerca di ricostruirsi al di fuori della Nupes e contro la direzione di Olivier Faure.