Nonostante manifestazioni e scioperi, il governo francese procede sulla riforma delle pensioni. Il Senato ha infatti approvato, con 201 voti favorevoli e 115 contrari, l’articolo chiave – il 7 – del provvedimento che innalza l’età di pensionamento da 62 a 64 anni.

Ma i sindacati rilanciano la propria offensiva con una lettera indirizzata al presidente Emmanuel Macron e due nuove giornate di sciopero nazionale, domani e il 15 marzo. Nella missiva trasmessa all’Eliseo, l’intersindacale costituita da otto organizzazioni dei lavoratori e da cinque degli studenti critica il «silenzio dell’esecutivo di fronte a un movimento sociale di tale entità», valutandolo come «un grave problema democratico».

Dal 19 gennaio, le giornate di mobilitazione sono state sei, con un’adesione massiccia in tutta la Francia e in tutti i settori professionali, sia nel privato che nel pubblico, col sostegno della popolazione. «Eppure lei e il suo governo rimanete in silenzio davanti all’espressione di questo potente movimento sociale. Per le nostre organizzazioni questa mancata risposta costituisce un grave problema democratico, porta inevitabilmente a una situazione che potrebbe diventare esplosiva», affermano nel comunicato diretto alla presidenza francese. «Nell’urgenza di questo momento, e nella gravità delle sue conseguenze», arriva «la richiesta di incontrarvi». Ma Macron ha già detto di no.

Dopo la mobilitazione del 7 marzo, la Francia è ancora alle prese con movimenti di protesta in diversi settori, in particolare nei trasporti e l’energia. Ieri azione «sobrietà energetica» rivendicata dalla Cgt: un blackout allo Stade de France a Saint Denis e al villaggio olimpico.