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Francia e Norvegia, prove di depenalizzazione

Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 febbraio 2018

Dopo i sostanziali cambiamenti nelle politiche delle droghe, e non solo di quelle riguardanti la cannabis, in alcuni Paesi come l’Uruguay, in diversi Stati degli USA e recentemente in Canada, alcuni segni di cedimento si cominciano a vedere anche nelle roccaforti del proibizionismo e della repressione.

Un chiaro esempio di presa di distanza dalla posizione storicamente compatta dei paesi scandinavi è il voto a larghissima maggioranza del parlamento norvegese – cioè di un Paese con un altissimo tasso di mortalità da droghe – con il quale si chiede al governo di cambiare strada, aprendo alla depenalizzazione del possesso e dell’uso personale di droga.

Ovviamente siamo ben lontani da una legalizzazione anche della sola cannabis, mentre le dichiarazioni del vicepresidente della suddetta commissione chiaramente indicano l’intenzione di trattare i consumatori di droghe come dei malati: un passaggio dalla repressione alla medicalizzazione che desta non poche perplessità.

Un altro esempio significativo riguarda la Francia, dove le pene per possesso e uso personale di droga sono particolarmente severe e dove la polizia è spesso accusata di discriminazioni che penalizzano i soggetti delle classi sfavorite e in particolare quelli di colore.

Il governo, attraverso la Commissione Giustizia dell’Assemblea Nazionale, ha commissionato a due parlamentari uno studio delle politiche francesi per le droghe, con l’obiettivo di alleviare il carico eccessivo causato da tali politiche sul sistema penale francese.

Il primo, del partito al governo di Macron, si è già pronunciato a favore di una ammenda fissa tra 150 e 200 euro per l’uso personale e possesso di droga, tuttavia col passaggio del caso alla giustizia penale in caso di mancato pagamento entro una data scadenza.

Il secondo, del partito repubblicano di opposizione di centro-destra, si è invece pronunciato a favore di una depenalizzazione tout court, con ammende di ammontare crescente nelle successive «ricadute» del soggetto, ma mai col rinvio del medesimo al giudice penale. Anche qui siamo ben lontani da una ipotesi di legalizzazione; ma dato che la legge francese non fa distinzione tra cannabis e altre sostanze la seconda proposta comporterebbe una depenalizzazione del possesso e dell’uso personale di tutte le droghe.

Anche qui non sono mancate le critiche: a parte il fatto che lo scopo dell’iniziativa è quello di alleggerire il carico della giustizia penale, e non di alleviare i danni provocati dalla penalizzazione degli utilizzatori di droghe, soprattutto la proposta del parlamentare governativo rischia di perpetuare la discriminazione nel sistema della giustizia penale; cioè le stesse persone seguiterebbero a essere arrestate e perseguitate per possesso e uso di droga, particolarmente i giovani dei quartieri impoveriti, con conseguente rinfocolamento delle tensioni tra tali popolazioni e le forze dell’ordine.

Infine merita la massima attenzione lo scontro che si è aperto negli Usa con la dichiarazione di guerra del governo federale non solo agli Stati che hanno legalizzato la cannabis ricreativa ma anche a quelli più numerosi che sinora si sono limitati ad autorizzarne l’uso terapeutico.

La Casa Bianca resta cioè la principale roccaforte proibizionista: e questo, in barba alle molte analisi che hanno documentato le ricadute positive della legalizzazione, sino a quella minuziosa della Drug Policy Alliance.

L’esito di tale scontro avrà importanti ricadute al livello internazionale e sui molti «sospesi» che attendono la nostra prossima legislatura.

Sul sito di Fuoriluogo maggiori informazioni sulle iniziative in Francia e Norvegia e il testo inglese e una sintesi del rapporto della Drug Policy Alliance

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