Frammenti di prosa attorno a un colore: Maggie Nelson, memoir caleidoscopico
Alias Domenica

Frammenti di prosa attorno a un colore: Maggie Nelson, memoir caleidoscopico

Scrittrici statunitensi «Bluets», da Nottetempo
Pubblicato 11 mesi faEdizione del 10 dicembre 2023

La fusione tra autobiografia, memoir, e filosofia non è una novità nella teoria femminista, come testimonia la tradizione rappresentata da scritture che vanno da Terre di confine di Gloria Anzaldùa a Testo tossico di Paul Preciado; ma nei libri di Maggie Nelson questo impulso autoetnografico sfocia in una forma stilisticamente originale, in cui la concisione e la ricercatezza del dettato poetico vengono elaborate in una serie di «proposizioni»: brevi testi che, come frammenti di un caleidoscopio, fanno emergere un disegno in costante trasformazione. Raccontare una storia cercando di fare a meno delle strutture narrative convenzionali è la sfida che Nelson affronta in Bluets (prefazione e eccellente traduzione di Alessandra Castellazzi, Nottetempo, pp. 102, euro 14,00) pubblicato sulla scia del successo internazionale di Gli argonauti.

Nata a San Francisco nel 1973, Maggie Nelson ha esordito come poeta nel 2001, per poi diventare una delle esponenti più celebri dell’autoteoria, forma artistica che gode da un decennio di grande prestigio nel mondo del femminismo queer. Qui, tra le pagine di Bluets, descrive la sua ossessione per il blue, termine che in inglese evoca, oltre al blu (e all’azzurro) significati che includono la tristezza, l’oscenità e l’ubriachezza.
Scrive Nelson nella proposizione 2: «Dunque mi sono innamorata di un colore – in questo caso, il blu – come se mi avessero lanciato un incantesimo, un incantesimo contro cui io combatto, di volta in volta, nello sforzo di restarne in balia o di sottrarmene». Collocato in apertura del volume, questo frammento descrive come la lotta per rimanere nell’incantesimo sia parallela a quella per uscirne: la fissazione per il colore blu non ha un’unica direzione, cambia ciclicamente. Lo stesso accade alla voce narrante nel vortice dei temi toccati, che alternano gioia e sconforto, osservazioni su Mallarmé, Goethe e Derrida al malessere per la fine di un amore.

«36. Goethe descrive l’azzurro come un colore vivace ma privo di gioia. ‘Più che animare, esso rende inquieti’. Essere innamorata del blu, dunque, significa amare un disturbo? O l’amore in sé è il disturbo? E che pazzia è, in ogni caso, amare qualcosa intrinsecamente incapace di ricambiare il tuo amore?» Frammento dopo frammento, l’amore per il blu diventa per la scrittrice una postura dalla quale avvicinare le teorie di Wittgenstein sulla percezione, oppure quelle di Gertrude Stein sulla funzione della poesia.
Forte della sua esperienza come docente di Letteratura Inglese alla University of Southern California, Maggie Nelson descrive, senza perciò preoccuparsi, la reazione esasperata di alcuni studenti, che vorrebbero lanciare dall’altra parte della stanza i libri di Stein inclusi in programma.

La poesia evocata o citata direttamente in Bluets appartiene al canone del modernismo sperimentale più complesso e raffinato. Nelson evoca con affetto gli anni in cui indurre nei lettori irritazione o disappunto era quasi un titolo di merito. Alle astrazioni teoriche, che diventano talvolta estese divagazioni su opere o autori, Nelson associa un’intensità emotiva potente, e chi ha amato Gli argonauti ritroverà nelle proposizioni di Bluets la matrice di un progetto artistico ambizioso e una scrittura originale ed elegante.

Così, nella proposizione 207: «Ricordo un tempo in cui prendevo molto a cuore il consiglio di Henry James – ‘Cerca di essere una di quelle persone a cui non sfugge niente!’ Forse immaginavo che il risultato di diventare una persona del genere sarebbe stato un costante accrescimento. Ma… allora non ti sfuggirà nulla, nemmeno la perdita». Lutto ed ebbrezza, illusioni e rinascita diventano progressivamente indistinguibili in questo resoconto di una fase complessa del percorso artistico di Nelson, che nelle sezioni più intime Bluets scrive quasi un diario della sua battaglia per non farsi «discepola del desiderio, ma della luce».

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