Foucault, dove crolla  ogni forma di morale
Alias Domenica

Foucault, dove crolla ogni forma di morale

Louise Bourgeois con Tracey Emin, «Reaching for You», 2009-2010

Filosofi francesi Due corsi anni Sessanta su «La sessualità», luogo privilegiato dell’intreccio fra fisiologia e psicologia, testimoniano il passaggio da uno studio epistemologico a uno archeologico

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 febbraio 2023

Sono lontani i tempi in cui la drastica volontà testamentaria di Michel Foucault — «niente pubblicazioni postume» — veniva rigidamente rispettata, pur sapendo che prima o poi la diga avrebbe ceduto. A poco meno di quarant’anni dalla sua morte, l’opera postuma di Foucault supera ampiamente quella pubblicata in vita e soprattutto non passa anno che non veda apparire materiale nuovo: conferenze, singole lezioni, corsi interi. L’edizione di quelli tenuti al Collège de France tra il 1970 e il 1984 è stata portata a termine nel 2015 (con l’ultima traduzione italiana uscita per Feltrinelli nel 2019: Teoria e istituzioni penali, corso del 1971-72) e ha indubbiamente arricchito la visione del suo lavoro, anche perché Foucault non aveva avuto il tempo di dare un’altra forma pubblica alle ricerche condotte a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. Quasi tutto quel che oggi sappiamo del modo in cui ha affrontato i temi della biopolitica, dei processi di costituzione del soggetto, del governo di sé, delle modalità di dire il vero, si deve alla lettura di quei corsi, preparati e scritti con estrema cura oltre che corroborati dalle registrazioni su nastro dei suoi allievi.

Le confessioni della carne, l’ultimo libro messo a punto, è stato tenuto in riserva più a lungo ma infine è stato dato alle stampe nel 2018 e ha permesso di seguire le trasformazioni di un progetto di lunga durata, la Storia della sessualità, il cui primo volume – La volontà di sapere – era stato licenziato nel 1975, e i due successivi – L’uso dei piaceri e La cura di sé – solo pochi giorni prima della morte, nel 1984. Ma il resto? Cosa possono dirci le nuove piccole edizioni di inediti, specie se risalgono agli anni Sessanta, cioè a un periodo già ampiamente documentato dai saggi e dai libri pubblicati in vita? Aggiungono elementi al modo in cui il suo lavoro faceva presa sul reale, storico e attuale, oppure si limitano a documentare la maturazione delle sue ricerche attraverso l’esplicitazione di formulazioni provvisorie?

Tra testi la cui esistenza è finora soltanto leggendaria e altri di cui si hanno notizie meno vaghe, sappiamo che alcuni tesori inediti ci sono ancora; senz’altro ce n’è uno: la prima introduzione all’Archeologia del sapere, stralciata dall’edizione a stampa del 1969, conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi e tanto sorprendente nella scrittura quanto capace di stabilire una stretta relazione con il corpo dei suoi saggi sulla letteratura, specie quelli nei quali veniva messa in questione la posizione dell’Io che scrive. Non è azzardato prevedere che si arriverà a vederne la luce.

Tuttavia, come ha sussurrato qualche critico francese intransigente, non è detto che occorra exploiter la mine, sfruttare fino in fondo la miniera. D’altra parte proprio Foucault, nel chiedersi in cosa consistesse un’opera e come definirla «tra i milioni di tracce lasciate da una persona dopo la sua morte», aveva messo in evidenza alcuni paradossi. Il problema di «dove fermarsi» contrasta con il diritto pur sempre legittimo di «pubblicare tutto», e non c’è teoria che possa rispondere, bisogna affidarsi a decisioni empiriche, per quanto ingenue o interessate possano apparire, dato che ci sono sempre buone ragioni sia per andare avanti, sia per mettere un punto.

Con dubbi di questo genere si apre il volume nel quale sono raccolti due corsi usciti in francese nel 2018 appena usciti nell’ottima traduzione dell’esperta Deborah Borca,  La sessualità, Corso all’Università di Clermont-Ferrand (1964) e Il discorso della sessualità, corso all’Università di Vincennes (1969) (Feltrinelli, pp. 352, € 35,00) mentre già sulla scrivania gli fanno compagnia quelli degli anni Cinquanta su Binswanger e l’analisi esistenziale, Fenomenologia e psicologia e La questione antropologica, tutti apparsi da Gallimard fra il 2021 e il 2022 in una collana dedicata all’attività professorale di Foucault prima dell’approdo alla cattedra del Collège de France.

Bastano poche pagine per ritrovarsi in piena familiarità con lo stile di Foucault: meno elaborati di quelli al Collège de France, ma pur sempre scritti in modo esteso (per quanto soprattutto il secondo in forma di appunti schematici), hanno la precisione e la ricchezza dei suoi lavori maggiori, come pure la tipica alternanza fra osservazioni di dettaglio e aperture verso scenari più ampi.

Il primo dei due corsi, tenuto all’Università di Clermont-Ferrand, è indubbiamente vicino all’impostazione di Storia della follia e agli studi sulla medicina convogliati in Nascita della clinica. Dal primo lavoro proviene il taglio che individua nella sessualità un fenomeno situato sul «margine esterno» della nostra cultura e così irriducibile ai suoi schemi da aver fatto nascere lo stereotipo per cui essa rappresenterebbe il limite biologico di ogni possibile costruzione culturale. Dal secondo proviene l’attenzione per i rapporti fra ciò che attribuiamo alla fisiologia e il modo in cui i sistemi di sapere si sono trasformati, con il rilievo dato a fonti mediche, etologiche, psicoanalitiche e filosofiche. Il tutto in un contesto nel quale l’analisi delle relazioni familiari, dei divieti, delle prescrizioni, delle perversioni, dei rapporti fra sessualità e diritto, compongono un quadro di forte connotazione storico-sociale, in parte disegnato anche con gli strumenti dello strutturalismo, molto diverso dalla fisionomia che avrebbe preso più avanti la Storia della sessualità. È già presente, tuttavia, l’intuizione da cui quel progetto avrebbe preso avvio, e cioè l’idea che la sessualità costituisca «un luogo privilegiato di intreccio tra il fisiologico e lo psicologico», una realtà investita, almeno nella cultura occidentale, da uno specifico «sapere discorsivo» talmente pervasivo da «aver reso possibili le scienze umane come sono oggi». In virtù di questo investimento, la sessualità gioca nel mondo contemporaneo «i ruoli che nell’età classica avevano occupato il contratto e l’immaginazione, e quelli che nel XIX secolo avevano occupato la sensazione e il legame religioso». Al tempo stesso Foucault intravede nella sessualità, specie quando non obbedisce ai vincoli che le sono imposti, «il luogo centrale del crollo di ogni morale» e «l’unica forma di tragico di cui l’uomo moderno sia capace»: un tema, questo, che oltre a comparire nella Storia della follia si affaccia anche nei saggi di quegli anni basati sulle letture di Bataille, di Sade e di Blanchot.

Il corso successivo, intitolato Il discorso sulla sessualità, per  l’Università di Vincennes, testimonia un cambio di impostazione, mettendo al centro non più la sessualità sullo sfondo dei comportamenti, delle istituzioni sociali, della medicina, della morale, del diritto, ma su quello delle pratiche discorsive di cui è oggetto. È stato detto, fra gli altri dal curatore di questa edizione, Claude-Olivier Duron, che Foucault passa così da uno studio epistemologico a uno archeologico, e in effetti un indizio in questo senso lo offre anche il modo in cui viene considerata l’utopia della liberazione sessuale, o della piena riconciliazione con una sessualità autentica e felice, temi notoriamente all’ordine del giorno negli anni Sessanta, in particolare tramite Reich e Marcuse. Nel corso del 1964 Foucault definiva quell’utopia «una promessa a cui l’uomo moderno non può credere e non può non credere», mentre nel corso del 1969 la descrive piuttosto come una critica del potere costruita a partire dal pretesto di un’immagine idealizzata della sessualità.

Siamo però nel campo di un esame storico-filologico dei testi, che poco aggiunge alla comprensione dei temi affrontati da Foucault e che poco offre allo sviluppo di nuove «piste di ricerca», come diceva lui stesso a proposito dell’uso dei suoi testi. Risalta più nitido il rapporto con gli altri scritti dello stesso periodo, si prospetta meglio l’ambito di interessi dai quali ha preso avvio lo studio della sessualità e del suo discorso, lo stesso dal quale erano nate le riflessioni sulla follia, sulla morte e sul linguaggio, ma il piacere che si prova nella lettura è proporzionale alla familiarità che già si ha con i testi di Foucault, secondo il quale, peraltro, non c’è teoria che possa dire dove bisogna fermarsi.

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