Fornaro (Leu): «Uniti come promesso o diventeremo un’associazione di reduci»
Intervista al capogruppo alla camera Il deputato: stavolta proibito sbagliare. Ma non credo che nessuno voglia disperdere il patrimonio di passione e un milione di voti. Non credo che un simile scenario convenga a qualcuno
Intervista al capogruppo alla camera Il deputato: stavolta proibito sbagliare. Ma non credo che nessuno voglia disperdere il patrimonio di passione e un milione di voti. Non credo che un simile scenario convenga a qualcuno
Presidente Federico Fornaro (capogruppo di Liberi e uguali alla Camera, ndr) , nelle ore della possibile precipitazione elettorale, Mdp ha proposto di riaprire il dialogo con il Pd. Siete tentati dal tornare indietro?
Vorrei essere chiaro: nessuno ha nostalgia della vecchia casa, nessuna nostalgia del Partito democratico di Renzi. Commetteremmo però un errore mortale se «regalassimo» i sei milioni di elettori del Pd al renzismo. Se cioè non provassimo a continuare a parlare a quel popolo nella prospettiva della ricostruzione di una sinistra che torni ad essere competitiva e capace di interpretare la domanda di cambiamento e di maggiore giustizia sociale uscita dalle urne.
Però i tanti elettori in fuga dal Pd fin qui non vi hanno votato. Perché?
Il voto del 4 marzo ci ha restituito un sistema politico terremotato con effetti impensabili soltanto pochi anni fa: in dieci anni i due maggiori partiti italiani, Pd e Pdl, passano dai 25,7 milioni di voti ai 10 milioni del 2018 e sono praticamente scomparse dalla geografia politica italiana le regioni rosse. Non è quindi un destino cinico e baro quello che ci mette di fronte un governo assolutamente inedito sull’asse 5stelle e Lega. Per ricostruire la sinistra, recuperare la fiducia di milioni di elettori, abbiamo il dovere accettare la sfida del mondo nuovo perché quello vecchio non c’e più e non tornerà più. Senza però rinnegare le nostre radici ideali e la nostra storia.
Ma voi avete definito il Pd « immaturo e irresponsabile». Quel partito è, diceva lei, ancora il partito di Renzi. Se questo è il giudizio, che dialogo sarebbe possibile?
Un terreno di dialogo con l’intero corpo sociale progressista potrebbe cominciare proprio dall’opposizione al governo che si sta materializzando in queste ore. E che dovrà essere intransigente sul sistema dei valori e al tempo stesso sfidante nel merito delle soluzioni da dare ai problemi, accettando il metodo del confronto parlamentare. Una posizione improntata al «tanto peggio tanto meglio» non sarebbe capita dai nostri elettori e non farebbe far tornare i delusi che hanno votato altrove il 4 marzo. Il tempo sarà galantuomo perché Lega e M5S in campagna elettorale hanno promesso tutto e il contrario di tutto. E governare è un’altra cosa dalla propaganda.
Sinistra italiana, vostra alleata in Leu, chiede invece di chiudere con la stagione del centrosinistra, anche nelle evocazioni.
Riproporre vecchie formule è sempre sbagliato. Ma attenzione a non cadere nella trappola delle semplificazioni eccessive. Nei nostri ragionamenti dovremmo evitare, ad esempio, un giudizio ingeneroso e unificante degli ultimi venti anni mettendo sullo stesso piano, ad esempio, i governi dell’Ulivo, quelli di Berlusconi e di Renzi. È giusto riconoscere gli errori e i limiti della stagione di governo della sinistra, ma fare di tutta l’erba un fascio non solo è storicamente sbagliato ma significa arrendersi all’egemonia culturale e politica del grillismo. E anche della narrazione renziana.
Leu diventerà davvero un partito? Sinistra italiana frena e chiede di affrontare alcuni nodi. E fra i primi, quello del rapporto con il Pd. Non la pensate nello stesso modo.
La prossima assemblea nazionale di Liberi e Uguali deve avviare un percorso costituente che sappia tenere nella stessa considerazione la definizione del progetto politico e culturale e una forma organizzativa rinnovata e innovativa. Non è sufficiente dire che vogliamo fare un partito per tornare ad essere attrattivi e competitivi. Questa volta se sbagliamo la mossa corriamo il serio rischio di un progressivo declino verso un’associazione di combattenti e reduci della sinistra che fu, un soggetto inutile se non addirittura dannoso.
E se invece alla fine Sinistra italiana non ci stesse?
Dobbiamo andare tutti all’appuntamento dell’assemblea nazionale con la predisposizione all’ascolto e con spirito unitario. Lo dobbiamo alla nostra gente non capirebbe un fallimento del progetto di Liberi e uguali. Non possiamo permetterci il lusso di disperdere uno straordinario patrimonio di passione e di militanza, oltre a più di un milione di voti. Non credo che un simile scenario convenga a qualcuno. E sono certo che si lavorerà per accettare la sfida programmatica e organizzativa dell’apertura della fase costituente del partito di Liberi e Uguali. d.p.
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