«Fondi Ue per lo sviluppo usati per fermare i migranti»
Una ricerca di Oxfam 400 milioni di euro in meno alla cooperazione per blindare le frontiere
Una ricerca di Oxfam 400 milioni di euro in meno alla cooperazione per blindare le frontiere
Soldi europei destinati allo sviluppo utilizzati per finanziare progetti di contrasto all’immigrazione. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da Oxfam sull’uso del Trust Fund per l’Africa, finanziamenti dell’Unione europea che stando a quanto previsto dall’Agenda per le migrazioni del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker dovrebbero servire esclusivamente a creare lavoro e migliorare le condizioni di vita nei Paesi di origine dei migranti e che invece vengono impiegati anche per impedire a chi fugge da miseria e violenze di raggiungere l’Europa. 400 milioni di euro, pari al 22% del fondo, che l’Europa spende per blindare i confini dei Paesi di transito, addestrare guardie di frontiera e organizzare i rimpatri. «Da tre anni c’è una tendenza alla securizzazione dell’aiuto» denuncia Francesco Petrelli, responsabile relazioni istituzionali di Oxfam. «Non puoi dire che vuoi rimuovere le cause dell’immigrazione e pensare di risolvere il problema chiudendo le frontiere. E invece è quello che sta facendo l’Unione europea».
L’idea di dar vita a un Trust Fund per l’Africa è nata nel 2015 durante il vertice Ue-Unione africana di La Valletta. Allo stanziamento iniziale di 1,8 miliardi di euro, quest’anno si sono aggiunti altri 2,9 miliardi di fondi europei ai quali vanno sommati 200 milioni messi a disposizione dagli Stati membri (con 15 milioni di euro l’Italia è il primo Paese donatore). In tutto 3,1 miliardi, sulla carta interamente destinati a contrastare le cause dell’emigrazione e l’esodo di uomini, donne e bambini dall’Africa.
In realtà, denuncia Oxfam, le cose non starebbero completamente così. I progetti approvati fino a settembre di quest’anno sono stati 117 per un totale di 1,9 miliardi di euro. Di questi, solo il 63% è per la cooperazione (pari e 1,1 miliardi di euro destinati principalmente ai rifugiati e, in misura minore, agli sfollati interni al continente) mentre invece altri 400 milioni (22% del totale) riguardano la gestione della migrazione e mirano, spiega Oxfam, «a limitare e scoraggiare la migrazione irregolare» attraverso misure di contenimento dei migranti, aumentando i controlli alle frontiere e addestramento le guardie di confine (attività che assorbono il 55% del finanziamento) ma anche incentivando i rimpatri (25%), l’attività di identificazione della nazionalità dei migranti (13%) e l’avvio di campagne di sensibilizzazione nei Paesi di origine in cui si sottolineano i rischi del viaggio verso l’Europa (4%). «C’è un uso dei fondi in parte diverso da quello per cui sono stati destinati», prosegue Petrelli. «In tutti i suoi documenti ufficiali l’Unione europea sostiene che per mettere un argine alle migrazioni si deve incidere sulle sue cause profonde: povertà, cambiamenti climatici, assenza di democrazia. Per far questo occorre sostenere progetti e iniziative utili a promuovere uno sviluppo che sia anche rispettoso dell’ambiente. Così invece si sottraggono risorse alla lotta contro la povertà».
«Da un po’ di tempo i rapporti con i Paesi africani sono pesantemente condizionati dalle politiche di esternalizzazione delle frontiere portate avanti da Consiglio e Commissione europea», commenta Elly Schlein, eurodeputata di Possibile a capo di un gruppo di lavoro della commissione Sviluppo che ha compito di monitorare proprio come vengo impiegati i fondi Ue per lo sviluppo. «Questa tendenza tradisce l’essenza della cooperazione allo sviluppo che secondo i Trattati deve mirare a eliminare la povertà. Ma così le povertà aumentano e di certo non si creano opportunità per i giovani africani».
Proprio i tentativi di bloccare i migranti in Africa potrebbero dunque spingere a nuove e massicce partenze, con il rischio di trasformare in un fallimento gli obiettivi di sviluppo del Fondo. Per di più – denuncia sempre Oxfam – costringendo i migranti ad avventurarsi lungo rotte sempre più pericolose.
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