La sottosegretaria al ministero dell’economia e delle finanze Maria Cecilia Guerra (Leu-Articolo 1) ha sostenuto che il gruppo «Liberi e uguali» non voterà l’articolo 2 della delega fiscale sulla quale la maggioranza ha trovato un’intesa in un incontro a Palazzo Chigi l’altro ieri. L’articolo 2 della delega fiscale riguarda la tassazione personale del reddito che, sostiene Guerra, «conferma di fatto lo status quo, cristallizza tutte le ingiustizie che caratterizzano il nostro sistema fiscale. In primo luogo quello di una progressività che colpisce ormai solo i redditi di dipendenti e pensionati».

IN POCHE parole, un esponente del governo, ha demolito l’ultimo compromesso imposto dal centrodestra di maggioranza che ha usato una confusa riforma del catasto, pretesa dalla Commissione Europea e prevista dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per fare una battaglia elettorale identitaria, non diversamente da quanto è avvenuto per un altro capitolo: l’epopea a difesa della lobby del bagnasciuga, i proprietari delle concessioni balneari che si agitano molto per il tentativo di introdurre la concorrenza che potrebbe favorire anche altri poteri economici. La presa di posizione di LeU nello scontro permanente che anima la variopinta maggioranza «senza formule politiche» segnala l’impianto regressivo di fondo che caratterizza tutta la politica italiana, compreso l’ultimo ritrovato del governo Draghi.

LA CONTROPROVA del compromesso politico conservatore e classista di questa maggioranza sta nelle reazioni soddisfatte di molti partiti. Da Forza Italia ai Cinque Stelle fino a Italia Viva nelle ultime ore non sono mancate parole di apprezzamento per il compromesso raggiunto a Palazzo Chigi. Al di là delle contraddizioni dei singoli posizionamenti, la battaglia sul fisco regressivo continuerà nei prossimi giorni, dopo le elezioni amministrative del mese prossimo. Il 20 giugno sarebbe previsto l’approdo in aula alla Camera di un provvedimento che potrebbe essere ancora oggetto di variazioni.

«LE LEGGE DELEGA è una grande occasione persa – ha detto il deputato di Leu Stefano Fassina – È di moda la chiacchiera indignata sulla disuguaglianza e sul lavoro povero. Ma quando si deve correggere la regressività della tassazione dei redditi, quasi tutti si allineano a difesa di ingiustificabili trattamenti di favore. La gara è a sottrarre redditi da capitale dalle aliquote progressive. Invece di premiare il lavoro, si premiano le rendite. La verità è che gli unici redditi a non avere la flat tax oramai sono quelli in Irpef, ossia quelli da lavoro dipendente e da pensione».

«A DRAGHI chiediamo che nelle delega fiscale si liberino risorse a favore dei ceti medio-bassi e si faccia pagare a chi ha redditi alti» hanno aggiunto i co-portavoce Angelo Bonelli ed Eleonora Evi. Mentre Pierpaolo Bombardieri della Uil ha ricordato che, con Cgil e Uil, è stata presentata «una vera riforma fiscale nella direzione della giustizia e dell’equità» che corregge la stortura di fondo dell’Irpef che oggi è pagata per l’85% «da dipendenti e pensionati».

L’UNIONE INQUILINI ha segnalato un altro contributo del governo Draghi alle lobby, quella «della rendita immobiliare».Si tratta del blocco della cedolare secca sugli affitti di mercato. «Un’ingiustizia fiscale – sostiene Walter De Cesaris (segretario dell’Unione Inquilini) – Perché un proprietario che ricerca dal mercato il massimo rendimento possibile continuerà a pagare meno tasse di un lavoratore dipendente» aggiunge. «Un controsenso di politica economica in quanto lo Stato regala una posizione di fiscalità di vantaggio senza chiedere alcuna contropartita in termini di calmierazione delle locazioni».

«QUESTO AVVIENE – ha aggiunto De Cesaris – in un paese con 150 mila sfratti immediatamente esecutivi, il 90% per morosità incolpevole, 650 mila domande di casa popolare inevase, circa milione di famiglie in affitto in condizione di povertà assoluta».