Finto «raffreddamento», proseguono gli scambi tra Israele e i paesi arabi
Accordi di Abramo Cresce il commercio di Tel Aviv: 4% in più con gli Emirati Arabi Uniti, del 965% con il Bahrein. Non c'è sospensione dei patti
Accordi di Abramo Cresce il commercio di Tel Aviv: 4% in più con gli Emirati Arabi Uniti, del 965% con il Bahrein. Non c'è sospensione dei patti
Quattro anni fa, nei giardini della Casa Bianca a Washington, l’allora presidente statunitense Donald Trump riuscì ad allestire una storica rappresentazione che sarebbe stata il preludio, a suo dire, di una pace lunga e duratura per tutto il Medio Oriente.
Il ministro degli esteri degli Emirati arabi uniti e quello del Bahrein sorridevano festanti ai lati del premier israeliano Benyamin Netanyahu, esibendo i documenti con la decisiva firma a siglare gli Accordi di Abramo. Da Gaza intanto Hamas, ferita nell’orgoglio, lanciava senza far danni 13 razzi verso Israele. A Ramallah l’Autorità palestinese dichiarava la «morte della solidarietà araba», mentre l’Iran accusava i due Paesi sunniti di essere «responsabili di tutte le gravi conseguenze» che quell’avvicinamento avrebbe causato.
DA ALLORA voli diretti, scambi commerciali e diplomatici, celebrazioni culturali si sono moltiplicati tra i tre Paesi, seguiti nel loro esempio da un Marocco fortemente motivato. Anche gli Accordi di Abramo, tuttavia, hanno dovuto fare i conti con il 7 ottobre e con l’occupazione a Gaza, che va avanti ormai da quasi un anno.
A sentire le dichiarazioni dei governi arabi e a guardare le manifestazioni di solidarietà, sembrerebbe che non ci sia più spazio per le relazioni con Tel Aviv. In effetti i rapporti sono divenuti silenti, lo stato dei legami misterioso, non commentabili spesso i dati numerici, che pur ci sono. E ci dicono, attraverso le cifre dell’Ufficio centrale di statistica israeliano, che nei primi sette mesi del 2024 il commercio bilaterale tra Israele e gli Emirati non solo non si è arrestato ma è cresciuto del 4% rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo 1,92 miliardi di dollari.
Secondo diverse fonti diplomatiche, governative e commerciali, la guerra a Gaza ha costretto gli Stati, soprattutto quelli arabi, al riserbo sulla condizione dei rapporti con Israele e sui guadagni che ne conseguono. L’agenzia di stampa Reuters parla di un effetto «raffreddamento» nella rappresentazione pubblica delle relazioni tra i due Paesi, che non si traduce in un’effettiva diminuzione degli scambi ma condiziona la nascita di nuovi progetti.
SICURAMENTE lo slancio iniziale è andato perduto. La stima ottimistica che puntava al raggiungimento di 10 miliardi di dollari entro il 2028 difficilmente sarà rispettata, a meno che, certo, la fine della guerra e le macerie di Gaza non si trasformino in un’enorme distesa di opportunità economiche.
È su questo che sembra contare Israele per tenere legato a sé l’importantissimo partner commerciale. Come ha ben spiegato il Times of Israel, Abu Dhabi già sta utilizzando le nuove possibilità consentite proprio dagli Accordi di Abramo per partecipare attivamente alla gestione degli aiuti nella Striscia. Un ruolo chiave nella ricostruzione rappresenterebbe non solo un enorme vantaggio economico, quanto l’opportunità politica di assumere una nuova leadership regionale e, soprattutto, l’occasione di dimostrare che i propri legami con Tel Aviv possano tornare utili anche alla popolazione palestinese.
Ma non è escluso che Abu Dhabi debba fare i conti con ciò che rimarrà della leadership palestinese, non solo quella di Gaza: nel 2020 l’Autorità palestinese respinse gli aiuti giunti dagli Emirati arabi su un volo diretto verso Israele, dichiarando che si rifiutava di essere usata come strumento per consolidare la normalizzazione.
PER IL COMMERCIO tra Israele e Bahrein, invece, il trend è in crescita sebbene corrisponda a numeri più modesti. Nei primi sette mesi del 2024 c’è stato un aumento del 965% rispetto allo stesso periodo del 2023, per un totale di 88,4 milioni di dollari. Anche il Marocco ha aumentato le relazioni bilaterali con lo stato ebraico, raggiungendo per gli stessi periodi di riferimento 68,3 milioni di dollari, un incremento del 56%, grazie anche alla stipula di spregiudicati accordi di fornitura e produzione di tecnologia militare.
Per Rabat il riconoscimento da parte di Tel Aviv, nel luglio del 2023, della sovranità del Marocco sul Sahara occidentale ha rappresentato una ghiotta occasione. Ma non si è trattato certo di un regalo.
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