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«Finisce qui», una storia di famiglie

«Finisce qui», una storia di famiglie

Destra Che una donna decida di troncare pubblicamente, attraverso i social, la relazione con il compagno, protagonista di raccapriccianti fuorionda trasmessi dal più grande gruppo televisivo privato è, lo dice la parola stessa, un fatto pubblico

Pubblicato circa un anno faEdizione del 21 ottobre 2023

Che una donna decida di troncare pubblicamente, attraverso i social, la relazione con il compagno, protagonista di raccapriccianti fuorionda trasmessi dal più grande gruppo televisivo privato è, lo dice la parola stessa, un fatto pubblico.

Il compagno in questione, il giornalista Andrea Giambruno, del resto, è stato sospeso dalla conduzione del suo programma, «Il diario del giorno».
Che la vicenda riguardi una donna che ricopre (per la prima volta) la carica di presidente del consiglio, e che lei stessa nel suo post si rivolga a «tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa», è un fatto politico. Tanto più che a decidere di trasmettere i fuorionda affondando il colpo è stata la tv della famiglia Berlusconi, l’esempio più eclatante, non solo in Italia, di un conflitto d’interessi capace di intossicare la politica per decenni.

L’ovvia premessa è dovuta alle tante dichiarazioni di esponenti della destra, meloniani, leghisti e persino berlusconiani, scandalizzati dalle «speculazioni» politiche, appunto, dell’opposizione e di alcuni giornalisti, accusati di guardare dal buco della serratura una faccenda privata. Un argomento, in particolare, indigna i rappresentanti della maggioranza (e avrebbe irritato più di ogni altra considerazione la stessa premier, a partire dal riferimento di Conte al «modello Mulino Bianco»): che di fronte alla vicenda personale di Giorgia Meloni la retorica della destra sulla «famiglia tradizionale» – tendente a penalizzare e marginalizzare le famiglie non ritenute doc – si sgretoli e affondi.

Ma il «caso Giambruno» è politicamente proprio una storia di famiglia, anzi di famiglie. Nella quale Giorgia Meloni, pur apprezzata anche a sinistra per il modo in cui ha messo alla porta il triviale e viscido bellimbusto, finisce per restare imbrigliata e scontrarsi, ancora una volta, con una realtà ben lontana dal racconto posticcio di chi è alla guida della Nazione.

La «famiglia tradizionale» vagheggiata dalla destra al governo, quella formata da mamma e papà, almeno due figli (in proposito il governo ha anche indetto una sorta di concorso a premi), cristiana e solida come la famosa roccia, è un feticcio identitario che non ha mai corrisposto nemmeno alla stessa famiglia “presidenziale”, che è a sua volta “tradizionale” almeno per questo millennio, anche se il modello maschile incarnato da Giambruno si addice più a una caverna.

La premier ha poi un’altra famiglia-rifugio, quella politica, della quale fanno da pilastro i suoi stessi parenti, la sorella Arianna e l’ineffabile cognato, collaboratrici e collaboratori fidatissimi, un clan serrato che nella smania di controllo e nella mania di persecuzione della leader dovrebbe appunto fungere da rete di protezione rispetto a nemici reali o immaginari che si annidano in tutto il globo terracqueo. Ma è difficile governare un paese moderno con una specie di setta.

C’è poi, come si diceva, la famiglia Berlusconi (in senso ampio) che tutto vede e tritura. Lì nasce, mediaticamente, lo stesso Andrea Giambruno. E lì deflagra lo scontro tra idee e ideologie familiar-familiste. «Dirò sempre grazie alla televisione», disse la stessa Giorgia Meloni, perché in uno studio tv Mediaset conobbe il suo ex compagno. Quella stessa televisione-impero, azienda-partito, impresa-dinastia mix di modernità e anche qui “tradizione” con cui da un trentennio e più alleati, avversari, amici e nemici hanno dovuto (ma spesso non voluto o non saputo) fare, anche letteralmente, i conti. Una grande famiglia dove non mancano scossoni, scontri, faide, colpi bassi, liti, riappacificazioni e grandi lutti ma ancora in piedi, come nelle migliori soap.

La storia d’amore della premier, come da lei stessa pubblicamente annunciato, «finisce qui», su questi schermi. Per aggiornare la storia politica e culturale della destra italiana, malgrado adesso sia una donna a guidarla, servirebbe un vero colpo di scena.

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