Vladimir Putin
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Finirà con Putin V ma le presidenziali sono uno stress test

Il voto in Russia Qualche giorno fa il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato la sua candidatura per le elezioni presidenziali che si svolgeranno in Russia nel marzo del 2024. La notizia non era […]

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 15 dicembre 2023

Qualche giorno fa il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato la sua candidatura per le elezioni presidenziali che si svolgeranno in Russia nel marzo del 2024. La notizia non era inattesa, vista la recente modifica costituzionale che ha cancellato il limite dei due mandati consecutivi e aperto le porte ad una riconferma di Putin. A meno di clamorosi sconvolgimenti, che non sembrano nell’ordine delle cose, l’attuale presidente russo sarà nuovamente rieletto. Putin si avvia così ad essere uno dei leader più longevi nella storia del paese, secondo solo ad alcuni zar e alla più recente dittatura di Stalin.

La sua candidatura arriva a 71 anni suonati; al termine del suo quinto mandato potrebbe avere 77 anni, cioè due in più di Leonid Brezhnev al momento della sua dipartita. Si tratta di un aspetto importante per due motivi. In primo luogo testimonia il fatto che in Russia il potere si trova saldamente nelle mani di una generazione di ultrasettantenni per nulla disposti a rischiare la solidità del paese per fare spazio alle nuove generazioni. Con ogni probabilità Putin occuperà le stanze del Cremlino finché la salute glielo permetterà.

Secondariamente, la sua scontata rielezione ci dice che la Russia è dominata da uomini cresciuti nell’Urss brezneviana, uomini che hanno assorbito e ripropongono la tipica mentalità neo-imperiale tardo sovietica.
Una domanda sorge dunque spontanea. Perché l’élite intorno a Putin permette ancora lo svolgimento delle elezioni presidenziali? Com’è noto il potere in Russia oggi non è contendibile attraverso procedure democratiche. Le opposizioni che partecipano al voto sono consapevoli dell’impossibilità di uscire vincitrici dalla disputa. Non esiste, inoltre, nel paese nessuno con una popolarità simile a quella di Putin. L’unico potenziale sfidante da questo punto di vista, ovvero Evgenij Prigozhin, è “precipitato” con il suo aereo chiudendo di fatto la competizione a favore di Putin.

Eppure le elezioni in Russia non hanno uno scopo puramente decorativo. In primo luogo servono per mobilitare i sostenitori del regime. È infatti questa l’occasione in cui il partito presidenziale (Russia Unita) si mobilita nell’organizzazione di comizi, concerti, gazebo eccetera. Secondariamente, visto che il governo è a conoscenza dei voti reali conquistati dai candidati, le elezioni sono utili al fine di misurare la popolarità di Putin tra la popolazione (alle ultime presidenziali ha partecipato più del 67% degli aventi diritto). Allo stesso tempo la manipolazione dell’esito finale richiede lo sforzo congiunto delle élite locali, che devono dare prova di fedeltà durante il processo elettorale facendo in modo che vada tutto secondo il piano prestabilito a Mosca. Per ultimo la vittoria di Putin, che deve essere calibrata per sembrare credibile, aiuta a costruire l’immagine dell’uomo invincibile privo di reali sfidanti. Le elezioni sono, in altre parole, uno strumento utilizzato dal regime per rafforzare la presa del putinismo sulla Russia.

Ciononostante il voto presidenziale è un procedimento complesso pure per un sistema illiberale, e può creare non pochi problemi. Può ad esempio spingere le élite locali a litigi su come gestirne l’organizzazione. Pensiamo anche alle incognite legate alla sicurezza, soprattutto nel contesto attuale del conflitto in Ucraina. È notizia di qualche giorno che le votazioni si svolgeranno anche nei territori ucraini occupati dopo il 2022 dalla Federazione russa. Il risultato premierà senz’altro Putin, con cifre intorno al 100% dei consensi come succede già da tempo nella “pacificata” Cecenia, ma non di meno un qualsiasi episodio negativo rischia di essere un grave danno per l’immagine pubblica del regime. Allo stesso tempo, le elezioni obbligheranno i media di governo a dare, seppure brevemente, spazio all’opposizione presente nel paese finendo per farle acquisire visibilità. Le voci democratiche dei russi (provenienti tanto dalle piazze, quanto dalle prigioni) non saranno con ogni probabilità sufficienti per scardinare il putinismo, eppure avranno nei prossimi mesi la possibilità di aprire un piccolo e temporaneo squarcio nella corte di fumo che avvolge la società civile russa.

Ecco dunque che perfino “elezioni illiberali”, come quelle che si terranno in Russia nel 2024, possono essere pericolose per la tenuta di un sistema autoritario. Le tensioni che si manifesteranno nella Federazione russa durante e dopo la campagna elettorale causeranno un momento di “stress” e saranno una sorta di test da osservare attentamente per comprendere lo stato di salute del putinismo.

* storico, autore di Nella Russia di Putin (Carocci, 2023)

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