Fidan e Kalin, la politica estera in mano alle due «scatole nere» di Erdogan
Turchia I due fedelissimi del presidente, artefici ed esecutori delle sue mosse di potenza, dalla Siria alla Nato, vanno rispettivamente al ministero degli esteri e a capo dell'intelligence
Turchia I due fedelissimi del presidente, artefici ed esecutori delle sue mosse di potenza, dalla Siria alla Nato, vanno rispettivamente al ministero degli esteri e a capo dell'intelligence
Il 2 giugno in Turchia è nato il 66esimo governo. Il nuovo gabinetto presidenziale è composto da diciotto ministri, di cui un’unica donna e nessun parlamentare. Grazie al referendum costituzionale del 2017 non esiste più la figura del primo ministro e nemmeno la fiducia parlamentare: è il presidente della Repubblica che nomina i ministri del nuovo governo oltre che presiederlo.
Forse il nome che ha attirato più attenzione è quello del nuovo ministro degli esteri, Hakan Fidan, che nel 2010 fu il più giovane capo dei servizi segreti della storia repubblicana. Da allora Fidan è stato testimone, ideatore ed esecutore di una serie di piani e avvenimenti molto importanti per la Turchia, e non solo.
Durante il suo incarico la Turchia ha avviato tre grosse operazioni militari in Siria, il governo centrale ha portato avanti un lungo tentativo – fallito – di dialogo con i vertici del Pkk e anche con lo stesso Abdullah Ocalan, ha assunto un ruolo importante in Libia, ha avviato diverse operazioni contro le postazioni del Pkk in Iraq, ha portato in Turchia più di cento membri della comunità di Gulen e prima ha rotto, poi ha ricucito i rapporti con Egitto, Israele, Emirati arabi, Grecia e Arabia saudita.
QUANDO FIDAN è stato nominato capo dei servizi segreti la prima amara reazione è arrivata dall’ex premier israeliano Ehud Barak: «È un amico dell’Iran. Temiamo che possa condividere i nostri segreti con Teheran». Secondo il giornalista Seymour Hersh, anche l’ex presidente statunitense Barack Obama ha preso posizioni contro Fidan, in un incontro collettivo nel 2013, contestando le sue relazioni con le formazioni armate fondamentaliste in Siria.
Fidan è una figura criticata anche in Turchia per le sue eventuali negligenze prima e durante il fallito golpe del 2016 e per gli attentati dell’Isis che hanno causato centinaia di morti dal 2015 al 2016. Il nome di Fidan era emerso anche nel 2014 quando la gendarmeria scoprì ad Hatay tre tir pieni di armi destinati verso la Siria e guidati dai servizi segreti.
Hakan Fidan è quasi il braccio destro di Erdogan che lo definisce la sua «scatola nera»: nel 2012 ha rischiato di essere arrestato nell’ambito di una maxi inchiesta con l’accusa di «collaborazione con le organizzazioni terroristiche». In pochi giorni il procuratore che aveva emesso il mandato di cattura è stato sospeso e l’articolo 26 della legge sui servizi segreti è stato riscritto per garantire immunità al capo dell’intelligence.
OGGI FIDAN si ritrova da ministro degli esteri a lavorare per ricucire i rapporti con la Siria – percorso già avviato – ma anche con Usa ed Egitto. Ankara è da tempo in disaccordo su vari temi con Washington pur restando dentro la Nato. Invece, con Il Cairo, per via delle sue ricerche di energia nel Mediterraneo orientale (la dottrina turca del Mavi Vatan, «patria blu») ma anche per le diverse posizioni in Libia, ci sono stati diversi anni di blackout diplomatico. Vediamo se la scatola nera di Erdogan riuscirà a gestire bene le nuove inversioni di marcia del presidente.
Al posto di Fidan è stato nominato Ibrahim Kalin, l’ex portavoce del presidente. Non ha una carriera militare e non ha mai lavorato per i servizi segreti. Alle spalle ha una carriera accademica letteraria sull’Islam e impieghi nel mondo diplomatico. Kalin è il fondatore e presidente del think tank turco Seta, definito mezzo di propaganda dell’Akp, legato direttamente a Erdogan.
Anche le posizioni di Kalin sono cambiate radicalmente sulla Siria: prima era un forte sostenitore delle operazioni militari, oggi tifa per la diplomazia. Il nome di Kalin è apparso nei documenti dei WikiLeaks e i leader statunitensi dell’epoca lo definirono come «fonte affidabile per la Cia». Il nuovo capo dei servizi segreti non ha mai nascosto il suo scetticismo nei confronti dell’Unione europea «dominata da un eurocentrismo che ha emarginato la Turchia», esattamente come la necessità dell’allargamento della Nato coinvolgendo Finlandia e Svezia.
SIA IBRAHIM KALIN che Hakan Fidan sono due uomini fedeli al presidente della Repubblica, molto probabilmente eseguiranno i suoi ordini. Entrambi hanno iniziato a ricoprire due incarichi molto importanti proprio nel periodo in cui alla Turchia spettano una serie di decisioni e scelte storiche da compiere in politica estera per risanare i suoi rapporti con alcuni vicini e per continuare a portare avanti le sue pragmatiche collaborazioni.
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