Una bambina e un bambino, di uno e due anni, sono morti ieri nel tratto di mare tra Tunisia e Italia. Erano partiti da Sfax, oltre 250 chilometri a sud di Tunisi, con almeno altre 36 persone. Sul loro barcone sono divampate le fiamme. Dai racconti dei sopravvissuti non è chiaro se sia esploso il motore o abbiano preso fuoco le taniche di carburante a poppa del mezzo. Che in quel momento era nelle acque internazionali della zona di ricerca e soccorso maltese, ormai prossimo a quella italiana e più vicino a Lampedusa che a La Valletta.

Per questo un motopesca tunisino ha chiesto aiuto alla capitaneria di porto della maggiore delle Pelagie. Da dove, in accordo con Malta, è partita una motovedetta che «ha recuperato 38 migranti, parte dei quali già soccorsi dal peschereccio, tra cui i corpi privi di vita di due minori», scrivono le autorità italiane. Altri mezzi della guardia costiera hanno cercato i dispersi.

La motovedetta della guardia costiera italiana entra a Lampedusa, foto di Sea-Watch

La madre di una delle due vittime ha riportato ustioni sul 60% del corpo. Arrivata a Lampedusa è stata intubata e trasportata d’urgenza in elisoccorso all’ospedale civico di Palermo. Le sue condizioni sono gravissime. Con lei trasferiti un ragazzo di 25 anni e un altro bambino. Ci sarebbero anche dei dispersi in mare, uno o due. Tra loro la madre della bimba deceduta.

I naufraghi erano tutti originari dell’Africa subsahariana: Costa d’Avorio, Senegal, Mali, Guinea. «Sono i migranti che viaggiano in condizioni peggiori e dalla Tunisia partono soprattutto da Sfax. Siamo stanchi di dover contare i morti. È questa la vera emergenza nel Mediterraneo», dice Giovanni D’Ambrosio, del progetto Mediterranean Hope, che ha fornito sostegno umanitario ai sopravvissuti dopo l’arrivo al molo Favaloro.

«Qui è un inferno. Sono sindaco da appena 100 giorni e ho già contato 5 morti», ha commentato il sindaco delle Pelagie Filippo Mannino. Il portavoce dell’Unicef Andrea Iacomini ha parlato di «un giorno tristissimo», mentre per Save The Children «è necessaria un’assunzione di responsabilità condivisa tra gli Stati membri e le istituzioni europee per garantire vie sicure e legali per l’ingresso in Europa e un meccanismo coordinato e strutturato di ricerca e salvataggio in mare».

La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore Vella, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato. Sono le due ipotesi utilizzate in questi casi. In genere vengono arrestate le persone alla guida del mezzo su cui ricadono tutte le responsabilità.

Intanto in Tunisia la guardia costiera ha comunicato di aver intercettato tra giovedì e venerdì 813 persone che tentavano di raggiungere l’Italia (di cui 130 tunisine e le altre subsahariane). I genitori della bimba di 4 anni arrivata da sola a Lampedusa martedì scorso sono stati assolti e liberati dal tribunale di Mahdia e Monastir. I due erano stati arrestati per tratta e abbandono di minore dopo essersi recati dalla polizia a denunciare la scomparsa della figlia, affermando che il barcone era partito lasciandoli indietro. Le autorità italiane e tunisine stanno esaminando le procedure per il rientro della bambina.

A Zarzis continuano le proteste delle 50 organizzazioni mobilitate dopo il naufragio del 21 settembre per chiedere verità e giustizia e accusare le politiche anti-migranti dell’Europa.