Fassina: «La coppia Giachetti-Marchini? Il Pd rivuole la vecchia Roma»
Campidoglio Il candidato di Sinistra per Roma: sbagliato tornare alla città di prima. Con me chiamerei Bray e Visco. Dopo l’appoggio di Verdini i dem rischiano di dover votare per la Mussolini e pure per Alemanno. Sbagliato escludere una consigliera querelata. Mi ha stupito Roberto, se i problemi giudiziari sono tutti uguali, la politica ha già perso
Campidoglio Il candidato di Sinistra per Roma: sbagliato tornare alla città di prima. Con me chiamerei Bray e Visco. Dopo l’appoggio di Verdini i dem rischiano di dover votare per la Mussolini e pure per Alemanno. Sbagliato escludere una consigliera querelata. Mi ha stupito Roberto, se i problemi giudiziari sono tutti uguali, la politica ha già perso
Vincenzo Visco al bilancio e Massimo Bray alla cultura. Ieri Stefano Fassina, nel corso del primo confronto fra candidati al Campidoglio organizzato da un gruppo di blogger alla Città dell’Altra economia, nell’ex Mattatoio del quartiere Testaccio, ha lanciato qualche invito per la sua squadra di governo. Il confronto in realtà era solo a tre: Giorgia Meloni non ha accettato, Alfio Marchini ha dato forfait, i candidati ’minori’ non erano stati convocati.
La candidata dei 5 Stelle Virginia Raggi invita ’quelli di sinistra’ che stanno nel Pd a uscire dal partito e fondarne uno nuovo.
L’avvocata Raggi si deve essere persa qualche passaggio. Noi siamo già usciti dal Pd e abbiamo già fondato un partito nuovo di sinistra. Qui nella Capitale si chiama «Sinistra per Roma».
Scusi? Parla di un partito più grande di Sinistra italiana?
Sì. Ci lavoriamo dopo il voto. Faccio notare che la conseguenza oggettiva della battuta di Virginia Raggi comunque è chiara: che noi siamo l’unico progetto di sinistra per il governo della città.
La sua tesi è nota: il Pd non è di sinistra e a Roma sta nascendo il partito della nazione.
Parlo del gruppo dirigente, non dei militanti e degli elettori. Ma non è una tesi, è un fatto oggettivo. Berlusconi, con la scelta di puntare su Marchini, ha inaugurato anche a Roma il partito unico della nazione. Ha depotenziato le prospettive della destra lepenista su cui puntano Meloni e Salvini e ha definito un’offerta strategicamente sinergica al Pd. Anche se su Roma Marchini e Giachetti si contendono la leadership, a livello nazionale il centrodestra non ha più un progetto autonomo per il governo del paese. Si muove in sinergia con il Pd.
Ma a Roma Marchini è competitivo, e anche molto.
A Roma c’è una competizione sulla leadership dello stesso grande blocco centrista, un partito unico degli interessi più forti della città. Il resto si vedrà chiaramente se uno dei due, Marchini o Giachetti, dovesse andare al ballottaggio. I voti dell’uno andranno sull’altro. Spiace per gli elettori del Pd che, dopo l’appoggio di Verdini e della sua ’Ala’, rischiano di dover sostenere Marchini. E con lui Alessandra Mussolini. E pure l’ex sindaco Alemanno che mi pare abbia deciso di sostenere Marchini. Ma agli elettori del Pd, come agli altri, voglio parlare di programmi.
Prego.
A Roma serve una radicale discontinuità. Per questo mi sembra incredibile che il candidato del Pd Giachetti proponga come slogan «Roma torna Roma»: vuole tornare alla Roma di prima? Io non me lo augurerei. Del Modello Roma resta qualche traccia positiva, ma per lo più ha lasciato una città profondamente diseguale, con periferie in condizioni drammatiche, con interessi particolari sul versante dell’edilizia che si sono appropriati dei beni comuni della città ben più di Mafia Capitale. Spesso anche nella legalità: le varianti al piano regolatore venivano approvate ma l’urbanistica contrattata lasciava enormi spazi alle rendite.
Insomma «Roma torna Roma» non è un buon augurio?
Il Modello Roma di cui Giachetti è stato in qualche modo protagonista non è stata l’età dell’oro, è stata un’epoca segnata dalla subalternità dell’amministrazione agli interessi forti della città.
Ma quella Roma è stata governata anche dalla sinistra.
Oggi la sinistra deve proporre una forte discontinuità. Dobbiamo puntare sull’edilizia di riqualificazione e di sostenibilità ambientale; assumere come vincolo lo zero consumo di suolo; riorganizzare le municipalizzate anziché privatizzarle. Il patrimonio capitolino non va alienato ma finalizzato all’uso sociale. Per il trasporto pubblico sostenibile dobbiamo puntare sulla cura del ferro; combattere contro la realizzazione di un’autostrada a pedaggio che intreccia la Pontina, cosa che ha deciso il consiglio regionale. L’amministrazione deve liberarsi dalla subalternità agli interessi che hanno portato alla devastazione urbanistica e sociale dei piani di zona e a cementificazioni di parti sempre più ampie del nostro territorio.
Su questi temi ha grandi distanze con tutti i suoi avversari?
Sì. Ma c’è anche tanta reticenza sui programmi. Ci si intrattiene sulle questioni di buon senso come le buche e i marciapiedi puliti. Figuriamoci chi non li vuole. Ma nessuno si pronuncia sulle risorse necessarie a finanziare le politiche per la ricostruzione di Roma. Finora noi di Sinistra per Roma siamo gli unici ad aver presentato un piano dettagliato per la ristrutturazione del debito capitolino, per riportare nel bilancio comunale quei 200 milioni di addizionale Irpef, quasi la metà dell’Irpef pagata dai romani, che oggi vanno alla Cassa depositi e prestiti per rimborsare il mutuo da 5 miliardi. Che è stato sottoscritto al tasso ingiustificato, astronomico, del 5 per cento.
Lei avrebbe candidato nelle sue liste Nathalie Naim, esclusa dalle liste Pd perché querelata dai bancarellari del Tevere?
Ma certo. E mi stupisco della scelta di Giachetti. Le valutazioni politiche le fa la politica. E una buona politica deve saper distinguere, non può mettere ogni problema giudiziario sullo stesso piano. Altrimenti si rincorre qualcun altro. Ma così la politica ha già perso.
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