Farmajo si gioca l’Onu: cacciato l’inviato in Somalia
Africa Il diplomatico Nicholas Haysom aveva criticato la brutale repressione delle proteste esplose dopo l'arresto di Mukhtar Robow, ex al Shabaab redento, candidato alla presidenza regionale nel Sud Ovest. E nemico giurato degli Stati uniti
Africa Il diplomatico Nicholas Haysom aveva criticato la brutale repressione delle proteste esplose dopo l'arresto di Mukhtar Robow, ex al Shabaab redento, candidato alla presidenza regionale nel Sud Ovest. E nemico giurato degli Stati uniti
Clamoroso a Mogadiscio: il governo somalo, che di fatto senza l’Onu neanche esisterebbe, si è preso la briga di espellere a male parole l’inviato speciale della stessa Onu, Nicholas Haysom, un diplomatico sudafricano esperto, già consulente legale della presidenza Mandela.
La sua «condotta inappropriata» è una lettera nella quale critica le modalità dell’arresto, il 13 dicembre scorso, di Mukhtar Robow, candidato alla presidenza regionale nel Sud Ovest accusato di legami con il gruppo jihadista al Shabaab. Soprattutto, visto che è l’Onu a vestire, armare, addestrare e financo stipendiare la polizia del rinascente stato somalo, Haysom chiedeva conto delle circostanze in cui hanno trovato la morte una quindicina di manifestanti durante le proteste successivamente esplose nella città di Baidoa; e il perché dei 300 arresti, considerato anche l’alto numero di ragazzini.
Nella lettera Haysom informa che proprio in relazione ai fatti di Baidoa Unione europea, Germania e Gran Bretagna annunciano lo stop ai finanziamenti della polizia somala in tutto il Sud Ovest. Dove un ruolo importante è anche quello delle truppe etiopi inquadrate nella missione Amisom, gestita dall’Unione africana (con il generoso sostegno Onu) ma da sempre vista dalla popolazione come parte del problema e non della soluzione. Robow denuncia di essere stato pestato dopo l’arresto proprio da soldati etiopi, che d’altro canto hanno nel loro mandato il sostegno “attivo” alle forze di sicurezza somale, più che un’azione di peacekeeping.
Come il contingente kenyano di Amisom, che ieri è tornato protagonista nel sud della Somalia, con un raid in cui sarebbero stati uccisi almeno 7 miliziani di al Shabaab e sequestrati più o meno altrettanti kalashnikov.
Ma chi è l’uomo per il quale il governo del presidente Farmajo è disposto a giocarsi l’ombrello Onu? Ex vicecomandante dell’Unione delle corti islamiche, poi portavoce di al Shabaab, nel 2013 ha rotto con la leadership del gruppo jihadista e nel 2017 ha ufficialmente cambiato rotta, condannando il ricorso alla violenza, riconoscendo l’autorità del governo federale e annunciando il suo ingresso in politica per puntare alla presidenza della regione, se mai dovessero tenersi le elezioni programmate (dall’Onu) per i prossimi mesi.
Ma Robow è anche nemico giurato degli Usa, che lo avevano accusato di legami terroristici già ai tempi in cui guidava la filiale somala della Saudi al Haramain Foundation, nel 2002.
Oggi Trump, dopo aver cambiato le regole d’ingaggio e grazie alle “zero perdite” garantite dai droni, martella quasi ogni giorno le basi jihadiste sparse sul territorio. Con buona pace dell’Onu, è lui il principale sostegno di un governo che si fa forte di questa e altre relazioni bilaterali, come quelle sempre più intense con la Turchia e i paesi del Golfo, in chiave ricostruzione. Anche per sfidare l’Onu.
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