Fandonia Jones, storica stangata per il re delle fake news
La condanna del provocatore e pseudo giornalista Alex Jones a risarcire 49 milioni di dollari di danni ai genitori dei bambini massacrati nell’eccidio di Sandy Hook va oltre la singola causa per diffamazione e assesta un colpo all’epidemia di pseudo informazione. La causa era stata intentata dai genitori dei 20 bambini della scuola elementare massacrati nel 2012 in una delle peggiori stragi del paese. Per anni Jones ha diffuso la tesi secondo cui la sparatoria non era mai avvenuta e fosse invece una montatura per far sfigurare i sostenitori delle armi da fuoco.
Jones è un falsario seriale. In vent’anni di trasmissioni ha trasformato il suo programma radiofonico in un fruttifero impero della disinformazione con un format che incrocia dietrologie e televendite di vitamine e integratori alimentari (fra questi il testosterone Alfa «per la vitalità necessaria a combattere il globalismo»). Le sue trasmissioni radio e internet coprono il repertorio completo del complottismo nazional-populista, dal 5G per il controllo del pensiero ai gulag segretamente allestiti dalla protezione civile al filone preferito dall’area QAnon: la pedofilia cannibalistica cui sarebbe dedita Hillary Clinton e numerose star di Hollywood. Come ha lui stesso specificato: «Non arretreremo di un centimetro dinnanzi al nuovo ordine mondiale dei pedofili satanici e il loro morto rianimato Joe Biden».
Le sue «inchieste» e trafelati editoriali gli sono valsi la qualifica di «uomo più paranoico d’America» ma anche legioni di seguaci fedeli e lauti fatturati. È un «business model» che seguono in tanti ma Alex Jones non è uno qualunque – è il Michelangelo della fandonia, l’Orson Welles della notizia tendenziosa. Basso, tarchiato, in stato di perenne agitazione, con gli occhi fuori dalle orbite e la fronte madida di sudore, usa condurre la sua trasmissione quotidiana a torso nudo. Nel suo show trasmesso in streaming urla, piange, si dispera e percuote la testa in una perenne catarsi e lamento funebre per la minaccia comunista contro la patria e la civiltà occidentale assediata dalle orde transgender, abortisti e altri mostruosi antagonisti.
Nel registro di Jones nulla è mai troppo sopra le righe e tutto è lecito per atterrire un pubblico inchiavardato nel complesso dell’accerchiamento. Affatto scoraggiati delle profezie non avverate e le apocalissi oltre data di scadenza, gli ascoltatori si sintonizzano giorno dopo giorno per la dose quotidiana di allarmismo. Questo personaggio ha una linea diretta con Trump che è intervenuto più di una volta al suo programma, come altri luminari della destra oltranzista. Pochi hanno fatto più di lui per sdoganare la «frangia lunatica» del trumpismo.
Marchio di fabbrica di casa Jones è la denuncia di oscuri retroscena di fatti clamorosi: l’attacco alle torri gemelle organizzati dal governo, l’attentato al Federal building in Oklahoma ugualmente opera dell’Fbi o appunto la «falsa» sparatoria di Sandy Hook. Le sue false flags rivelano immancabilmente mastodontici depistaggi e insabbiature organizzate dallo stato profondo e sono rigorosamente libere da effettiva indagine giornalistica.
Jones si innesta infatti sulla lunga tradizione di radiofonia incendiaria che diventa caratteristica dell’estrema destra americana a cominciare dall’abrogazione della par condicio durante la deregulation reaganista degli anni 80. Il «libero mercato delle idee» diede luogo allora all’esplosione del formato talk sulle onde medie radiofoniche con l’effetto di annullare la demarcazione fra notizie ed opinioni. È stato il necessario antecedente a Fox News, la «militarizzazione» delle fake news e quella che è stata definita «frattura epistemica» che ha inficiato il giornalismo a tanta politica.
A partire dagli anni ’80 personaggi come Rush Limbaugh sdoganano l’aggressività e il contenzioso permanente come cifra politica ponendosi come «verità alternativa» alla malafede dei canali mainstream «pilotati dai poteri forti», un perfetto congegno autogiustificante. Contemporaneamente passa il diritto assoluto «di opinione» compreso ad esempio il diritto di replica per il creazionismo nelle scuole. Un’erosione antiscientifica i cui frutti avvelenati si sono rivelati appieno in era populista e pandemica .
Su questa presunta libertà assoluta di parola Alex Jones ha imbastito anche la propria difesa in tribunale, invocando il diritto di critica garantito dal primo emendamento della costituzione, lo stesso reclamato dai conservatori contro la «censura» dei social dopo l’espulsione di Donald Trump da Twitter. Ma la giuria di Austin non ha considerato che la libertà di espressione comprendesse la crudeltà particolarmente efferata contro i genitori dei bambini uccisi, trattati come bugiardi dopo aver vissuto la loro tragedia immane.
Non era una sentenza scontata negli Stati Uniti dove il reato diffamatorio è soggetto ad una scriminante assai più ampia dell’Italia. Ora il verdetto Jones (e altri processi sono previsti a breve) segna forse un’inversione di tendenza sulla disinformazione in generale.
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