Per risolvere la crisi dovuta al disimpegno di Wärtsilä dalla produzione nello stabilimento di Bagnoli della Rosandra (TS) occorre un intervento specifico del Governo. MSC, il gruppo dello shipping e della logistica di Gianluigi Aponte, ha fatto la sua proposta: rileverà l’impianto e riassorbirà i lavoratori con la prospettiva di costruire vagoni ferroviari per il trasporto merci, in un sito ideale vista la vicinanza con il Porto e le strutture di retrovia realizzate e in fieri. Da appianare parecchie divergenze con le organizzazioni sindacali su livelli stipendiali e integrativi – lo si saprà dopo il tavolo già convocato per il 28 – ma grosso sospiro di sollievo delle istituzioni locali dopo la grande preoccupazione per una  crisi che comprometteva pesantemente la già poco florida realtà industriale triestina.

Però manca un tassello che non è indifferente, quello su cui si discute da anni e che ha trovato  soluzioni solo a spizzichi e bocconi. MSC l’ha detto dall’inizio: mi faccio carico di tutto solo se  l’area di Bagnoli della Rosandra viene riconosciuta come punto franco.

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Il Porto Franco di Trieste, una storia lunga secoli, da quando nel 1719 la patente imperiale di Carlo VI  l’aveva istituito e poi Maria Teresa d’Austria ne aveva definito e allargato le prerogative fino a fare di Trieste il ricco Porto dell’Impero austro-ungarico. A seguito del Trattato di Parigi del 1947 e del Memorandum di Londra del 1954, il Porto di Trieste ha conservato alcuni vantaggi di quella previsione  con 5 punti franchi.

C’è da dire che gli accordi internazionali della fine della seconda guerra mondiale, sottoscritti da tutti i Paesi vincitori, sono da anni terreno di discussione, spesso molto accesa, in città:  c’è scritto che Trieste avrebbe dovuto essere un Territorio Libero proprio anche nel rispetto delle caratteristiche specifiche del suo Porto Franco Internazionale ma così non è stato, l’amministrazione territoriale temporaneamente affidata all’Italia è diventata annessione e di Porto Franco Internazionale si è smesso di parlare (e di fare) per decenni. Non tutti l’hanno presa bene e non a caso negli anni ogni tanto a Trieste si è riaffacciata la rivendicazione autonomista, anche con manifestazioni di piazza ben partecipate.

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Poi l’arrivo di Zeno D’Agostino che, da Presidente dell’Autorità portuale, aveva presto scoperto il fatidico Allegato VIII del Trattato di Pace e aveva cominciato a dichiarare pubblicamente il suo stupore per il poco peso che si continuava a dare a quella possibilità “d’oro”. E D’Agostino è uno che non solo parla, anche coerentemente costruisce ma la mancata notifica di extraterritorialità del Porto Franco di Trieste da parte dell’Italia all’Unione Europea  ha continuato a tirarsi dietro problemi e criticità interpretative soprattutto con l’Agenzia delle Dogane.

Oggi pone lo stesso problema anche MSC che ha già chiesto al Governo nazionale di attivare il regime di punto franco internazionale al Porto di Trieste estendendolo anche al comprensorio di Bagnoli della Rosandra al fine di garantirsi l’abbattimento dei dazi sulle merci in entrata e in uscita. Dopo tutto il nuovo insediamento realizzato dalla British American Tobacco proprio in quella zona ha ottenuto di lavorare come punto franco e molti giornali locali hanno parlato di svolta epocale: le Dogane hanno ammesso le attività della multinazionale al regime di esenzione fiscale integrale per le lavorazioni “estero su estero”.

La Regione Friuli Venezia Giulia si è subito fatta sentire approvando martedì scorso con l’unanimità del Consiglio una mozione che impegna la Giunta ad attivarsi nei confronti del Governo. Non è la prima volta che la Regione si esprime – e sempre con pieno accordo tra maggioranza e opposizione: il 15 settembre 2020 era già stata votata una mozione in tal senso e su questo era intervenuta anche una risoluzione della XIV Commissione permanente del Senato.

La richiesta della Commissione Europea è sempre stata una:  la valutazione giuridica sulla extraterritorialità del Porto Franco di Trieste è legata ad  una specifica richiesta che deve partire dal Governo italiano. Di conseguenza, un ordine del giorno parlamentare, a dicembre 2022, aveva impegnato l’Esecutivo nazionale a inoltrare la richiesta alla Commissione europea per escludere la zona franca del Porto di Trieste dal territorio doganale dell’Unione. Dicembre 2022. L’iter è già avviato, lo dicono tutti. Non resta che continuare ad aspettare.