Da martedì scorso quasi trecento lavoratori dello stabilimento di produzione dei motori Wärtsilä sanno che, pochi mesi, e poi è finita: da Helsinki era arrivato il rifiuto ad ogni trattativa e il tavolo aperto al Mimit si era chiuso nell’incredulità generale. Sgomento e rabbia espressi subito dai sindacati ma, con forza, anche dal governo, dalla Regione Fvg, dalla Confindustria.

Una nottata così buia da far pensare che perfino l’ad di Wärtsilä-Italia, Cafagna, era così amareggiato da pensare di volersi dimettere. Nessuna proroga ai contratti di solidarietà scaduti il 31 dicembre, la procedura di licenziamento collettivo attivabile fin da subito, nessun accodo di programma a garanzia del futuro. Che fare? Intanto l’assemblea dei lavoratori convocata per ieri pomeriggio dai sindacati, presenti le segreterie nazionali di categoria.
Dura ormai da più di un anno e mezzo questa battaglia per difendere il posto di lavoro, cominciata come un fulmine a ciel sereno nel luglio 2022, quando Wärtsilä aveva comunicato a freddo, bypassando regole normative e financo il management italiano, la decisione di chiudere il sito produttivo a Bagnoli e licenziare 451 lavoratori.

C’era stata una manifestazione imponente a Trieste perché era stato subito chiaro cosa avrebbe significato perdere l’industria più importante rimasta alla città ed erano scesi in piazza tutti: cittadini, lavoratori, e poi il vescovo, il presidente della Regione, il sindaco, le bandiere di Confindustria. C’era stata la soddisfazione, poi, di vincere il ricorso contro Wärtsilä perché era proprio antisindacale il comportamento che aveva tenuto e così, a licenziamenti revocati, si era tirato un sospiro di sollievo.

Si era smesso di presidiare i cancelli e, dopo settimane di blocco, si erano fatti partire i motori che Daewoo reclamava. Poi una sorta di intermezzo: lavori conclusi, nuovi ordini inesistenti, la speranza per qualcuno che Wärtsilä cambiasse idea, la faticosa ricerca di una alternativa industriale che chiamava ad un impegno più fattivo le istituzioni. Fino all’escalation di dicembre, con Ansaldo Energia che si era dichiarata disponibile e forse Mitsubishi e forse Fincantieri… comunque un tavolo era possibile, si poteva trovare il tempo per mettere a punto un accordo di programma che salvaguardasse, almeno in grossa parte, i posti di lavoro.

Si sono chiesti sei mesi di proroga dei contratti di solidarietà ma a tutte le riunioni Wärtsilä ha alzato la posta con richieste sempre più pesanti, fino a pretendere una deroga dalla legge che nel 2022 aveva cominciato a contrastare le delocalizzazioni.

Si arriva all’assemblea, dunque, con la certezza che occorre cominciare una nuova strada e che non è in discesa. Molta partecipazione, preoccupazione e consapevolezza. Ci si confronta su quanto sia grave la situazione, senza sconti, perché l’atteggiamento assunto da Wärtsilä ha messo a nudo la sua determinazione nel liberarsi senza mediazioni del settore produttivo ma anche di un suo progressivo disinteresse verso gli altri siti, quelli legati alla manutenzione, ancora attivi in Italia. L’obiettivo è saper usare proficuamente il non molto tempo che si ha davanti, dall’apertura del procedimento di licenziamento e per gli otto mesi durante i quali Wärtsilä sarà obbligata a pagare ancora gli stipendi, per costruire la necessaria alternativa. Si chiama in causa il governo, in primis, perché vengano individuati i soggetti industriali necessari e si concretizzino un piano e un accordo in tempi rapidi. Si condivide la consapevolezza che si deve supportare ogni trattativa, ogni appuntamento, con iniziative di mobilitazione dentro e fuori la fabbrica. «Il 27 gennaio ci sarà una manifestazione a Trieste ma poi, aperta la procedura di licenziamento, andremo a Roma con i lavoratori – racconta Luca Trevisan della segreteria nazionale Fiom – . Dobbiamo usare il tempo che abbiamo per costruire la reindustrializzazione a Bagnoli mentre i lavoratori ancora percepiscono lo stipendio. Le trattative devono essere serrate, la pressione alta. In assemblea abbiamo indicato i livelli delle iniziative da mettere in campo, non ne escludiamo nessuna, sarà necessario valutare bene i tempi e i modi più incisivi».