Tutto congelato per altri – lunghissimi – due anni. Mentre a Taranto si continua a morire di inquinamento e le promesse bonifiche sono una chimera, mentre 11 mila lavoratori nella stessa Taranto, a Genova, a Novi e in altri stabilimenti sono in gran parte in cassa integrazione da un decennio, Arcelor Mittal e lo stato continuano a rimandare la risoluzione dei problemi e gli investimenti.

DOPO UN TIRA E MOLLA durato più di un anno, come al solito all’ultimo momento utile è arrivata la soluzione più semplice: lasciare tutto come sta e rimandare l’aumento di capitale da 680 milioni già concordato che avrebbe dato allo stato (tramite Invitalia) il 60% del capitale, il controllo e – teoricamente – un’attenzione maggiore sui temi ambientali e occupazionali rispetto al colosso franco-indiano che in cinque anni non ha fatto altro che risparmiare. Unico mantra dell’amministratrice delegata Lucia Morselli, una che dalla Berco alle acciaierie di Terni è già passata alla storia come «mani di forbici» per la sua caparbietà nel tagliare i costi, primo fra tutti il costo del lavoro.

ANCHE IERI MORSELLI – confermata come il presidente di nomina governativa Franco Bernabè, 73enne digiuno di esperienze siderurgiche – ha dato grattacapi a governo e legali: dopo il via libera del ministro Giorgetti – (in) competente in materia – a Milano nello studio del notaio Marchetti tra Acciaierie d’Italia e i soci Invitalia e ArcelorMittal sono servite quattro ore di trattative per firmare l’accordo che proroga di due anni il termine per la salita dal 38 al 60% dello stato nel capitale dell’ex Ilva. «C’era ancora qualche nodo da sciogliere», hanno commentato tutti. Morselli ha imposto sconti su varie voci già definite.
La motivazione addotta per questo congelamento ha a che fare totalmente con la questione ambientale. «L’accordo per la proroga di 2 anni (fino al 31 maggio 2024) dell’affitto dei complessi aziendali consente a Ilva di chiedere la revoca dei provvedimenti giudiziari che gravano sullo stabilimento di Taranto», spiega il comunicato aziendale.

MA PROPRIO IERI su questo punto è arrivata la sentenza della Corte d’Assise di Taranto che ha respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell’area a caldo presentata ad aprile dai commissari di Ilva, appoggiando il parere negativo espresso dalla Procura. La decisione è stata presa dalla Corte d’Assise che un anno fa emise la sentenza di primo grado del processo «Ambiente svenduto» per disastro ambientale con pene pesanti.

IL SEQUESTRO DEGLI IMPIANTI fu disposto il 26 luglio del 2012 dal gip Patrizia Todisco, in seguito fu concessa la facoltà d’uso. Il dissequestro dell’area a caldo è una delle clausole sospensive del contratto di investimento tra ArcelorMittal e Ilva. E dunque l’accordo è profetico per Morselli.
Che ieri prima della sentenza aveva già commentato: «È una proroga importante perché abbiamo tempo di terminare il piano ambientale e gli investimenti. Io ricordo cos’era l’azienda due anni fa, ora si possono fare grandissime cose», ha concluso con sprezzo del ridicolo.

LA MANAGER HA POI CONFERMATO gli obiettivi per il 2022 di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotto, quando a quasi metà anno la produzione non è ancora arrivata a 1,5 milioni di tonnellate. «Ci sono – ha precisato Morselli – finanziamenti già deliberati e di questo vorrei ringraziare i ministri dello Sviluppo e del Tesoro che sono stati grandissimi partner in questa operazione», a conferma che il governo fa gli interessi più di Mittal che dell’ambiente e dei lavoratori.

E difatti i sindacati sono infuriati proprio con il governo. Per il leader della Uilm Rocco Palombella, lo slittamento del closing rappresenta «un altro macigno che si abbatte su questa vertenza. Pretendiamo di conoscere una volta per tutte le intenzioni reali di Giorgetti e del governo e siamo pronti a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per ottenere le risposte che attendiamo ormai da troppi anni». Per Michele De Palma, segretario generale Fiom, «è una questione nazionale su cui è necessario che sia Draghi a garantire il confronto. Abbiamo convocato una riunione a Taranto il 15 giugno, insieme a Fim e Uilm di delegati di tutti gli stabilimenti del gruppo, per rilanciare l’iniziativa sindacale».