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Ex Ilva, altre quattro condanne per l’Italia: «Salute in pericolo»

Ex Ilva, altre quattro condanne per l’Italia: «Salute in pericolo»Taranto, ex Ilva – Ansa

Le sentenze emesse della Corte europea Ma il governo si difende e tira dritto: nel decreto Energia fondi della bonifica dirottati sulla produzione. I 5stelle annunciano battaglia

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 6 maggio 2022

La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha pronunciato ieri 4 condanne nei confronti dell’Italia per le emissioni dell’ex Ilva di Taranto, responsabili di mettere a rischio la salute dei cittadini. Alcuni dei ricorrenti sono o erano dipendenti, una parte di questi ha contratto patologie «che ritengono essere malattie professionali», inoltre accusano lo Stato di non aver adottato le misure legali e regolamentari per proteggere salute e ambiente e neppure fornito informazioni sull’inquinamento e i rischi connessi. La Corte, citando le precedenti condanne all’Italia per altri casi collegati all’acciaieria, ha ritenuto che ci sia stata una violazione degli articoli 8 e 13 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, rispettivamente sul rispetto della vita privata e familiare e sul diritto a un rimedio effettivo.

LE CONDANNE riguardano i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019. L’Italia era stata già condannata nel gennaio 2019 (sentenza diventata definitiva). L’anno scorso il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha stabilito che «le autorità italiane non avevano fornito informazioni precise sulla messa in atto effettiva del piano ambientale, un elemento essenziale per assicurare che l’attività dell’acciaieria non continui a rappresentare un rischio per la salute».

IL GOVERNO si è difeso sottolineando che il 5 aprile ha presentato al Comitato dei ministri nuovi elementi sull’attuazione del piano ambientale, in vista del prossimo esame del caso a giugno. Il documento contiene un resoconto degli interventi, valutati durante l’ultima riunione dell’Osservatorio Ilva dello scorso dicembre. Dalla documentazione, spiega il governo, «emerge che la maggior parte delle misure previste sono state attuate» come l’istallazione di un filtro a maniche per il camino E312 nel reparto agglomerazione, la modernizzazione di 4 batterie di forni per la cokefazione e i lavori di ambientalizzazione di tre altoforni. Giovanni Perelli del sindacato di base Lavoratori metalmeccanici organizzati: «Dieci di noi hanno denunciato, due sono morti dopo essersi ammalati. È una pronuncia importante affinché i cittadini trovino la forza di opporsi a tutte le situazioni non compatibili con la vita nei casi in cui non ottengano risconti dalla giustizia italiana». La Cedu ha anche riconosciuto un indennizzo ai lavoratori che si sono ammalati o agli eredi.

«NELL’AGOSTO DEL 2012 la magistratura sequestrò l’Ilva perché pericolosa. Sono passati quasi 10 anni e la salute dei cittadini è ancora a rischio. Un rischio sanitario considerato inaccettabile da tutti gli studi epidemiologici» commenta Alessandro Marescotti di Peacelink, che il 22 maggio ha organizzato una manifestazione di protesta. «Le 4 condanne sono la plastica evidenza di tutte le inadempienze dei governi che si sono succeduti – prosegue -. Taranto come zona di sacrificio dei diritti umani, come l’Onu l’ha definita nel Rapporto dello scorso 15 febbraio. Ci attende uno stillicidio di morti premature evitabili, quantificate predittivamente dall’Oms fra le 50 e le 80 unità in dieci anni. Anche in presenza dell’attuazione di quelle prescrizioni ambientali che ancora non sono state completamente attuate. Nonostante ciò Acciaierie d’Italia ha chiesto il dissequestro degli impianti. Noi ci opporremo. È razzismo ambientale: la violazione dei diritti fondamentali avviene in una zona del Sud su cui scaricare ciò che altrove non sarebbe accettabile».

L’EURODEPUTATA DEI GREENS Rosa D’Amato: «Negli ultimi mesi la situazione è peggiorata: l’Arpa Puglia ha riscontrato ‘significativi incrementi delle concentrazioni degli inquinanti gassosi, in particolare biossido di zolfo e benzene’. Ma Draghi ha in programma un aumento della produzione attraverso il dirottamento di 150 milioni che dovrebbero andare alla bonifica». Il provvedimento è inserito nel decreto Energia in discussione e i 5S hanno annunciato battaglia anche su questo fronte: «Il nostro è un No irremovibile».

L’ACCIAIERIA non assicura neppure più il reddito. Ieri a molti lavoratori è stato negato l’ingresso: hanno scoperto così di essere in cassa integrazione. La denuncia è di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb. Oggi i dipendenti (inclusi quelli delle ditte in appalto) aderenti ai 4 sindacati sciopereranno per l’intera giornata: «La transizione ecologica non può essere una scatola vuota nelle mani di una multinazionale. Il governo faccia chiarezza sul futuro. Acciaierie d’Italia aveva dichiarato come obiettivo del 2022 la produzione di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio, obiettivo disatteso e con esso le speranze di rientro dei lavoratori in cig».

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