Europa ancora divisa sui migranti
Deriva destra A Granada Meloni parla di successo del vertice ma Polonia e Ungheria si staccano. Orbán: «Stuprati dalla Ue»
Deriva destra A Granada Meloni parla di successo del vertice ma Polonia e Ungheria si staccano. Orbán: «Stuprati dalla Ue»
Di informale c’è solo la convocazione del vertice, perché le divisioni tra i 27 leader europei che ieri si sono visti a Grenada sono ufficiali e belle pesanti. Basta ascoltare le parole con cui Viktor Orbán parla dell’accordo raggiunto tre giorni fa sul Regolamento per la gestione delle crisi migratorie, sul quale sia Budapest che Varsavia hanno votato contro: «Ungheria e Polonia – dice il premier ungherese – sono state totalmente tagliate fuori, non c’è nessuna possibilità di compromesso perché giuridicamente siamo stati stuprati. Come si può avere un accordo su una cosa che non ti piace?». Domanda retorica che Orbán rivolge anche all’amica e alleata Giorgia Meloni che invece quel regolamento lo ha votato.
ALLA FINE Ungheria e Polonia mettono il veto all’inserimento del capitolo sull’immigrazione nel documento finale del vertice spagnolo, confinandolo in una dichiarazione della presidenza del Consiglio. Cose che in passato si sono già viste e conseguenza anche ieri del fallito tentativo di Orbán e del premier polacco Morawiecki di procedere con un voto all’unanimità sulle questioni che riguardano i migranti. Di nuovo, semmai, ci sono i toni bruschi con cui sia il presidente francese Emmanuel Macron che il cancelliere Olaf Scholz rispondono a Orbán. Ungheria e Polonia, dice il primo, «avevano già manifestato a livello ministeriale la loro contrarietà, ma non ha la natura di bloccare una decisione che viene presa all’unanimità». Altrettanto sbrigativo il tedesco: l’accordo sul Patto migrazione e asilo, di cui il Regolamento fa parte, «crea regole vincolanti che non possono essere bloccate da paesi isolati». Capitolo chiuso, pare di capire, anche per il futuro.
Ma a Granada si sono visti anche i segnali di nuovi, possibili riposizionamenti. Le elezioni europee si avvicinano e nonostante la presidente dell’europarlamento Roberta Metsola abbia invitato tutti a non fare dell’immigrazione il tema dominante della campagna elettorale è proprio su questo argomento, oggi in mano alle destre come dimostra il vertice tra Meloni e il premier inglese Sunak, che si giocherà gran parte della partita. Così ieri Josep Borrell, ministro degli Esteri della Ue, ha aperto alla possibilità di una missione navale europea «contro i trafficanti». «Dobbiamo pensare a un controllo delle frontiere esterne non solo nel Mediterraneo ma anche nel Sahel. È un compito difficile, ma sono pronto a considerare questa opzione», ha spiegato Borrell aggiungendo che «per far questo serve l’accordo con la Tunisia». Da parte sua Scholz ha invece fatto sapere che è stato il parlamento tedesco e non lui a volere il finanziamento pubblico delle ong.
Per il resto il vertice di Grenada non ha offerto altre novità di rilievo. Meloni, alla continua ricerca di consensi, ha avuto due incontri a quattrocchi prima con Morawiecki e poi Scholz. Il primo, che doveva servire probabilmente ad attenuare la posizione di Varsavia, non va in porto. Il 15 ottobre in Polonia si vota e stando ad alcuni sondaggi le opposizioni cominciano a far sentire il fiato sul collo del premier. Non a caso il governo guidato dal PiS ha pensato bene di abbinare alle elezioni politiche un referendum sul ricollocamento dei migranti in Europa con un quesito che è un invito a votare no: ai polacchi si chiede infatti se sono favorevoli al «ricollocamento di migliaia di migranti di provenienza medio orientale come vuole l’Ue». «Io sono il primo ministro della Polonia, sono responsabile della sua sicurezza e di quella dei suoi cittadini», ha spiegato ieri Morawiecki. «La Polonia è e rimarrà sicura sotto il governo del PiS».
CON SCHOLZ il risultato era invece scontato. Siglata nei giorni scorsi la pace sulle ong, entrambi i leader avevano tutto l’interesse a mostrare di aver ricucito un rapporto che sembrava ormai n crisi. Sarebbero rientrati anche i dubbi che il cancelliere aveva mostrato sul Memorandm siglato con la Tunisia. «Ho parlato a lungo con Scholz – ha detto Meloni – mi pare che anche lui sia consapevole del fatto che la strategia proposta dall’Italia sia l’unica efficace».
SUI RAPPORTI da tenere con il presidente tunisino Saied le divisioni non sono però ancora superate. Ed è sempre Borrell a chiedere quello che sembra un ripensamento dell’accordo: «Ci sono due modi per lavorare con la Tunisia», spiega. «Uno è il memorandum, l’altro è il Consiglio di associazione Ue-Tunisi, che presiedo. Entro la fine dell’anno convocherò una riunione del Consiglio, è questo il luogo in cui discutiamo con la Tunisia su come cooperare su tutto, compresa la migrazione»
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