Esplosivo e pistole per l’arsenale dell’Egitto: l’Italia raddoppia
Bell'affare Il nuovo rapporto di EgyptWide: dai 35 milioni di euro del 2021 ai 72 del 2022 per i sistemi d’arma usati dalla polizia
Bell'affare Il nuovo rapporto di EgyptWide: dai 35 milioni di euro del 2021 ai 72 del 2022 per i sistemi d’arma usati dalla polizia
Pistole e armi leggere, esplosivo Tnt, attrezzature per l’addestramento e pezzi di ricambio: questa la parte più consistente dell’export verso l’Egitto di armi fabbricate in Italia. «Sembrano componenti secondarie ma possono giocare un ruolo significativo nella violazione dei diritti umani e quindi del diritto internazionale», è l’allarme lanciato da Alice Franchini, responsabile advocacy di EgyptWide.
A ridosso del primo turno delle presidenziali del 10 dicembre, l’organizzazione con sede in Italia ha pubblicato un report con cui avverte: nel 2022 l’export di sistemi d’arma fabbricati in Italia verso Il Cairo è più che raddoppiato, passando dai 35 milioni di euro del 2021 ai 72 milioni del 2022.
LO STUDIO è stato realizzato a partire dalla «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento vendita e l’acquisto di materiale bellico e di sicurezza», presentato al parlamento nel luglio scorso. Una cifra cui si devono aggiungere i materiali esportati sotto precedenti licenze, oltre 262 milioni.
Per legge, l’ultima parola sulla vendita di specifiche tecnologie e sistemi militari a Stati terzi spetta al governo e nello specifico all’Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), che fa capo al ministero degli esteri, chiamato a verificare che lo Stato acquirente non sia coinvolto in un conflitto in qualità di invasore o aggressore, né essere interessato da embargo sulle armi.
Elementi che non riguardano l’Egitto, eppure il report di EgyptWide – dal titolo «Made in Italy per reprimere in Egitto – Rapporto annuale sulle armi italiane in Egitto 2022» – mette in luce possibili violazioni.
Franchini continua: «Abbiamo identificato l’uso di armi di fabbricazione italiana, soprattutto leggere tra cui pistole, per reprimere manifestazioni pacifiche come quelle di piazza Rabaa Al-Adawiya e Al-Nahda» del 2013 al Cairo, per chiedere il rilascio dell’allora presidente Mohammed Morsi, al cui arresto seguì l’ascesa del generale Abdel Fattah Al-Sisi.
Oltre 900 persone persero la vita quando gli agenti aprirono il fuoco sulla folla. EgyptWide denuncia poi l’esportazione «dell’esplosivo Composto B (RDX+TNT), che si usa – osserva Franchini – per ordigni in operazioni offensive, ma l’Egitto non è in guerra, sebbene da anni conduca un conflitto invisibile nel Sinai», regione in cui diverse organizzazioni, tra cui Amnesty e Human Rights Watch, denunciano esecuzioni extragiudiziali. Non solo: «Il Tnt si usa per fabbricare mine antiuomo, ma l’Italia è firmataria della Convenzione di Ottawa per la messa al bando».
IL REPORT del parlamento poi «non chiarisce la quantità esportata. Indica il valore 9.675 senza specificare l’unità di misura». Il documento annuale del governo preoccupa anche sul fronte interno: «Non solo è stato consegnato alle Camere a luglio invece che a marzo» ma dimostrerebbe che «permane un trend in crescita nelle esportazioni di armi, concentrato nelle mani delle solite aziende come Leonardo, Fincantieri e Simmel Difesa».
Franchini conclude: «Chiediamo all’Italia di non riconoscere il prossimo governo egiziano, frutto di elezioni fortemente antidemocratiche, con candidati d’opposizione perseguitati e media imbavagliati, ma anche di rivedere gli accordi sulle armi che rafforzano gli apparati militari che sostengono e legittimano l’attuale presidenza al-Sisi, ritenuta responsabile di violazioni dei diritti umani, ponendo inoltre un tema di sostenibilità economica».
Con l’inflazione oltre il 40%, la sterlina egiziana dimezzata e l’aumento generale dei prezzi, «l’Egitto attraversa una delle peggiori crisi economiche, nel 2023 Bloomberg lo indica come il secondo paese al mondo più vulnerabile alla crisi del debito dopo l’Ucraina. Da anni si tagliano fondi a scuola, sanità e welfare, ma si possono spendere milioni in armi».
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