Esistenze che non sono state, quel “Totem” che narra 85 storie possibili
Strage di Bologna L’installazione «Vite interrotte il 2 agosto 1980», tra la targa dei caduti e la sala d’attesa della stazione
Strage di Bologna L’installazione «Vite interrotte il 2 agosto 1980», tra la targa dei caduti e la sala d’attesa della stazione
Cosa ci ha portato via la strage alla stazione di Bologna? È da questa domanda che prende spunto il progetto Vite Interrotte il 2 agosto 1980 di Aldo Balzanelli e Cinzia Venturoli, storica e docente universitaria che cura i progetti didattici dell’associazione tra i familiari delle vittime, che ha contribuito alla realizzazione, per Cantiere Bologna.
Oltre a ottantacinque vite, con loro se n’è andato il futuro e il passato. Dalla vittima più anziana di 86 anni, testimone di due guerre, a quella più giovane, Angela Fresu, di soli tre anni. Nei racconti immaginati ispirati ad alcuni elementi biografici, ognuna di loro ha esaudito desideri, realizzato sogni e portato a termine viaggi. Le loro vite sono andate avanti, chi si è innamorato, sposato, è diventato genitore.
La piccola Angela Fresu probabilmente sarebbe diventata una ballerina, avrebbe danzato all’Arena di Verona e alla Scala di Milano e con una laurea in scienze motorie avrebbe insegnato educazione fisica al liceo. Fino al 3 agosto ottantacinque piccole storie sono raccontate in audio attraverso due totem multimediali. Uno nel cantone fra piazza Nettuno e via Ugo Bassi, vicino alla targa che ricorda i caduti in guerra e le stragi, l’altro nella sala d’attesa della stazione intitolata a Torquato Secci, fondatore e primo presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage, che perse il figlio il 2 agosto.
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L’esilio civile della strage più grave della RepubblicaI racconti di un futuro possibile sono diffusi in successione fino al 3 agosto per le celebrazioni del 43esimo anniversario. «Il progetto è nato dall’idea di una studentessa di portare a compimento quei viaggi», spiega Cinzia Venturoli, «da anni cerchiamo di dare un volto a quelle persone per conoscerle e rimetterle nel cuore, come dal verbo ricordare appunto. Questo permette di capire meglio e mantenere viva la memoria, un processo utile anche per comprendere la verità giudiziaria e storica».
«Hanno partecipato bambini delle elementari, ragazzi delle medie, persone comuni, attori, e ogni racconto è commovente. Dentro una vita ce ne stanno altre cento e questo ci mostra la potenzialità che possiamo essere tutto quello che sogniamo. I bambini hanno liberato la fantasia, i loro lavori, frutto di alcuni mesi di laboratori nelle scuole, colpiscono per spontaneità e ricchezza. Ascoltano con il cuore, sentono in modo profondo le testimonianze, creano una grande empatia, capendo, relativamente all’età, anche il contesto storico, il terrorismo, la violenza. Quello che chiedono più spesso è se ci sono sentimenti di vendetta verso gli esecutori. La risposta è sempre la ricerca di giustizia, questa è un’importante lezione di educazione civica alla cittadinanza. I piccoli hanno il senso della giustizia molto sviluppato e capiscono che la violenza non è una via. Si rapportano con i familiari con estrema delicatezza, sono preoccupati di non farli soffrire e portano loro molto rispetto. Questo ci dà una grande speranza, così si mobilitano cittadini attivi che lo saranno su tanti temi, saranno portatori di richieste come il diritto alla verità. Così scoprono che si diventa comunità attiva per la vita democratica del paese, per crescere tutti insieme come una comunità educante che si spinge ad agire per non restare passiva. Questo lavoro è come un filo di Arianna per le ultime vicende processuali, ci aiuta a comprendere quello che succede. Non è semplice leggere una sentenza, approfondire aiuta a rendere i cittadini più consapevoli per decodificare le notizie».
I testi sono stati scritti e letti anche da Alessandro Bergonzoni, Valentina Lodovini, Lella Costa, Neri Marcorè, Margaret Collina e Angela Malfitano.
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