“Diamo al sultano tutto quello che vuole” ha titolato in prima pagina il giornale ateniese Dimokratia, l’unico che ha informazioni di prima mano su ciò che si è discusso nell’incontro tra Mitsotakis e Erdogan al vertice Nato di Vilnius.

Il premier greco è stato generoso nei sorrisi ma molto vago sul contenuto del colloquio. Il silenzio è dovuto al fatto che il suo governo ha accettato in toto le richieste turche, abbandonando la tradizionale posizione di Atene secondo cui l’unica cosa da negoziare con Ankara è la definizione della Zona Economica Esclusiva nell’Egeo.

La parte più allarmante del colloquio è stato quello che riguarda la presunta “collaborazione contro il terrorismo”, visto che Erdogan considera “terrorista” qualsiasi opposizione di sinistra. Veniamo a sapere infatti che la parte turca ha avuto modo di congratularsi con il premier greco il quale qualche mese fa ha lanciato un attacco frontale contro i rifugiati kurdi concentrati nei loro campi autogestiti nel porto di Lavrion, a pochi chilometri da Atene.

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Si tratta di un campo fondato negli anni ’80 che ha ospitato più di 3.000 rifugiati kurdi. Fin dalla sua fondazione i media turchi hanno cominciato gli attacchi, sostenendo che si tratta di un “campo di addestramento di terroristi”. Ne parlo con il giornalista kurdo Vedat Ieler, che lo ha conosciuto a fondo: «Sono passate da questo campo migliaia di persone, non solo kurdi ma anche militanti della sinistra turca. Ci sono nati tanti bambini. Se addestramento c’è stato, era una profonda maturazione politica e sociale, in contatto con la città che ci ha accolti. Da Lavrion non è mai passata un’arma».

Ma è proprio questa presenza che dava fastidio a Erdogan. Il quale si è complimentato con Mitsotakis perché qualche mese fa con 250 poliziotti armati di tutto punto ha cacciato i rifugiati dal campo di Lavrion e li ha trasferiti in un campo chiuso a Inofita, in piena campagna. In totale si sono trasferite solo 57 persone, perché la maggior parte dei rifugiati ha preferito cercare rifugio in Europa o altrove. Sempre a Inofita sono ospitate anche 120 famiglie di kurdi siriani.

Il pericolo più grave per i rifugiati è che l’accordo tra Mitsotakis ed Erdogan preveda la loro consegna alla Turchia. Una pratica che Atene ha fatto ampiamente negli anni passati, consegnando alle autorità turche militanti kurdi e turchi, tutti accusati di “terrorismo”. Più di recente è prevalsa la pratica di arrestare e condannare in Grecia per “terrorismo”. i militanti turchi e kurdi. Il caso più clamoroso è stato quello riguardante di 11 militanti turchi del Fronte Popolare (ex Dhkp-c) condannati l’anno scorso a complessivi 437 anni di galera con l’accusa di terrorismo. Dopo scioperi della fame e pressioni della sinistra greca alla fine i militanti sono stati assolti e scarcerati.

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«La Grecia è la prima tappa per chi fugge dalla Turchia – spiega Vedat Ieler – Erdogan non vuole oppositori nei territori di confine. Ha intrapreso un’offensiva contro i kurdi in Iraq, in Siria e Medio Oriente, ora anche in Grecia. Bisogna fermarlo, o continuerà nei suoi deliri imperiali».