L’Altra Europa italiana, quando la lotta era greco-romana
Tsipras Le dimissioni del leader ellenico viste dagli esponenti della lista che portava il suo nome
Tsipras Le dimissioni del leader ellenico viste dagli esponenti della lista che portava il suo nome
Se il ciclo di Alexis Tsipras pare giunto al termine, non bisogna dimenticare che la sua figura ha avuto un ruolo nei tentativi della sinistra italiana di dare vita a un soggetto nuovo. Si era all’inizio del 2014 quando il partito della Sinistra europea scelse il giovane leader greco come candidato presidente alla Commissione Ue per le elezioni europee di quell’anno. L’idea partiva da un’intuizione che avrebbe trovato conferma di lì a poco, purtroppo proprio sulla pelle dei greci: la lotta contro l’austerity Ue non era questione di un solo paese, bisognava cogliere la sfida della dimensione europeista.+
Tsipras, esponente di una sinistra radicale ma non settaria né minoritaria, trovò terreno fertile perché non mancavano le corrispondenze tra i due paesi del Mediterraneo. Da venticinquenne, ad esempio, era in procinto di raggiungere Genova nei giorni del G8 del luglio 2001 (vennero fermati a manganellate sul molo). Del resto, la sinistra postnovecentesca greca che poi si sarebbe ritrovata in Syriza guardava con curiosità ai comunismi italiani non ortodossi che gettavano il loro sguardo oltre il socialismo reale. Luciana Castellina è stata testimone delle relazioni e di come si sono evolute nel corso degli anni: venne arrestata nel 1967 ad Atene dal regime dei colonnelli e ha accettato di candidarsi nelle liste greche di Syriza nel 2019. «Syriza nasce da quello che si chiamava il Partito comunista dell’interno, cioè non fedele a Mosca – racconta – Il primo nucleo si fece a Roma, all’epoca dei colonelli, con studenti e compagni esiliati». C’è un’ulteriore tratto comune tra sinistre greche e italiane: l’alto tasso di conflittualità interna. «Nacquero da gruppi diversi, ma erano persino più litigiosi di noi», sottolinea Castellina. Eppure la lista si fece, prese il nome de L ’altra Europa con Tsipras e venne lanciata da un appello firmato da Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale pubblicato su questo giornale.
Non mancarono gli screzi interni: il direttore di Micromega Alberto Flores D’Arcais, ad esempio, si indignò perché in lista trovò posto anche il disobbediente Luca Casarini: ai suoi occhi aveva il difetto di non possedere una fedina penale immacolata, anche se Casarini provò a spiegare che i reati di cui era accusato erano connessi alle lotte sociali. La lista riuscì a superare lo sbarramento del 4% ed eleggere tre parlamentari europei. Moni Ovadia come da accordi si dimise e lasciò il posto a Curzio Maltese. Cambiò idea e si tenne il seggio Barbara Spinelli, alla quale sarebbe dovuto subentrare Marco Furfaro, oggi nella segretaria Pdcon Elly Schlein. Per Rifondazione la spuntò Eleonora Forenza.
Pochi mesi dopo, a luglio del 2015, gli italiani si precipitarono ad Atene in soccorso dei compagni ellenici nei giorni del referendum sulla troika: era quella che venne chiamata (non senza qualche ironia) «Brigata Tsipras». Ci andò anche Beppe Grillo, nel pieno del boom del suo M5S, ma in piazza venne contestato per le sue posizioni non esattamente di sinistra su temi quali migranti e giustizialismo. Il che rafforzò la speranza degli tsiprioti d’Italia di costruire uno spazio di sinistra distinto dai 5 Stelle. Non andò così, come è noto. «Sulle sorti dell’Altra Europa con Tsipras hanno pesato sia la grande che la piccola politica – sostiene l’ex europarlamentare Eleonora Forenza – Non si era creato un senso di responsabilità collettiva verso il milione di persone che ci aveva votato. E ci ha divisi il giudizio sulle socialdemocrazie europee. Di certo è stato un delitto politico non proseguire». Claudio Riccio non venne eletto per poco: veniva dai movimenti studenteschi e raccolse ben 22 mila voti con una campagna dal basso. «Parlare di Tsipras è un modo di guardarsi allo specchio – dice Riccio – In Grecia hanno continuato a costruire e raggiungere percentuali che anche nella sconfitta sono lontane da quanto abbiamo sperimentato in Italia. La dice lunga su come è stato dilapidato quel patrimonio e sulla totale inadeguatezza delle classi dirigenti della sinistra in questi anni».
Tsipras, dal canto suo, è rimasto imbrigliato nel piano di rientro Ue. «La sola cosa che poteva fare era ridurre al minimo i costi – sostiene ancora Castellina – Ancora nel 2019, per altro, perse il governo ma arrivò oltre il 31%, cioè più di quanto qualsiasi altro partito di sinistra o socialdemocratico avesse preso in Europa». Con le sue dimissioni si chiude un ciclo? «Ce lo diranno le elezioni in Spagna del mese prossimo e le europee del 2024» dice Forenza. Secondo la quale «la genesi delle vittorie della destra e dell’estrema destra si trova proprio nel ricatto del 2014. Quella sfida del Veneto del sud di Syriza e Podemos è stata messa sotto attacco da socialisti e popolari. Il frutto avvelenato di tutto ciò è il ciclo delle destre che rischia di produrre alleanza in Ue tra popolari e conservatori».
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