Sei Nazioni, Grande Slam e ovviamente Triple Crown. Sabato sera tutta l’Irlanda ha festeggiato il suo quarto en plein nel torneo di rugby più antico del mondo. Tutta l’isola, perché nel gioco con la palla ovale non c’è Brexit che tenga e non c’è differenza tra il Nord che fa parte del Regno Unito e le altre tre province riunite sotto la bandiera dell’Eire. Una sola squadra e una sola Irlanda. L’isola di smeraldo celebra così il weekend di San Patrizio, il suo santo patrono. Pub aperti oltre gli orari, birra a fiumi, tanta felicità. L’ultimo miglio, quello che mancava per il trionfo finale, si è corso all’Aviva Stadium di Dublino, contro un’Inghilterra che sette giorni fa era stata distrutta e umiliata dalla Francia al Twickenham. Era un match da temere.

POCHI MINUTI prima che Jaco Piper, l’esperto arbitro sudafricano chiamato a dirigere il match più importante di questa giornata conclusiva del torneo, fischiasse il calcio di inizio, la Francia era uscita vincente per 41 a 28 dalla sfida con il Galles allo Stade de France. Le tre mete incassate dai galletti nella seconda parte di gara, dopo aver ampiamente dominato, avevano certamente fatto infuriare Fabien Galthié e facilitato le cose per l’Irlanda: una sconfitta di stretta misura, con meno di 7 punti di scarto, non avrebbe comunque impedito agli uomini in verde di acciuffare la vittoria finale nel torneo. C’era però in ballo il Grande Slam al quale nessun irlandese era disposto a rinunciare. Irlanda-Inghilterra non è stato tuttavia una passeggiata. Il XV della Rosa è partito forte, portandosi sul 6 a 0 con due calci piazzati di Owen Farrell. Dall’altra parte i padroni di casa sono invece apparsi impacciati, appesantiti dalla posta in gioco, sotto nel punteggio. A riportarli avanti è stata una meta di Dan Sheehan al 36’ e a risolvere la questione è stato Jaco Piper che a pochi secondi dall’intervallo ha espulso l’estremo inglese Freddie Steward per un’entrata di spalla su Hugo Keenan. Cartellino rosso, Inghilterra in 14 per tutto il secondo tempo e regolamento da rivedere – si parte dal massimo della sanzione e si valutano eventuali attenuanti.Per la nazionale del trifoglio è il ventitreesimo successo nel torneo e il quarto Grande Slam. Ma soprattutto è la conferma di quanto il rugby irlandese sia riuscito ad affrontare nella maniera migliore la transizione al professionismo, organizzando la sua attività intorno alle franchigie delle quattro province – Leinster. Munster, Connacht e Ulster.

DI FATTO la sfida della giornata si concludeva lì, in quel momento. Al 18’ del primo tempo Jonathan Sexton, 37 anni, probabilmente al suo ultimo match nel torneo, aveva messo l’ennesimo calcio piazzato della sua lunga carriera superando Ronan O’ Gara nella classifica del miglior marcatore di tutti i tempi nel Sei Nazioni e questo aveva già acceso le polveri dell’entusiasmo tra il pubblico. Tutto il resto è stata una formalità, comprese le tre mete di Henshaw, Sheehan e Herring che hanno sigillato il risultato finale (29 a 16), e un cartellino giallo per Jack Willis che ha certificato il fallimento della nazionale d’Inghilterra a pochi mesi dall’inizio della coppa del mondo. Irlanda e Francia si confermano prima e seconda squadra del mondo nel ranking di World Rugby e si avvicinano alla rassegna iridata nel ruolo di grandi favorite. Ognuna con la propria identità e il proprio impianto di gioco. Con una differenza: la Francia ha disputato ben tre finali (1987, 1999, 2011) perdendole tutte, l’Irlanda non è mai andata oltre i quarti di finale e la storia della sua partecipazione alla William Webb Ellis Cup è una lunga sequenza di delusioni. Vedremo come andrà questa volta. Per la nazionale del trifoglio è il ventitreesimo successo nel torneo e il quarto Grande Slam. Ma soprattutto è la conferma di quanto il rugby irlandese sia riuscito ad affrontare nella maniera migliore la transizione al professionismo, organizzando la sua attività intorno alle franchigie delle quattro province – Leinster. Munster, Connacht e Ulster. Da quando nel 2000 il torneo è passato alla formula a sei squadre con l’ingresso dell’Italia,  l’Irlanda è la nazione che ha vinto più partite in assoluto e che ha saputo sempre mantenere uno standard di prestazioni elevato.

L’ITALIA ha chiuso all’ultimo posto. Cinque match e altrettante sconfitte. Cucchiaio di legno  con whitewash. Poteva andare meglio? Sì, forse poteva. La sfida di sabato a Murrayfield  è stata una partita che si poteva vincere. La Scozia era priva del suo condottiero Stuart Hogg e del suo geniale (e un po’ discontinuo) mediano di apertura, Finn Russell. All’Italia mancava Ange Capuozzo – mai assenza è pesata di più – e all’ultimo minuto ha dato forfait anche Tommaso Menoncello, altro importante terminale offensivo. La Scozia ha però trovato in Blair Kinghorn un sostituto all’altezza in cabina di regia – tre mete per lui –; l’Italia ha provato ad affidarsi a un esordiente, Simone Gesi, schierato all’ala con Allan estremo, senza risultati apprezzabili. E quando nel finale di gara si è trattato di finalizzare una serie di attacchi a ridosso della linea di meta scozzese, dopo che una meta di Allan aveva portato gli azzurri a soli 5 punti dagli avversari, sono emersi tutti i limiti tecnici di una squadra giovane, inesperta, non ancora capace di gestire le fasi decisive di un match. Troppi errori, troppa fretta, troppi gesti tecnici mal eseguiti. Il bilancio sportivo della squadra è in rosso. L’Italia ha giocato alla pari le prime tre partite (Francia, Inghilterra, Irlanda) per poi calare, mentalmente più che fisicamente, negli ultimi due impegni. Ma questo è il segno distintivo del Sei Nazioni: non ammette flessioni, cali di rendimento e di concentrazione. Rispetto al passato, al decennio 2013-2022 delle sconfitte a ripetizione, ci sono tuttavia dei segnali positivi: i giovani talenti, una mentalità offensiva (va però gestita meglio),  una voglia di giocare di cui ha preso atto anche la stampa britannica, da sempre severa con il rugby italiano.

Il cammino mondiale degli azzurri sarà prevedibilmente breve. Nel girone ci sono la Francia e gli All Blacks e la strada che porta ai quarti di finale appare sbarrata. Uruguay e Namibia saranno gli avversari da sconfiggere ma tutte e quattro le partite dovranno confermare i progressi dell’ultimo anno. Poi si potrà pensare al prossimo Sei Nazioni.