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Émilie du Châtelet, savante e incidentalmente amante di Voltaire

Émilie du Châtelet, savante e incidentalmente amante di Voltaire

Settecento francese «La ragazza con il compasso d’oro», da Sellerio

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 aprile 2023

Il prezioso ritratto degli inizi del Settecento di Nicolas de Largillière, raffigurante una studiosa che domina le scienze e padroneggia le leggi della filosofia naturale, da sempre identificata con Émilie du Châtelet, è considerato oggi come la rappresentazione di Uranie, dea dell’astronomia e della geometria. Proprio tramite l’intrecciarsi delle figure di Uranie ed Émilie, la musa idealizzata e la donna reale, va letto il libro di Paola Cosmacini, La ragazza con il compasso d’oro La straordinaria vita della scienziata Émilie du Châtelet (Sellerio, 2023 pp. 250, € 20,00) che evita il genere usurato della biografia romanzata, per tracciare lo spirito del secolo dei Lumi attraverso il ritratto di una donna riluttante a incarnare il ruolo, cui è stata consegnata, di amante di Voltaire. Certamente, il sodalizio sentimentale e culturale tra i due è centrale nella breve ma intensa esistenza di Madame du Châtelet, «la donna che fra tutte in Francia aveva predisposizione per ogni scienza», come ebbe a scrivere il suo protégé il quale in lei ritrovava intelligenza, finezza di gusto, ardente desiderio di istruirsi. Femme savante per eccellenza, scrittrice, traduttrice, matematica di genio, scienziata sperimentale, appartenente a uno dei casati più influenti di Francia in stretti rapporti con la famiglia reale, incontrò i pregiudizi e i paradossi delle donne (privilegiate) del suo tempo: obbligate a sposarsi e ad avere dei bambini, era accordato loro il diritto alla negligenza. L’infedeltà coniugale, purché accompagnata da una certa riservatezza, non era considerata dalla nobiltà e dall’alta borghesia un vizio. In un momento di fiducia illimitata nella ragione e nella scienza, Émilie partecipò in prima linea, assieme a d’Alembert, Condorcet e allo stesso Voltaire, a quella querelle des femmes che ripensò e ridefinì la relazione tra i sessi, battendosi per i diritti delle donne, denunciando l’ignoranza in cui erano tenute, la disparità di trattamento sociale e giuridico, l’assenza di un’educazione libera da pregiudizi. Questa «figlia del secolo», non estranea ai clamori di un’epoca in perpetuo mutamento, fatta di amori, tradimenti, frivolezze di nobildonne divise tra balli, teatri e incontri galanti, ma anche di scienza, medicina, letteratura, educazione, libertinismo, emancipazione femminile, ha perseguito con ardore e caparbietà il lavoro di scienziata, culminato con la monumentale traduzione dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton, offrendo, come chiosò il suo ingombrante amante in una sorta di epitaffio postumo, lo spettacolo di due prodigi: «uno che Newton abbia scritto quest’opera e l’altro che sia stata una donna a tradurla e commentarla». Alla moitié du genre humain, dichiarava Émilie du Châtelet rammaricandosi di non poter godere degli stessi diritti degli uomini, mancava ancora il suo trionfo.

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