Nel mondo della moda nessun’altra stilista è stata più audace e trasgressiva di Elsa Schiaparelli, che comincia la sua straordinaria carriera, tra Parigi e New York, quasi per caso, senza sapere nulla di sartoria. La sua rivoluzione è quella di una creatrice che non rinuncia mai al rapporto con l’arte e con gli artisti. Scioccare è il suo imperativo, ma sempre mirando all’eleganza e alla bellezza.

La mostra Shocking! Les mondes surréalistes d’Elsa Schiaparelli, che si tiene al Musée des Arts décoratifs di Parigi fino al 22 gennaio, conferma l’estro e la vivacità di una cascata di invenzioni dalle toilettes da sera agli abiti sportivi che, sapientemente distribuite nelle varie sale, affascinano il pubblico dei visitatori, decretando il successo dell’omaggio alla couturier scomparsa cinquant’anni fa, il 13 novembre 1973. Dalla penombra illuminata in alto da tante piccole luci argentate spiccano i manichini con i vestiti più appariscenti, mentre sullo schermo scorrono le immagini di Every Day’s a Holiday, il film del ’38 interpretato da Mae West con i costumi di Elsa. Nella mostra ci sono anche pitture, sculture, gioielli, flaconi di profumo, ceramiche, realizzate dagli amici artisti che collaborano con lei.

Nata a Roma il 10 settembre 1890 a Palazzo Corsini da una nobile famiglia, che contrasta le sue aspirazioni artistiche, riesce comunque a pubblicare una raccolta di poesie dal titolo Arethusa. Nella Londra invasa dalle suffragette, a ventiquattro anni si sposa con il conte William de Wendt de Kerlor. Con il marito si trasferisce a Nizza e poi va a New York, dove nasce la loro unica figlia Maria Luisa soprannominata Gogo. Dopo il divorzio, frequenta gli esponenti dell’avanguardia artistica come Man Ray e Marcel Duchamp, legandosi soprattutto a Francis e Gaby Picabia, coi quali ritorna in Europa.

Il primo contatto con l’ambiente della moda avviene a Parigi che, nonostante gli assidui rapporti con gli Stati Uniti e i numerosi viaggi in varie parti del mondo, diventa la sua città, fino al punto di acquisire la cittadinanza francese. Gli inizi sono tutt’altro che incoraggianti. Si incontra con lo stilista Paul Poiret, titolare di una prestigiosa casa di moda, e ne diventa allieva, cominciando a creare i suoi primi modelli. Solo più tardi accetta la sfida di mettersi in proprio.

4 Rue de la Paix
Se riesce a fare di una modesta soffitta in Rue de la Paix un ritrovo di fama internazionale, presto insedia il suo atelier al primo piano del numero 4 della stessa via. Il successo l’ottiene sul finire degli anni Venti con gli articoli sportivi. Celebre il maglione a V con un doppio nodo sul collo che oltre alle parigine conquista subito il mercato americano. Considerato fino ad allora un indumento puramente pratico, il maglione reinventato dalla stilista in una infinità di varianti – alcuni con le riproduzioni di ossa umane tanto che le donne sembrano passate ai raggi X, altri con righe, motivi geometrici, tartarughe e pesci dai colori più vari – appare su Vogue indossato dalla modella Bettina Jones nelle fotografie di Horst e Hoyningen-Huene, diventando un’icona della moda del Novecento. Nello stesso periodo nascono le sue innovative borse di metallo e i suoi celebri cappelli fatti a maglia con punte dalle forme più diverse.

Negli anni Trenta la maison non si occupa più soltanto di sport, ma fin dall’insegna «Schiaparelli. Pour le sport, pour la ville, pour le soir», le sue creazioni si diversificano, allargandosi ai vari ambiti della moda senza perdere in vivacità. Irrequieta, è sempre in viaggio, nonostante gli impegni di un atelier con ottocento dipendenti. A Londra scopre il tweed con il quale inventa la gonna-pantalone che scandalizza la stampa. Ma quando una tennista la usa in una partita, cominciano a essere indossate anche dalle altre donne. I nuovi materiali l’hanno sempre appassionata. Non esita a servirsi della corteccia d’albero, del cellophane, della paglia e persino del vetro. Il ritorno negli Stati Uniti è trionfale.

Hollywood
Il successo dei suoi abbigliamenti per l’aviazione e la moda delle spalline imbottite, con cui le donne sembrano avere una vita più sottile, fanno di lei una celebrità intervistata dalle maggiori riviste. Il suo soggiorno a Hollywood la fa entrare in contatto con registi, produttori e costumisti. Ma sono soprattutto le star, da Joan Crawford a Marlene Dietrich, da Greta Garbo a Katharine Hepburn, da Mae West a Ginger Rogers, da Vivien Leigh a Lauren Bacall, che vogliono incontrarla per farsi svelare i suoi segreti. Sono loro che diventeranno le più assidue frequentatrici della maison parigina. Il successo americano è confermato dalla copertina di Time, in cui è la prima stilista ad apparire.

Il viaggio più clamoroso è quello in Urss per partecipare con le maggiori ditte tessili alla «Fiera dell’industria leggera francese». Le viene chiesto di disegnare l’abito per la donna sovietica media, che qualunque donna avrebbe potuto permettersi a prescindere dalle condizioni di vita. Quando al cocktail offerto dall’ambasciata francese, l’ambasciatrice le chiede se poteva rendersi utile in qualche modo, risponde subito che le sarebbe piaciuto visitare i sotterranei del Cremlino, dove sono custoditi i tesori russi. Se dapprima sembra un desiderio impossibile, il giorno dopo si realizza e, scortata da guardie armate, si addentra nella fortezza, dove si susseguono le gallerie piene di teche di vetro con oggetti d’oro, pietre preziose e abiti religiosi interamente trapunti di smeraldi e di perle. La visita al Museo di arte moderna la lascia senza fiato perché non avrebbe mai pensato di trovare tanti Cézanne, Matisse, Monet, Manet, Renoir, Degas e addirittura anche alcuni Picasso. Non meno suggestive le visite al palazzo di Caterina la Grande con le sue immense sale dagli stucchi dorati e gli appartamenti privati dello zar. La invitano a visitare la prima casa di moda sovietica, il Dom Modelej sulla Sretenka, dove i manichini elettrici girano su se stessi esibendo vestiti sconcertanti. Ma lo spettacolo più impressionante è la folla che sulla Piazza Rossa aspetta in una fila quasi immobile di entrare nel Mausoleo di Lenin. Anche lei si mette in coda e aspetta il suo turno a rischio di restare congelata. Il viaggio in Urss è rievocato in modo caricaturale da Vanity Fair, dove la stilista in tuta rossa scende con il paracadute chiacchierando con Stalin, anche lui appeso a un paracadute. Nell’intervista impossibile del celebre mensile, Stalin le chiede: «Che fai qui, sarta?», a cui risponde: «Osservo dall’alto l’abbigliamento delle vostre donne». Stalin: «Non puoi lasciare in pace le nostre donne?». Schiaparelli: «Le vostre donne non vogliono essere lasciate in pace. Vogliono avere lo stesso aspetto che hanno le altre donne nel resto del mondo. Loro ammirano già le nostre indossatrici e modelle». Stalin: «No, finché esisterà l’ideologia sovietica».

La scandalosa «gonna pantalone» (Photo by Fox Photos/Getty Images)

Dalì
Nel 1935 la casa di moda si trasferisce al numero 21 di Place Vendôme, che sarà per tutto il decennio la sede definitiva. Il rapporto con gli artisti, una delle caratteristiche da sempre privilegiate della sua attività, s’intensifica in questo periodo in cui è fondamentale l’incontro con i surrealisti. Nell’autobiografia, pubblicata in Italia dall’editore Donzelli, scrive: «Lavorare con artisti come Bébé Bérard, Jean Cocteau, Salvador Dalì, Van Dongen e con fotografi come Hoyningen-Huene, Cecil Beaton e Man Ray è esaltante. Ci si sente sostenuti e compresi, al di là della cruda e noiosa realtà che si sta semplicemente realizzando un abito da vendere». Il sodalizio più intenso è forse quello con Salvador Dalì, con cui inventa il cappotto a cassetti ispirato a uno dei suoi celebri quadri e il cappello nero a forma di scarpa. Jean Cocteau disegna per lei degli schizzi di teste che la stilista riproduce dietro un cappotto da sera e su un abito di lino grigio. Louis Aragon, insieme alla moglie Elsa Triolet, disegna delle collane che assomigliano a compresse di aspirina. Il gusto del particolare rifulge nella realizzazione dei bottoni per i quali usa gli oggetti più incredibili, animali, penne, fermacarte, catene, lucchetti, graffette e leccalecca, che confezione con Jean Clément, abilissimo nella scelta dei materiali e dei modelli. Se i gioielli spesso ispirati all’erbario e al bestiario degli amici surrealisti, come il grifone alato in bianco, verde, viola, oro, suscitano notevole clamore, il successo più grande arriva con il profumo «S», e cioè «Shocking», che spicca nella vetrina della boutique annessa all’atelier con la sua tipica forma a clessidra. Bébé Bérard amava spruzzarlo abbondantemente sulla barba finché non gli colava sulla camicia e sul cagnolino che tiene in braccio. Marie-Louise Bousquet, la padrona di casa di uno dei più famosi salotti parigini, nota anche come «la femme de tous les jeudis», si tirava su la gonna e se ne inzuppava la sottoveste.

La sua maggiore avversaria è Coco Chanel, l’altra grande figura della moda dell’epoca. Sin dalla cena in cui Coco rabbrividisce davanti ai piatti neri, il rapporto fra le due è sempre stato tempestoso perché era l’unica in grado di tenerle testa. Se Coco Chanel è passata alla storia per il suo stile sobrio e senza tempo, l’aristocratica italiana, che gli amici chiamano Schiap e trovano più spiritosa e divertente di lei, miete incontestabili successi internazionali per l’originalità. Chanel disprezza il virtuosismo della concorrente che non sa nemmeno cucire, definendola «Quell’italiana che fa vestiti».

La maison è diventata ormai un’importante realtà imprenditoriale, tra alta moda e prêt-à-porter, venduto direttamente nella boutique.

Il confronto con il pubblico è mantenuto sempre vivo dalle sfilate a tema che lancia per prima come «Stop, Look and Listen», «Neoclassica», «Farfalle», «Fondo del mare», «Il circo», «Pagana», «Cosmica», «Commedia moderna», «Tournures», realizzate per le varie stagioni lungo tutto l’arco degli anni Trenta. Aperte ai temi della maschera e del gioco, le varie collezioni non si limitano alle sfilate ma attirano con musiche e effetti di luce, che animano veri e propri spettacoli. Nella esplosione di fantasia che contrassegna l’attività di Elsa Schiaparelli, è fondamentale la suggestione dei colori. Anzi, un colore, il rosa shocking è diventato il simbolo della casa e del modo di concepire la moda: «Il colore mi balenò davanti agli occhi come un lampo. Brillante, impossibile, sfrontato, piacevole, energico, come tutta la luce, tutti gli uccelli e tutti i pesci del mondo messi insieme, un colore proveniente dalla Cina e dal Perù, non occidentale, un colore shocking, puro e non diluito».