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Ong, Meloni e Musk contro Berlino

foto di Un soccorso della nave HumanityUn salvataggio della Humanity 1, della ong Sos Humanity – Ansa

Caccia aperta Dalla premier nuovo affondo contro il governo tedesco: se vuole sostenere le navi umanitarie che battono la sua bandiera sia responsabile dei migranti che «raccolgono». Il padrone di X ritwitta i complottisti. Ma il ministero degli Esteri tedesco non fa dietrofront: «Si chiama salvare vite»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 30 settembre 2023

Mentre il governo Meloni è impegnato in tutto il globo terracqueo a lanciare bordate contro le Ong, spaziando dal complotto tedesco al solito pull factor, direttamente dal Texas arriva un inaspettato assist in mondo visione: quello di Elon Musk. «La Germania è consapevole di questo?», twitta il padrone di X ai suoi 158milioni di follower. Sotto la domanda è riportata questa citazione: «Al momento ci sono otto navi di Ong tedesche nel mar Mediterraneo che raccolgono immigrati illegali per sbarcarli in Italia. Queste Ong sono finanziate dal governo tedesco. Speriamo che Alternative für Deutschland vinca le elezioni per fermare il suicidio dell’Europa».

AD AUGURARE IL TRIONFO del partito con radici neonaziste è Radio Genoa: 191mila follower e un impegno quotidiano a postare video di migranti che danno in escandescenza o di persone lgbtqi+ che festeggiano, manifestano o fanno l’amore. Secondo l’esperto di gruppi complottisti Leonardo Bianchi è l’erede di Radio Savana che «spargeva a mani basse razzismo, antivaccinismo, estremismo di destra, filoputinismo e notizie false».

Del resto è una fake news bella e buona anche quella rilanciata da Musk mentre, armato di cappello da cowboy, si trovava nella regione di confine tra Stati Uniti e Messico per avere una visione «non filtrata» dell’immigrazione.

LA NOTIZIA DELLE NAVI, comunque, era stata alimentata in primis dal governo italiano. Alle 18.40 di giovedì «fonti di governo» hanno espresso all’Ansa «sorpresa» per la presenza di sette navi gestite dalle Ong che navigavano tra Libia, Tunisia e Italia battenti bandiera tedesca «proprio mentre era in corso il vertice per trattare su un possibile nuovo patto per i migranti». Dove un emendamento tedesco contro la possibilità di additare le organizzazioni umanitarie a elemento di destabilizzazione degli Stati attraverso la strumentalizzazione dei flussi era stato usato dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi per riaprire lo scontro con Berlino, mai veramente chiuso dopo le polemiche sul finanziamento alle Ong.

La notizia è poi stata parzialmente corretta dal ministro degli Esteri Antonio Tajani (Fi) che in un’intervista uscita ieri su Repubblica, ma rilasciata subito dopo l’incontro nella capitale tedesca con l’omologa Annalena Baerbock, ha parlato di «sette navi di Ong, alcune battenti bandiera tedesca, che vanno verso Lampedusa». Per ultimo ieri a Malta, a margine del vertice Med9 con altrettanti paesi che affacciano sul Mediterraneo, la leader FdI Giorgia Meloni ha detto: «ieri [giovedì, ndr] avevamo diverse navi delle Ong, anche tedesche, nelle nostre acque internazionali». A parte che per definizione le acque internazionali non appartengono a nessuno Stato, la premier è tornata sull’argomento per lanciare un nuovo affondo contro Berlino: se vuole sostenere le Ong sia responsabile delle persone salvate dalle navi che battono bandiera tedesca. E poi: «Non si fa solidarietà con i confini degli altri».

CAMBIANDO L’ORDINE delle versioni, comunque, il risultato non cambia: la notizia è volutamente fuorviante. Da più punti di vista. Primo: in missione c’erano sei imbarcazioni ma solo tre erano navi (Geo Barents, Open Arms e ResQ). Le altre: due velieri che operano lungo la rotta tunisina e tendono, coordinati dalla guardia costiera, a monitorare i barchini piuttosto che a imbarcare le persone, il Trotamar III e il Nadir; la piccola e veloce Louise Michel. A Lampedusa l’Aurora Sar di Sea Watch era impegnata solo in training sotto costa.

Secondo: dei mezzi operativi battevano bandiera tedesca in quattro, tra questi ResQ che però è di una Ong italiana. In ogni caso nessuno di questi è finanziato da Berlino. Al momento il sostegno economico è previsto per Sea-Eye e Sos Humanity, le cui navi si trovano a Burriana (Spagna) e Siracusa. Terzo: la flotta civile conta su 19 imbarcazioni – tra navi, velieri e mezzi veloci – e non c’è nulla di strano che meno di un terzo fossero in missione. Accade di continuo, soprattutto dopo alcuni giorni di mare grosso e vento forte come quelli appena trascorsi.

«La nostra Aurora non era operativa, ma in ogni caso non prendiamo ordini dal governo tedesco. Le nostre operazioni sono indipendenti. Perciò ci chiamiamo organizzazioni non governative. Anzi, come Sea Watch stiamo esprimendo posizioni molto critiche verso l’esecutivo di Berlino per la sua posizione nei negoziati sul patto Ue che non tutela come dovrebbe i diritti dei migranti», dice la portavoce di Sea Watch Giorgia Linardi.

SULLE MOTIVAZIONI che hanno spinto l’Italia a riportare in auge il tema delle Ong – ieri anche il potente sottosegretario Alfredo Mantovano ha riciclato i teoremi mai dimostrati del pull factor e dei rapporti con i trafficanti a margine del vertice contro la criminalità transnazionale a Palermo – si possono fare solo delle ipotesi. Forse la maggioranza ha bisogno di un nemico per giustificare l’impossibilità di mantenere fede alle promesse elettorali sul blocco degli sbarchi. O forse serve un caso per alimentare lo scorso con la Germania e alzare la posta nei negoziati Ue.

Dalla Repubblica federale, però, non arrivano dietrofront, anche perché il sostegno alle organizzazioni umanitarie fa parte del patto di coalizione tra i partiti di maggioranza. Sempre su X l’account ufficiale del ministero degli esteri di Berlino ha risposto direttamente a Musk dicendo che sì, è consapevole che ci sono navi Ong tedesche attive nel Mediterraneo, «si chiama salvare vite».

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