Elly Schlein ha appena concluso la direzione Pd. Voto unanime sulla sua relazione, il clima che si respirava al terzo piano della sede del Nazareno era quello di una pax tra le anime dem. Consapevoli che, almeno fino alle europee, bisogna marciare uniti. La segretaria risponde alle domande del manifesto dal tavolo della presidenza, nella grande sala riunioni ormai vuota a ora di cena.
Sull’Ucraina l’Europa è stata insufficiente. Ma non mi rassegno: dobbiamo spingere per la tregua. Nel Pd c’è un buon clima, nessun assalto alla leader: siamo uniti sulle battaglie

Avete convocato una manifestazione di piazza per l’11 novembre contro il governo e per la difesa della sanità pubblica. Ritiene che la fase della rassegnazione e dello scoramento nel popolo di centrosinistra sia finita?

La sinistra serve proprio per trasformare la rassegnazione in mobilitazione, speranza e proposta: questa è la nostra sfida. Veniamo da una estate militante sui bisogni concreti delle persone, dalla casa alla salute al salario minimo, ma anche contro l’autonomia differenziata che vuole aumentare le diseguaglianza nel paese soprattutto a scapito del sud. Sì, ho percepito consapevolezza della necessità di far fare un salto in avanti al Paese su questi temi: durante l’estate abbiamo realizzato 1500 eventi e ho visto una partecipazione sorprendente. Uno dei motivi che mi ha spinto a candidarmi è che nel settembre del 2022 avevo percepito questa mancanza di motivazione e speranza, anche tra i nostri militanti. Ora sono stati proprio loro a chiederci di tornare a mobilitarci con una grande manifestazione nazionale, aperta alle persone e alle forze sociali e politiche che sentono l’urgenza di dare il segnale che la misura è colma.

Si riferisce all’azione del governo?

In questo anno la destra al governo ha mostrato la sua vera natura: un anno di bandiere ideologiche piantate negli occhi dei più fragili, e di strizzate d’occhio agli evasori. E ora si stupiscono di avere poche risorse per la manovra… E non dimentico le politiche brutali contro i migranti. Penso che queste cose le persone le capiscano molto bene perché le vivono sulla propria pelle ogni giorno. Poi sono consapevole che non sia facile rimotivare le persone che non credono più alla politica. A me sta a cuore ricostruire una relazione, un rapporto di fiducia soprattutto con loro, anche se non è semplice. C’è una crisi democratica che sta spingendo fuori le fasce più povere.

Perché convocate la piazza prima ancora che la manovra sia stata approvata? Una critica preventiva?

Perché abbiamo già visto dove vogliono arrivare. Sul salario minimo ci stanno prendendo in giro. Non daranno le risposte che servono al paese, sarà una manovra di mance corporative. Non c’è un disegno di sviluppo, meno che mai nella direzione della conversione ecologica che sta alla base del Pnrr. Non è un caso che questo governo stia sprecando quei fondi.

Lei ha parlato di una piazza come embrione dell’alternativa alle destre. Ma una coalizione progressista fatica a nascere non siete in ritardo?

Noi sentiamo questa esigenza di ritrovarci fisicamente in una piazza, come una comunità. Sarà aperta a tutti coloro che condividono queste urgenze. Con le altre opposizioni continueremo a essere ostinatamente unitari, non per negare le differenze che ci sono, ma perché vediamo un terreno comune su cui unire le forze. Sul salario minimo siamo stati più efficaci arrivando a una proposta comune, abbiamo costretto il governo a guardare in faccia 3,5 milioni di lavoratori poveri. Sulla sanità ci stiamo lavorando.

Sulla salute, nonostante i tagli che il governo ha annunciato, ancora faticate a trovare una proposta alternativa comune. Perché?

Il dialogo è partito e andrà avanti: sono fiduciosa che riusciremo a far convergere le nostre proposte, a partire dalla necessità di aumentare le risorse del fondo sanitario nazionale. Solo chi non ha idea di cosa sta succedendo negli ospedali può dire che non è un problema di risorse. La Nadef conferma l’intenzione del governo di favorire la privatizzazione della sanità: per questo è necessario che si saldino al più presto le forze tra le opposizioni per condurre una battaglia comune contro la manovra.

Se ci sarà una crisi finanziaria e il governo non si mostrerà in grado di governare la barca, che cosa farà il Pd? C’è il rischio che vi imbarchiate in un nuovo governo tecnico?

Lo sta chiedendo a una persona che ha iniziato il proprio percorso politico dicendo no alle larghe intese nel 2013. Il Pd tornerà al governo solo quando vincerà le prossime elezioni politiche.

Lei ha detto che la vostra sarà una piazza di proposta. Finora la sua segreteria è stata percepita più contro Meloni che per un programma alternativo.

Non c’è stata una sola critica al governo senza accanto una nostra proposta costruita nell’ascolto della società. Questa è una scelta di metodo, è il nostro riformismo. Non saremo mai quelli che gridano contro senza avere una proposta.

Faccia qualche esempio.

Siamo davanti al fallimento della demagogia della destra sull’immigrazione: loro hanno firmato tutte le leggi che hanno prodotto disastri e ingiustizie, da Dublino alla Bossi- Fini. Noi abbiamo presentato 7 proposte concrete per gestire il fenomeno migratorio, puntando alla solidarietà europea, le vie legali per l’accesso e l’accoglienza diffusa d’intesa con i sindaci.

La vostra proposta si fonda sull’idea che a un certo punto i partner europei decidano di dare una mano all’Italia. Finora non è stato così.

La sinistra per sua natura si batte per cambiare le cose sbagliate: se volessimo rassegnarci dovremmo cambiare mestiere. Quando 4 milioni di ucraini sono arrivati in Polonia, per la prima volta si è sbloccata la direttiva sulla protezione temporanea: così si è consentito a chi fuggiva dalla guerra di raggiungere legalmente tutti i paesi europei. Perché non si fa anche per chi arriva dal Mediterraneo? Se il problema è il colore della pelle allora è razzismo. Aggiungo che a Bruxelles si sta votando un patto sulle migrazioni che non è una vera condivisione equa dell’accoglienza, ma un compromesso al ribasso. E questo perché Meloni non ha il coraggio di fare questa battaglia per non disturbare i suoi alleati nazionalisti.

Ha citato l’Ucraina. Anche il governo mostra segni di affaticamento nel sostegno militare a Kiev di fronte a una guerra che non accenna a finire. Anche nel popolo di sinistra crescono i dubbi. Il Pd che fa di fronte a un’Europa che non tocca palla?

Il ruolo dell’Europa non è un dato immutabile. Noi vogliamo cambiare le cose che non vanno: siamo davanti a sfide che nessun governo da solo può affrontare. O si riesce a gestire queste crisi a livello europeo oppure falliremo. Ho sempre denunciato con forza l’assenza di uno sforzo diplomatico e politico europeo che fino a qui è stato insufficiente. Ma non mi rassegno. Sono stata 5 anni all’europarlamento e ho sempre contrastato l’idea dei grigi burocrati che decidono sulla nostra testa. A volte anche il muro della conservazione, e degli egoismi nazionali, si può infrangere, come è successo con Next Generation Eu.

Dopo sette mesi alla guida del Pd che bilancio fa? È già partito il solito assolto al leader?

Assolutamente no. Vedo un partito che ha dato segnali di grande vitalità e capacità di mobilitazione, tutti ingredienti che mettiamo a disposizione della costruzione di una coalizione vincente. La direzione di oggi mi pare confermi che siamo un partito in salute e capace di unirsi su battaglie che tutti condividiamo.